ATTENZIONE  CARICAMENTO LENTO


Camera dei Deputati 20/7/2011 bozze non corrette in corso di seduta

Dichiarazioni di voto dei rappresentati dei partiti per la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Papa

Parlano: ANTONINO LO PRESTI (FLI), SILVANO MOFFA. (IR, MPA…), PIERLUIGI MANTINI (UDC), CAROLINA LUSSANA (Lega Nord), ALESSANDRO MARAN (PD), MAURIZIO PANIZ (PDL)


ANTONINO LO PRESTI (FLI)
Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi siamo chiamati ad assumere una decisione dolorosa che probabilmente priverà un nostro collega della libertà personale; una decisione che avrà comunque conseguenze politiche sulla tenuta della maggioranza e dello stesso Governo del Paese, ma che soprattutto riguarda la sfera degli interessi individuali dell'onorevole Papa e quella, più ampia e generale, della realizzazione dei principi di giustizia che sono a fondamento della democrazia.

Su questi due temi svilupperò le mie brevi considerazioni condivise dal gruppo di Futuro e Libertà che rappresento. Noi non dobbiamo giudicare - lo hanno detto anche altri - se l'onorevole Papa sia o meno responsabile dei reati che gli vengono addebitati, e nemmeno se la richiesta della misura cautelare disposta dal giudice di Napoli rispetti i criteri stabiliti dal diritto processuale penale in materia di pericolo di fuga, di reiterazione del reato o di inquinamento delle prove.

Noi oggi siamo chiamati a giudicare se la richiesta di custodia in carcere sia frutto - com'è stato detto - di un'attività vessatoria o persecutoria da parte della magistratura di Napoli. Non è un compito facile, perché il punto di separazione tra un'azione di persecuzione e un'attività investigativa articolata e complessa, soprattutto in un'inchiesta che - come quella al nostro esame - coinvolge molte persone e riguarda un intero sistema di affari e di intrecci criminosi, è assai labile e potrebbe dare la stura ad equivoci o sospetti di un eccessivo scrupolo inquisitorio ai limiti, appunto, della persecuzione.

Ma non è questo il caso. È altrettanto chiaro che un'idea di fumus persecutionis non può prescindere da una sommaria valutazione della consistenza degli addebiti mossi all'onorevole Papa, e di questo riferirò brevemente tra poco. Perché una palese infondatezza delle accuse o una genericità degli indizi di colpevolezza, o piuttosto - come fu nel caso Cosentino - l'enorme distanza di tempo che intercorse fra le indagini e la contestazione dei fatti, costituirebbe, se non la prova, certamente il sospetto di una volontà persecutoria, e basterebbe solo questo per escludere la concessione dell'autorizzazione all'arresto di un parlamentare.

Anche il caso Margiotta, onorevole Sisto, presentava aspetti assolutamente diversi da quello oggi al nostro esame. Non vi è erano intercettazioni articolate, circostanziate; non vi erano dichiarazioni testimoniali; non vi erano prove documentali nel caso Margiotta, solo sospetti, tant'è che l'onorevole Margiotta fu effettivamente assolto.

Lo ricordo benissimo perché intervenni in Giunta proprio per sostenere ed evidenziare questi aspetti. Quindi, i tre casi non sono affatto paragonabili e, allora, oggi, dobbiamo soltanto fare una comparazione tra il fumus boni iuris della pretesa punitiva, esercitata dallo Stato attraverso la magistratura, con il fumus persecutionis. In questo caso, nel caso dell'onorevole Papa, purtroppo il giudizio comparativo non può che escludere l'esistenza di qualsiasi attività persecutoria nei confronti dell'onorevole Papa medesimo e, ciò, nonostante egli abbia indicato, nella sua attività a sostegno del procuratore Cordova, svolta ben 11 anni prima, la causa principale della rappresaglia di cui oggi sarebbe vittima da parte dei magistrati di Napoli, suoi ex colleghi.

È poco credibile, tuttavia, che, a scoppio ritardato, magistrati che, all'epoca dei fatti erano di prima nomina o quasi, o che, a Napoli, come è stato ricordato, non lavoravano affatto, oggi consumino, a distanza di 11 anni, una vendetta nei confronti di un collega che ha enfatizzato e sopravvalutato il suo ruolo in quella vicenda. Al contrario, gli elementi su cui il giudice delle indagini preliminari fonda la richiesta di arresto sono concreti e documentati.

Non sono tanto le intercettazioni che rendono convincente il quadro accusatorio, quanto piuttosto le dichiarazioni testimoniali degli imprenditori - loro sì i veri e autentici perseguitati e vessati in questa vicenda - che offrono la ragionevole certezza che il sistema di relazioni messo in piedi dall'onorevole Papa fosse unicamente finalizzato, non tanto ad acquisire potere personale, quanto piuttosto a realizzare illeciti e squallidi arricchimenti, sfruttando la posizione di magistrato in aspettativa e di deputato in carica. E che non si tratti della solita storiella di un'azione persecutoria delle solite «toghe rosse» o dei giudici «cancro della democrazia» lo dimostra ancora la limpida e coerente motivazione dell'ordinanza di custodia cautelare, laddove vengono respinti alcuni capi di imputazione formulati dai PM come l'associazione a delinquere.

Queste considerazioni confermano che, oggi, non vi è una sola ragione perchè la Camera si sostituisca alla magistratura e, forzando l'interpretazione dell'articolo 68 della Costituzione, determini un'alterazione dell'ordinamento che è fondato sulla separazione dei poteri e sull'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

Un'ultima considerazione sull'operato della Giunta che ha voluto e ha dovuto concludere i suoi lavori in un modo inatteso, ma formalmente ineccepibile. L'esasperato tatticismo con il quale la maggioranza ha tentato di non svelare le profonde divisioni al suo interno sull'orientamento di voto, non credo abbia giovato all'onorevole Papa.

Le fumisterie giuridiche lanciate come cortine fumogene per coprire la traballante e ondivaga posizione della Lega Nord Padania, divisa da lotte intestine e che, oggi, si nasconde dietro il voto segreto, hanno fatto perdere lucidità a chi avrebbe fatto meglio a consigliare all'onorevole Papa un'altra strategia. Si è perso tempo prezioso che, forse, avrebbe potuto essere speso per percorrere strade diverse come quella di onorevoli dimissioni dalla carica di deputato o di rendere confessione su alcuni incontestabili reati, cose queste che avrebbero messo la magistratura e lo stesso onorevole Papa nelle condizioni di chiarire subito le rispettive posizioni liberando, al contempo, il Parlamento dall'imbarazzo per la crescente indignazione dell'opinione pubblica e per l'accerchiamento mediatico che ha ulteriormente indebolito il prestigio di questa istituzione.

Per queste ragioni, con animo grave ma con pienezza di coscienza e chiara assunzione di responsabilità, stigmatizziamo la richiesta di voto segreto e voteremo a favore della proposta della Giunta e, pertanto, affinché la Camera conceda l'autorizzazione all'arresto dell'onorevole Papa (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà per sei minuti.

SILVANO MOFFA. (IR)
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo Popolo e Territorio ha depositato, poco fa, una richiesta di procedere con voto segreto (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico - Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Lo abbiamo fatto con assoluta convinzione e lo abbiamo fatto perché (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...Se c'è qualcuno che si deve vergognare, sta da quella parte (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio e di deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Lo abbiamo fatto perché, se vi è un voto libero, in questa circostanza, è sicuramente il voto segreto (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Infatti, contrariamente a ciò che, da stamani, dall'opposizione si va dicendo, il tentativo di politicizzare questa questione, di strumentalizzare questo tema per fini politici, che non c'entrano assolutamente nulla con la questione stessa che riguarda il collega Papa, è evidente dimostrazione del fatto che qui, oggi, stiamo ancora una volta dando testimonianza di un degrado assoluto della politica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

Voglio dire ciò, perché la debolezza della politica ha portato, purtroppo, a danni profondi. Dopo Tangentopoli, si sono annullate alcune guarentigie, che non c'entrano assolutamente nulla con i privilegi della «casta». Credo che anche su questo una riflessione, oggi, vada fatta, se vogliamo davvero - come è stato detto appena ieri dal deputato Fassino - recuperare dignità, centralità, nobiltà e qualità al nostro Parlamento e alla politica. Quando vi erano le guarentigie e vi era un articolo 68 della Costituzione «pieno», qualcuno ha pensato che per inseguire l'antipolitica bisognasse, in qualche misura, diluire e, addirittura, annullare quel sistema di tutela, dimenticando ciò che alcuni padri nobili della Costituzione avevano detto nella fase costituente. Sto parlando di personaggi che si chiamano Togliatti, La Malfa, Terracini, Calamandrei, Moro, Dossetti, La Pira (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico - Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio e di deputati del gruppo Popolo della Libertà), che introdussero l'articolo 68 della Costituzione ed un'immunità «larga», per tutelare non il singolo parlamentare, bensì la funzione del parlamentare, che è una cosa completamente diversa da ciò che oggi viene drammaticamente in primo piano.

Quelle prerogative furono assicurate per far sì che la democrazia avesse una consistenza e poggiasse su basi solide, per consentire al Parlamento di esprimersi liberamente rispetto agli altri poteri e, in particolare, rispetto all'ordine giudiziario. Non sfugge ad alcuno che le modifiche di questo quadro normativo, sotto il profilo costituzionale, negli ultimi tempi, hanno creato una soluzione e una condizione di assoluta disparità. Quando si dice che il parlamentare deve essere uguale al cittadino, sono perfettamente d'accordo, ma è la funzione parlamentare che ci chiama ad una responsabilità diversa. E ci chiama, soprattutto, a capire e a comprendere che la democrazia, in questo momento, deve essere salvaguardata.

In un Paese democratico, come avviene in tutti i Paesi democratici, vi sono le immunità e vorrei ricordare, in quest'Aula, che vi sono anche a livello europeo, come ben sa il deputato D'Alema e come sa lo stesso De Magistris. O vogliamo dimenticarlo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)? Pertanto, questa sera, in quest'Aula, liberiamoci dai condizionamenti politici, perché da questo voto, indipendentemente dal processo che andrà avanti e dalle responsabilità che dovranno essere accertate, si misura il confine tra chi a parole si definisce garantista, ma nei fatti del garantismo fa un uso meramente strumentale, e chi, invece, avverte il senso profondo di un valore della libertà individuale e personale, che non può essere limitata prima che intervenga una sentenza definitiva di condanna (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà).

Questo è il bivio rispetto al quale ci troviamo. Ecco perché abbiamo chiesto il voto segreto, che è l'unico aspetto che consente alla coscienza di esprimersi e di non essere condizionata, perché voi volete soltanto controllare i parlamentari e non lasciarli liberi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI (UDC).
Signor Presidente, abbiamo svolto un'analisi doverosamente rigorosa degli atti del caso Papa ed è sulla base di questa analisi che il gruppo dell'Unione di Centro per il Terzo Polo esprimerà voto favorevole alla relazione presentata e alla richiesta di misura cautelare.

Onorevoli colleghi, è indubbio che il caso Papa al nostro esame è allarmante sotto diversi profili, in particolare per la conferma, che emerge con chiarezza, di condotte diffuse in spregio dell'etica pubblica e, soprattutto, di probabili illeciti compiuti nella qualità di pubblico ufficiale ed in veste di parlamentare. I reati contestati, è vero, non sono delitti di sangue come in precedenti occasioni, ma sono reati gravi: reati di concussione, favoreggiamento personale, rivelazione di segreto d'ufficio, con riferimento a diverse condotte e soggetti, unite da un unico disegno.

Quattro circostanze appaiono inconfutabili. Il primo punto: l'onorevole Papa avvicina operatori economici e professionisti per comunicare o prospettare loro problemi o guai, veri o supposti, al fine di favorirli dietro compenso, o di intimorirli, assoggettarli e concuterli. In queste condotte si configurano i reati di violazione del segreto d'ufficio, concussione e favoreggiamento personale. Questo dato risulta sufficientemente provato in almeno tre casi: il caso De Martino, il caso Chiorazzo e il caso Matacena. I fatti sono ben documentati nell'ordinanza del GIP di Napoli.

Il secondo punto: l'onorevole Papa appare incline ad alcuni comportamenti che sembrano sostanziali illeciti penali, e l'episodio della falsificazione della firma per la Jaguar regalata - e poi ripresa - a Maria Roberta Darsena è stato emblematico. Inoltre, l'onorevole Papa, in precedenza, aveva anche regalato alla Darsena orologi Rolex senza confezione e presumibilmente ricettati, e cercato di stimolare la stessa Darsena a farsi dire fatti e circostanze sul conto dell'onorevole Vietti, oggi vicepresidente del CSM, al fine di possibili ricatti; aveva comunicato a Stefania Tucci che era indagata e che nei suoi confronti l'autorità giudiziaria stava per richiedere un provvedimento cautelare: sono tutti fatti che hanno consistenza penale.

Il terzo punto, il più rilevante per noi: l'onorevole Papa non è un perseguitato politico, non risulta alcun fatto da cui possa ricavarsi un intento di persecuzione politica. Non è sostenibile che l'inchiesta sia un pretesto per colpire la sua attività politico-parlamentare, peraltro non eclatante.

Ed inoltre, ciò che più rileva per noi è che il GIP ha emanato nei suoi confronti una misura cautelare che vaglia molto attentamente e selettivamente le richieste del pubblico ministero, respingendone più d'una. In sostanza, il GIP mostra autonomia dalla procura inquirente, respingendo le richieste della procura in molti casi ed, inoltre, il GIP adotta un'interpretazione restrittiva e non utilizza neppure le intercettazioni indirette.

I fatti risultano documentati e, francamente, in definitiva, il quadro che emerge è allarmante e indice di un'evidente attività di spionaggio, «dossieraggio» e ricatti, che il Papa sembra svolgere con abuso dello status di magistrato e di parlamentare e senza alcuna etica pubblica. Circa la richiesta di custodia cautelare, possiamo forse escludere il pericolo di fuga, ma certamente vi sono rischi concreti e pericoli sull'inquinamento delle prove e la reiterazione.

Tutto ciò appartiene al processo, nel quale l'onorevole Papa ben potrà difendersi e ci auguriamo con successo. Non abbiamo motivo di interferire, ma il voto favorevole all'autorizzazione alla misura cautelare da parte dell'UdC è pieno anche di altri significati. Il caso Papa è emblematico di una stagione politica, onorevoli colleghi, e da garantisti ci fa orrore pensare che egli possa rispondere per colpe non proprie, eppure sarebbe ipocrita nascondere che questa decisione è figlia di molti fattori: della diffusa caduta dell'etica e della morale pubblica in primo luogo, che imporrebbero altri comportamenti ai rappresentanti delle istituzioni. Su questi temi dovrebbe esserci uno spirito, un ethos comune, a partire dalla comune condanna dei casi singoli, ma non è così. Purtroppo non è così, eppure è da qui che si ricostruiscono la forza di una nazione e la credibilità delle sue istituzioni democratiche.

In secondo luogo, il caso Papa è forse il punto estremo di una insensata lotta contro la magistratura e dei relativi falli di reazione, che va avanti da oltre sedici anni, una troppo lunga serie di leggi e leggine ad personam, lodi, leggi speciali, prescrizioni brevi, conflitti di attribuzione basati sulla teoria di «Ruby nipote di Mubarak» che hanno distrutto lo spirito pubblico, la giustizia, la credibilità delle istituzioni e trasformato la confusa seconda Repubblica nel regno della casta.

I cittadini non ne possono più, ma anche forze politiche dell'originaria coalizione di maggioranza nel tempo hanno detto «no». Oggi forse anche la Lega dirà basta. Forse: lo vedremo dopo il voto, perché abbiamo assistito ad un teatrino della politica che certo non piace al Nord, come al resto del Paese.

Certo, il deputato Papa è vittima di se stesso, ma non solo e noi sentiamo il dovere di tornare presto alla pienezza dello Stato di diritto, dove la morale pubblica è ben distinta dalla responsabilità penale personale, il bisogno di giustizia non è giustizialismo, le garanzie non equivalgono ad impunità, i processi non si fanno in piazza e neppure sui giornali, ove non ci sono leggi bavaglio, ma la privacy resta un diritto, la carcerazione preventiva un'eccezione e non la regola, dove le regole della giustizia sono da tutti rispettate, così come quelle della politica, a partire dal fatto che le prerogative di un parlamentare sono a garanzia della funzione e non dei privilegi di casta. Occorrerebbe per questo una larga intesa, un'alleanza, onorevoli colleghi, per affrontare insieme la questione morale, per la rinascita dell'etica pubblica, presupposto e condizione per Governi e Parlamenti autorevoli e legittimati per guidare l'Italia verso un futuro migliore. È persino doloroso ammetterlo, ma il voto di oggi ha molti significati: c'è una responsabilità politica, onorevole Cicchitto, e noi ce la prendiamo alla luce del sole, vogliamo dirlo forte: noi non ci sentiamo migliori, ma non siamo tutti uguali. Chi sbaglia paghi, ma la verità è che per salvare Berlusconi, caro onorevole Alfano, dovete salvare tutti sempre e comunque e questo è un macigno che ricade sul Paese, sull'efficienza del Governo e sulla sua morale pubblica.

Finché questo macigno non sarà rimosso, non ci sarà nessun partito degli onesti. No, onorevoli colleghi, noi dell'Unione di Centro non amiamo la casta e non la salviamo; noi amiamo le istituzioni democratiche e la Costituzione e le difendiamo con il voto, un voto favorevole sulla relazione (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo, Partito Democratico e Italia dei Valori ).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA (Lega Nord).
Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi siamo chiamati ad una scelta difficile, di cui sentiamo fortemente la responsabilità, responsabilità alla quale con coscienza, coerenza, onestà e trasparenza, come sempre nella storia della Lega Nord, non vogliamo sottrarci e lo faremo con un voto favorevole.

Mi preme innanzitutto sottolineare come la posizione del nostro gruppo sia sempre stata chiara e non abbia mai avuto alcun tipo di ripensamento e nessuna ambiguità, cari colleghi, cara collega Samperi, caro onorevole Lo Presti, caro onorevole Messina. Se oggi si è arrivati in Aula con un parere favorevole della Giunta delle autorizzazioni a procedere per l'arresto del deputato Papa è stato per l'atteggiamento determinante che i due rappresentanti della Lega Nord hanno tenuto in quella specifica sede.

Detto questo, è bene inquadrare comunque i termini della questione ed esprimere anche alcune considerazioni. Oggi non stiamo discutendo se la vicenda giudiziaria che ha come imputato il collega Papa debba andare avanti o meno, perché deve essere chiaro ai cittadini che ci ascoltano che, a prescindere da quella che sarà la scelta di quest'Aula, il processo andrà avanti, non si interromperà, non vi sarà nessuna impunità. Stiamo decidendo sulla richiesta avanzata dalla magistratura di applicare la misura della custodia cautelare in carcere. Stiamo parlando, quindi, di carcerazione preventiva. La libertà personale è un bene prezioso e proprio per questo ampiamente tutelato dalla nostra Costituzione e dal nostro ordinamento giuridico.

L'articolo 13 della Carta costituzionale bene evidenzia come la libertà personale è inviolabile e come la legge stabilisce i termini massimi della carcerazione preventiva. Una decina di anni fa, un uomo caro soprattutto alla parte sinistra di questo emiciclo, l'allora Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, polemizzava contro l'abuso del ricorso alla carcerazione preventiva. Oggi nulla è cambiato, purtroppo si abusa ancora della carcerazione preventiva. Assistiamo costantemente all'utilizzo della carcerazione preventiva che serve ad anticipare la condanna della persona sottoposta ad indagine giudiziaria. Questa è la vera inciviltà giuridica a cui ogni giorno assistiamo. Questo è quello che una parte della magistratura cerca, attraverso i mass media, di far passare nell'opinione pubblica.

Ciò che oggi fattivamente succede attraverso un'applicazione distorta del ricorso alla carcerazione preventiva è davanti agli occhi di tutti. Si calpesta, da un lato, l'articolo 27 della nostra Costituzione, secondo cui l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, principio cardine, fondamentale della nostra civiltà e giustizia e, dall'altro, si calpesta anche il principio del giusto processo, così come previsto dall'articolo 111 della Costituzione. Se ci si richiamasse a questo principio, o meglio se il potere giudiziario applicasse questi precetti costituzionali che spesso sono dimenticati, appunto calpestati, si eviterebbe l'abuso del ricorso alla carcerazione preventiva proprio attraverso la celebrazione dei processi in tempi rapidi e ragionevoli. Il non celebrare i processi autoalimenta la stortura, l'abuso, l'inciviltà giuridica.

In qualunque democrazia occidentale si celebrano i processi, in Italia evidentemente no! Per questo dobbiamo andare sul processo e le riforme. Il Governo ha fatto la sua parte - lo dico anche al Ministro Alfano -, è da due anni in discussione al Senato la riforma del processo penale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Continuiamo ad andare avanti con le riforme e, tra queste, dobbiamo avere il coraggio di portare avanti anche la responsabilità giuridica e civile dei magistrati, perché quando i magistrati sbagliano e c'è di mezzo la libertà personale delle persone è giusto che ne rispondano di fronte ai cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

Detto questo, però, la Lega Nord è estremamente attenta al rispetto dell'articolo 3 della Costituzione, in base al quale tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, per cui se uno strumento di garanzia vale, deve valere per chiunque, ma se non vale allora non si può invocare lo status di parlamentare per avvalersene perché questo creerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento con il comune cittadino, la gente non capirebbe. Fatte queste considerazioni, la Lega Nord voterà a favore della relazione della Giunta per le autorizzazioni, rimettendosi alla sua valutazione tecnica del caso specifico. È un «sì» all'arresto che non deve essere interpretato come un'anticipazione della condanna perché - lo ribadiamo - la carcerazione preventiva non deve essere un modo per non celebrare i processi o per limitarsi a delle condanne mediatiche, che purtroppo troppe volte si basano su fughe di notizie che non dovrebbero esserci, ma che continuano ad esserci, senza che mai nessuno sia responsabile o paghi per questo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

I processi, perlopiù quando si tratta di politici, devono essere celebrati in tempi brevi, brevissimi, perché i cittadini hanno il diritto di sapere se chi hanno eletto e chi li rappresenta è una persona perbene o no. Ma non vorremmo anche che la decisione di oggi venisse strumentalizzata e contribuisse ad alimentare il clima di insofferenza e di denigrazione nei confronti delle istituzioni, del Parlamento. Noi oggi vogliamo dare un segnale al Paese, un segnale di legalità, ma non ci iscriviamo al partito dei «manettari» o dei «forcaioli» o di quella antipolitica che vorrebbe fare di tutta un'erba un fascio, perché così non è!

La Lega Nord dà un'indicazione di voto chiara, ma diciamo anche con altrettanta durezza e fermezza che non c'è piaciuto il clima di caccia alle streghe o di gogna mediatica scatenato stamattina in Aula dal presidente Franceschini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Onorevole Franceschini, qui nessuno può alzarsi a fare la morale a qualcuno o può permettersi di lanciare accuse preventive, tanto più oggi, mentre contemporaneamente a noi, nell'Aula del Senato, si sta discutendo di un'analoga di richiesta di arresto per il senatore Tedesco, che mi sembra appartenga al Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Lei, onorevole Franceschini, stamattina ha messo le mani avanti. Ma lasci stare la Lega Nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

La questione morale riguarda tutti. Spetta ai partiti isolare le mele marce e selezionare la propria classe politica con criteri di onestà e trasparenza, cosa che peraltro la Lega Nord ha sempre fatto e su questo non accettiamo lezioni o prediche da parte di nessuno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN (PD).
Signor Presidente, onorevoli colleghi, dobbiamo decidere esclusivamente se nella domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell'onorevole Papa, oggi all'attenzione dell'Assemblea, vi siano o meno elementi per ravvisare l'esistenza di un intento persecutorio nei confronti del deputato. Dico subito che in questa circostanza tali elementi non ci sono. Emergono, invece, condotte gravissime: l'uso spregiudicato di ruoli e funzioni teso a ricavare denaro ed altra utilità, in contrasto con l'etica pubblica e con il ruolo di magistrato che l'onorevole Papa ha rivestito.

L'onorevole Papa ha fornito alla Giunta una ricostruzione della vicenda tutta incentrata su pretese inimicizie della procura di Napoli derivanti dalla sua vicinanza alla figura del dottor Cordova, ipotizzando una vendetta della magistratura per fatti risalenti a dieci anni fa, ma non ha fornito nessun elemento concreto idoneo a smentire gli addebiti che gli sono stati mossi. Senza contare che il ruolo che l'onorevole Papa sostiene di aver svolto a quel tempo e le inimicizie dei dottori Woodcock e Curcio nei confronti del dottor Cordova - e indirettamente nei suoi stessi confronti - sono smentiti dalla delibera del CSM di trasferimento d'ufficio del dottor Cordova nel 2003, nella quale è riportato l'intero iter della vicenda, incluso il nome dei soggetti auditi.

All'epoca dei fatti il dottor Woodcock era un semplice uditore giudiziario. Non era una persona influente nell'ambito della procura di Napoli. Lo stesso onorevole Papa all'epoca era un giovane magistrato e il suo nome, assieme a quello di Woodcock e di Curcio, non è mai citato negli atti. Inoltre, la stessa incompatibilità d'ufficio del dottor Cordova, deliberata all'unanimità (lo ripeto: all'unanimità) dal CSM non dipendeva dalla lotta tra guelfi e ghibellini menzionata dall'onorevole Papa, ma a motivi oggettivi legati alla modalità di conduzione degli uffici della procura da parte dello stesso Cordova.

Non è neppure sostenibile, colleghi, che l'onorevole Papa sia un perseguitato in ragione della sua attività parlamentare, non di particolare rilievo, come è stato rilevato. E, quel che più conta, l'onorevole Papa non ha offerto alcun elemento che potesse dimostrare che il GIP fosse mosso da un intento persecutorio nei suoi confronti. Ai fini della valutazione del fumus persecutionis, il nostro compito è proprio quello di valutare l'atteggiamento del giudice in sede di emissione dell'ordinanza. Gli atti di investigazione condotti dalla procura di Napoli sono stati sottoposti all'attenzione di un giudice terzo, estraneo ai motivi del contrasto interni alla procura e non sembrano emergere né vizi di palese parzialità, né di inconsistenza della motivazione. Oltretutto, l'ordinanza del GIP si discosta in alcuni punti proprio dalle richieste del pubblico ministero: egli ha escluso la rilevanza delle intercettazioni riferite all'utenza dell'onorevole Papa e ha disposto l'applicazione della misura cautelare in relazione soltanto a 8 contestazioni sulle 20 proposte dalla pubblica accusa. Il GIP, cioè, ha svolto appieno le funzioni di giudice terzo ed imparziale.

Da questi elementi si ricava l'insussistenza del fumus persecutionis e anche la proporzionalità della misura cautelare richiesta. I reati di corruzione, concussione ed estorsione - cui si aggiunge il rischio di inquinamento probatorio, adeguatamente motivato nell'ordinanza - appaiono legittimare la richiesta di questa misura, peraltro avanzata anche nei confronti degli altri coindagati. Infine, se l'onorevole Papa si ritiene colpito ingiustamente da un provvedimento che dispone l'applicazione di una misura cautelare nei suoi confronti, perché non si è rivolto al giudice del riesame, dove potrebbe far valere i propri argomenti?

Ma c'è dell'altro: le difficoltà politiche. Le divisioni della maggioranza sono sotto gli occhi di tutti. Per questo l'onorevole Sisto ha cercato di accostare strumentalmente la vicenda al caso Margiotta. Ma allora la Giunta votò all'unanimità per il diniego, data l'inconsistenza del compendio indiziario, comprovata in sede giurisdizionale. Non tutti i casi sono uguali. Ci sono state in questo caso differenze procedurali e di sostanza. Ma io aggiungo che non tutti i partiti sono uguali. Per questo c'è ora chi, per cercare di tirare fuori dai guai il Premier, chiede il voto segreto.

Per questo la Lega ha annunciato che voterà sì all'autorizzazione ma lascerà libertà di voto. Un bizantinismo, che nasconde le fratture nel Carroccio e le contraddizioni di Bossi che in tre giorni ha detto tre cose diverse per accontentare Berlusconi.

Colleghi della Lega, non nascondetevi dietro il voto segreto. Ne è passato di tempo da quando nella seduta del 29 aprile 1993 si discuteva la domanda di autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi. Luigi Rossi, in quel tempo deputato della Lega, proclamava: «Noi della Lega, con le mani pulite, in quest'epoca rigurgitante di malfattori di ogni calibro, possediamo e rivendichiamo il diritto di essere giudici e accusatori implacabili». E terminava citando alcune delle parole pronunciate da Cicerone alla fine del suo atto di accusa contro Catilina: «Non si può, per un uomo, mettere in pericolo la Repubblica».

È passato molto tempo, la Lega è cambiata ma il rischio oggi è lo stesso, di mettere, per un uomo, in pericolo la Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). A differenza di allora, quando la Lega esponeva il cappio in Parlamento, non vi è da parte nostra nessun compiacimento nell'erogare una misura detentiva. Privare un cittadino della libertà è sempre difficile, a prescindere dalle motivazioni e dalla loro solidità. Ma se si fosse trattato di una persona comune e non di un membro del Parlamento, questa sarebbe già ristretta in carcere come, d'altronde, lo sono i coimputati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Colleghi, lo statuto giuridico particolare dei parlamentari non può costituire un irragionevole e ingiustificato privilegio, ma deve proteggere il corretto e libero esercizio della funzione legislativa da interferenze indebite provenienti dagli altri poteri e, in particolare, da quello esecutivo. Ma deve, comunque, convivere con altri principi di rilevanza costituzionale come, in particolare, quello dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, disciplinato dall'articolo 3 della Costituzione. Non può diventare e nemmeno essere percepito come un mero retaggio di un passato ormai lontano, oggi capace soltanto di rappresentare un ostacolo alla piena realizzazione del principio di uguaglianza di tutti i cittadini.

Se si ritiene che vi sia un uso eccessivo della custodia cautelare, questo va affrontato in sede legislativa, con una misura per tutti e non soltanto per alcuni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). La gente sospetta e intuisce - qualche volta a torto e spesso a ragione - che il gioco sia truccato e che a vincere siano sempre gli stessi. Vi è sete di giustizia. Troppo spesso, in questi anni, i valori di equità, rigore e trasparenza, in cui si riconosce una società, sono stati negati da comportamenti che sempre più frequentemente hanno mortificato l'interesse generale, il senso comune di appartenenza, la coesione sociale, il rispetto della legalità e l'uguaglianza dei cittadini. È questa la radice del diffuso malcontente e disagio popolare che oggi si manifesta in modo clamoroso, tanto più di fronte ai sacrifici che vengono richiesti agli italiani. Dobbiamo offrire un cambiamento sia nella politica sia nel modo di fare politica.

A nessuno sfugge - come ha detto ieri Piero Fassino - che su questi sentimenti di sincera indignazione di molti si sovrappone una campagna alimentata e cavalcata da chi teme un cambiamento nella guida del Paese e, per sbarrargli la strada, punta con brutalità sulla destabilizzazione e la delegittimazione dei poteri democratici a vantaggio di poteri assai più elitari, assai meno trasparenti quando non pericolosamente opachi. Ma il modo migliore per contrastare gli umori antipolitici non è quello di girare la testa dall'altra parte, ma è quello di mettersi in sintonia con il Paese, con le sue ansie, le sue paure, le sue speranze e le sue aspettative.

Certo, non celebriamo processi, ma spetta a noi dare corso a misure concrete, visibili ed efficaci, che restituiscano sobrietà, credibilità e autorevolezza a istituzioni che oggi appaiono a troppi cittadini distanti e insensibili. Il voto di oggi è una di queste misure e per questo serve un'assunzione chiara di responsabilità.

Mi rivolgo ai colleghi della Lega, all'onorevole Alfano. Non nascondetevi dietro il voto segreto. Al Senato, pochi minuti fa, il senatore Alberto Tedesco ha chiesto che il Senato si esprima con voto palese a favore del suo arresto, ripeto, in modo palese e a favore del suo arresto. Vi chiediamo di fare altrettanto.

Per queste ragioni il Partito Democratico voterà compatto per accogliere la domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell'onorevole Papa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ (PDL).
Signor Presidente, colleghi, i processi non si fanno con le verità giornalistiche, spesso parziali e interessate, ma con le carte processuali, anche con quelle 14.932 che, più di uno, in Giunta per le autorizzazioni, ha ritenuto di poter prescindere dal leggere. I processi certamente si fanno nelle aule dei tribunali, alle quali Alfonso Papa non si sottrarrà, ma il processo all'esistenza del fumus persecutionis verso un parlamentare - verso di lui - si fa in questa Aula, oggi: non c'è riesame e non c'è grado di appello. La storia giudicherà quest'epoca politica...

FURIO COLOMBO. E come?

MAURIZIO PANIZ. ...la morale di ciascuno giudicherà l'etica del comportamento dell'onorevole Papa; ma sulla sua libertà personale ora decidiamo noi.

Rimanere indifferenti ad indici precisi di un evidente fumus persecutionis è impossibile. Alfonso Papa, deputato, magistrato, incensurato, non gravato da alcun carico pendente ha chiesto invano, per ben cinque volte, al pubblico ministero di essere sentito, disponibile a fornirgli la prova provata, ossia la prova documentale dell'inesistenza dei reati, poi contestatigli.

Alfonso Papa è stato a lungo direttamente intercettato. Alfonso Papa è stato a lungo pedinato e spesso fotografato, financo sulla porta di questo palazzo Montecitorio. Alfonso Papa è stato informato della misura cautelare richiesta, ad evidenza finalizzata ad una spettacolarizzazione dell'inchiesta, dalle note di agenzia, prima di averlo appreso ufficialmente. Si contesta la - si fa per dire - gravissima accusa della diffusione di notizie attinenti a tre procedimenti penali e si assiste contemporaneamente, nella totale indifferenza, alla divulgazione di ben 15 mila atti processuali coperti dal segreto investigativo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Indaga Napoli, ma non c'è un solo fatto di rilevanza penale contestato ad Alfonso Papa che sia accaduto in quella competenza territoriale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Questo Parlamento non può rimanere indifferente al rilievo che Alfonso Papa è stato fedele collaboratore di un capo dell'ufficio della procura di Napoli, Agostino Cordova, contro il quale si è scatenata una battaglia capeggiata proprio da uno dei due pubblici ministeri che ora lo accusano, o al ricordo che l'altro, con il quale Alfonso Papa aveva un notorio rapporto conflittuale, quando erano colleghi della stessa procura (financo nella stessa stanza) - rapporto conflittuale che avrebbe dovuto suggerire un'astensione, più che un affiancamento all'originario inquirente - sia proprio quel dottor Woodcock, che ha chiesto le manette per il nostro collega Salvatore Margiotta (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), smentito dopo la nostra decisione, prima dalla revoca della misura cautelare ad opera del tribunale del riesame e poi dalla piena assoluzione. Si tratta dello stesso pubblico ministero che l'Italia ricorda protagonista mediatico dell'arresto spettacolare, per gravi e infamanti reati, del principe Vittorio Emanuele, poi felicemente prosciolto in istruttoria da un diverso ufficio giudiziario (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Anche in questi casi, come in quello dell'onorevole Papa, c'era un giudice ad aver vagliato l'impianto accusatorio, ma non è bastato ad evitare i danni. Accettando la richiesta d'arresto ci si fa travolgere dall'onda mediatica e giustizialista del «Dagli all'untore!» di manzoniana memoria e si subisce il fascino della subdola diffusione di ricostruzioni parziali e interessate o di intercettazioni illegittimamente carpite.

Soprattutto si calpesta un pilastro della nostra Costituzione: la presunzione di innocenza, ma la presunzione di innocenza non si invoca a piacere.

ANTONIO DI PIETRO. Ma vale per tutti!

MAURIZIO PANIZ. A chi voterà per l'arresto basta dare in pasto alla piazza, che la reclama, una vittima sacrificale (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ma la libertà non si baratta con il consenso elettorale o con la propria sopravvivenza politica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

Se i pubblici ministeri campani chiedono di ammanettare Alfonso Papa non è perché la legge è uguale per tutti, ma perché i parlamentari ai loro occhi sono meno uguali degli altri (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio)!

FEDERICO PALOMBA. Non è vero!

MAURIZIO PANIZ. La riscossa civica e morale del Parlamento passa anche attraverso il vero rispetto delle regole, anche quelle sgradite alla piazza, anche quelle sgradite a chi si sente più moralizzatore che magistrato. Gli inquirenti non sono in questa vicenda una garanzia, lo dico con dispiacere per il rispetto che va portato alla delicata funzione giurisdizionale, ma va portato altrettanto rispetto per la libertà e per questa nostra funzione parlamentare.

Il carcere preventivo è la forma di pressione psicologica più forte, seconda solo alla tortura, con la quale condivide l'aspetto cruciale e il più terribile: essere completamente alla mercé degli altri, dipendere integralmente da loro, cessare di esistere.

Non so e non voglio sapere se Alfonso Papa è davvero colpevole o innocente; sul piano penale - unico che qui ha rilievo - lo dirà un giudice alla fine di un percorso accertativo. So però con assoluta certezza che privarlo ora della libertà è un vero e proprio eccesso, è colpire senza se e senza ma questo nostro ruolo parlamentare così bistrattato e così fragile, così a rischio come scrissero i padri costituenti, ma così importante per la nostra nazione, ruolo che possiamo anche scordare per interessi di partito, ma mai dimenticare quando siamo soli con la nostra coscienza, soli con il nostro voto.

Votando no all'arresto non difendiamo un privilegio, ma solo il rispetto di un diritto sacrosanto, quello della libertà da un'aggressione ingiusta. Ognuno poi farà la propria valutazione sull'etica del comportamento, ma è ben altra cosa. Separiamo giustizia da moralismo e da etica e ricordiamoci che fare lobby non è un reato, né per chi raccomanda un emendamento né per chi gioisce per avere finalmente una banca (Commenti dei deputati dei gruppo Partito Democratico). Non inseguiamo il gossip perdendo di vista i reati e ricordiamoci che un Paese civile non fa i processi in edicola o nei mezzi di informazione, neppure per un parlamentare.

Il voto dei deputati del Popolo della Libertà, fedeli alla democrazia della trasparenza, sarà per il no, non abbiamo paura di dichiararlo, orgogliosi della tradizione della storia di quel popolo italiano che considera la libertà un bene supremo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio - Congratulazioni).

Detto questo, è bene inquadrare comunque i termini della questione ed esprimere anche alcune considerazioni. Oggi non stiamo discutendo se la vicenda giudiziaria che ha come imputato il collega Papa debba andare avanti o meno, perché deve essere chiaro ai cittadini che ci ascoltano che, a prescindere da quella che sarà la scelta di quest'Aula, il processo andrà avanti, non si interromperà, non vi sarà nessuna impunità. Stiamo decidendo sulla richiesta avanzata dalla magistratura di applicare la misura della custodia cautelare in carcere. Stiamo parlando, quindi, di carcerazione preventiva. La libertà personale è un bene prezioso e proprio per questo ampiamente tutelato dalla nostra Costituzione e dal nostro ordinamento giuridico.

L'articolo 13 della Carta costituzionale bene evidenzia come la libertà personale è inviolabile e come la legge stabilisce i termini massimi della carcerazione preventiva. Una decina di anni fa, un uomo caro soprattutto alla parte sinistra di questo emiciclo, l'allora Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, polemizzava contro l'abuso del ricorso alla carcerazione preventiva. Oggi nulla è cambiato, purtroppo si abusa ancora della carcerazione preventiva. Assistiamo costantemente all'utilizzo della carcerazione preventiva che serve ad anticipare la condanna della persona sottoposta ad indagine giudiziaria. Questa è la vera inciviltà giuridica a cui ogni giorno assistiamo. Questo è quello che una parte della magistratura cerca, attraverso i mass media, di far passare nell'opinione pubblica.

Ciò che oggi fattivamente succede attraverso un'applicazione distorta del ricorso alla carcerazione preventiva è davanti agli occhi di tutti. Si calpesta, da un lato, l'articolo 27 della nostra Costituzione, secondo cui l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, principio cardine, fondamentale della nostra civiltà e giustizia e, dall'altro, si calpesta anche il principio del giusto processo, così come previsto dall'articolo 111 della Costituzione. Se ci si richiamasse a questo principio, o meglio se il potere giudiziario applicasse questi precetti costituzionali che spesso sono dimenticati, appunto calpestati, si eviterebbe l'abuso del ricorso alla carcerazione preventiva proprio attraverso la celebrazione dei processi in tempi rapidi e ragionevoli. Il non celebrare i processi autoalimenta la stortura, l'abuso, l'inciviltà giuridica.

In qualunque democrazia occidentale si celebrano i processi, in Italia evidentemente no! Per questo dobbiamo andare sul processo e le riforme. Il Governo ha fatto la sua parte - lo dico anche al Ministro Alfano -, è da due anni in discussione al Senato la riforma del processo penale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Continuiamo ad andare avanti con le riforme e, tra queste, dobbiamo avere il coraggio di portare avanti anche la responsabilità giuridica e civile dei magistrati, perché quando i magistrati sbagliano e c'è di mezzo la libertà personale delle persone è giusto che ne rispondano di fronte ai cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

Detto questo, però, la Lega Nord è estremamente attenta al rispetto dell'articolo 3 della Costituzione, in base al quale tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, per cui se uno strumento di garanzia vale, deve valere per chiunque, ma se non vale allora non si può invocare lo status di parlamentare per avvalersene perché questo creerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento con il comune cittadino, la gente non capirebbe. Fatte queste considerazioni, la Lega Nord voterà a favore della relazione della Giunta per le autorizzazioni, rimettendosi alla sua valutazione tecnica del caso specifico. È un «sì» all'arresto che non deve essere interpretato come un'anticipazione della condanna perché - lo ribadiamo - la carcerazione preventiva non deve essere un modo per non celebrare i processi o per limitarsi a delle condanne mediatiche, che purtroppo troppe volte si basano su fughe di notizie che non dovrebbero esserci, ma che continuano ad esserci, senza che mai nessuno sia responsabile o paghi per questo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

I processi, perlopiù quando si tratta di politici, devono essere celebrati in tempi brevi, brevissimi, perché i cittadini hanno il diritto di sapere se chi hanno eletto e chi li rappresenta è una persona perbene o no. Ma non vorremmo anche che la decisione di oggi venisse strumentalizzata e contribuisse ad alimentare il clima di insofferenza e di denigrazione nei confronti delle istituzioni, del Parlamento. Noi oggi vogliamo dare un segnale al Paese, un segnale di legalità, ma non ci iscriviamo al partito dei «manettari» o dei «forcaioli» o di quella antipolitica che vorrebbe fare di tutta un'erba un fascio, perché così non è!

La Lega Nord dà un'indicazione di voto chiara, ma diciamo anche con altrettanta durezza e fermezza che non c'è piaciuto il clima di caccia alle streghe o di gogna mediatica scatenato stamattina in Aula dal presidente Franceschini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Onorevole Franceschini, qui nessuno può alzarsi a fare la morale a qualcuno o può permettersi di lanciare accuse preventive, tanto più oggi, mentre contemporaneamente a noi, nell'Aula del Senato, si sta discutendo di un'analoga di richiesta di arresto per il senatore Tedesco, che mi sembra appartenga al Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Lei, onorevole Franceschini, stamattina ha messo le mani avanti. Ma lasci stare la Lega Nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

La questione morale riguarda tutti. Spetta ai partiti isolare le mele marce e selezionare la propria classe politica con criteri di onestà e trasparenza, cosa che peraltro la Lega Nord ha sempre fatto e su questo non accettiamo lezioni o prediche da parte di nessuno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, dobbiamo decidere esclusivamente se nella domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell'onorevole Papa, oggi all'attenzione dell'Assemblea, vi siano o meno elementi per ravvisare l'esistenza di un intento persecutorio nei confronti del deputato. Dico subito che in questa circostanza tali elementi non ci sono. Emergono, invece, condotte gravissime: l'uso spregiudicato di ruoli e funzioni teso a ricavare denaro ed altra utilità, in contrasto con l'etica pubblica e con il ruolo di magistrato che l'onorevole Papa ha rivestito.

L'onorevole Papa ha fornito alla Giunta una ricostruzione della vicenda tutta incentrata su pretese inimicizie della procura di Napoli derivanti dalla sua vicinanza alla figura del dottor Cordova, ipotizzando una vendetta della magistratura per fatti risalenti a dieci anni fa, ma non ha fornito nessun elemento concreto idoneo a smentire gli addebiti che gli sono stati mossi. Senza contare che il ruolo che l'onorevole Papa sostiene di aver svolto a quel tempo e le inimicizie dei dottori Woodcock e Curcio nei confronti del dottor Cordova - e indirettamente nei suoi stessi confronti - sono smentiti dalla delibera del CSM di trasferimento d'ufficio del dottor Cordova nel 2003, nella quale è riportato l'intero iter della vicenda, incluso il nome dei soggetti auditi.

All'epoca dei fatti il dottor Woodcock era un semplice uditore giudiziario. Non era una persona influente nell'ambito della procura di Napoli. Lo stesso onorevole Papa all'epoca era un giovane magistrato e il suo nome, assieme a quello di Woodcock e di Curcio, non è mai citato negli atti. Inoltre, la stessa incompatibilità d'ufficio del dottor Cordova, deliberata all'unanimità (lo ripeto: all'unanimità) dal CSM non dipendeva dalla lotta tra guelfi e ghibellini menzionata dall'onorevole Papa, ma a motivi oggettivi legati alla modalità di conduzione degli uffici della procura da parte dello stesso Cordova.

Non è neppure sostenibile, colleghi, che l'onorevole Papa sia un perseguitato in ragione della sua attività parlamentare, non di particolare rilievo, come è stato rilevato. E, quel che più conta, l'onorevole Papa non ha offerto alcun elemento che potesse dimostrare che il GIP fosse mosso da un intento persecutorio nei suoi confronti. Ai fini della valutazione del fumus persecutionis, il nostro compito è proprio quello di valutare l'atteggiamento del giudice in sede di emissione dell'ordinanza. Gli atti di investigazione condotti dalla procura di Napoli sono stati sottoposti all'attenzione di un giudice terzo, estraneo ai motivi del contrasto interni alla procura e non sembrano emergere né vizi di palese parzialità, né di inconsistenza della motivazione. Oltretutto, l'ordinanza del GIP si discosta in alcuni punti proprio dalle richieste del pubblico ministero: egli ha escluso la rilevanza delle intercettazioni riferite all'utenza dell'onorevole Papa e ha disposto l'applicazione della misura cautelare in relazione soltanto a 8 contestazioni sulle 20 proposte dalla pubblica accusa. Il GIP, cioè, ha svolto appieno le funzioni di giudice terzo ed imparziale.

Da questi elementi si ricava l'insussistenza del fumus persecutionis e anche la proporzionalità della misura cautelare richiesta. I reati di corruzione, concussione ed estorsione - cui si aggiunge il rischio di inquinamento probatorio, adeguatamente motivato nell'ordinanza - appaiono legittimare la richiesta di questa misura, peraltro avanzata anche nei confronti degli altri coindagati. Infine, se l'onorevole Papa si ritiene colpito ingiustamente da un provvedimento che dispone l'applicazione di una misura cautelare nei suoi confronti, perché non si è rivolto al giudice del riesame, dove potrebbe far valere i propri argomenti?

Ma c'è dell'altro: le difficoltà politiche. Le divisioni della maggioranza sono sotto gli occhi di tutti. Per questo l'onorevole Sisto ha cercato di accostare strumentalmente la vicenda al caso Margiotta. Ma allora la Giunta votò all'unanimità per il diniego, data l'inconsistenza del compendio indiziario, comprovata in sede giurisdizionale. Non tutti i casi sono uguali. Ci sono state in questo caso differenze procedurali e di sostanza. Ma io aggiungo che non tutti i partiti sono uguali. Per questo c'è ora chi, per cercare di tirare fuori dai guai il Premier, chiede il voto segreto.

Per questo la Lega ha annunciato che voterà sì all'autorizzazione ma lascerà libertà di voto. Un bizantinismo, che nasconde le fratture nel Carroccio e le contraddizioni di Bossi che in tre giorni ha detto tre cose diverse per accontentare Berlusconi.

Colleghi della Lega, non nascondetevi dietro il voto segreto. Ne è passato di tempo da quando nella seduta del 29 aprile 1993 si discuteva la domanda di autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi. Luigi Rossi, in quel tempo deputato della Lega, proclamava: «Noi della Lega, con le mani pulite, in quest'epoca rigurgitante di malfattori di ogni calibro, possediamo e rivendichiamo il diritto di essere giudici e accusatori implacabili». E terminava citando alcune delle parole pronunciate da Cicerone alla fine del suo atto di accusa contro Catilina: «Non si può, per un uomo, mettere in pericolo la Repubblica».

È passato molto tempo, la Lega è cambiata ma il rischio oggi è lo stesso, di mettere, per un uomo, in pericolo la Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). A differenza di allora, quando la Lega esponeva il cappio in Parlamento, non vi è da parte nostra nessun compiacimento nell'erogare una misura detentiva. Privare un cittadino della libertà è sempre difficile, a prescindere dalle motivazioni e dalla loro solidità. Ma se si fosse trattato di una persona comune e non di un membro del Parlamento, questa sarebbe già ristretta in carcere come, d'altronde, lo sono i coimputati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Colleghi, lo statuto giuridico particolare dei parlamentari non può costituire un irragionevole e ingiustificato privilegio, ma deve proteggere il corretto e libero esercizio della funzione legislativa da interferenze indebite provenienti dagli altri poteri e, in particolare, da quello esecutivo. Ma deve, comunque, convivere con altri principi di rilevanza costituzionale come, in particolare, quello dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, disciplinato dall'articolo 3 della Costituzione. Non può diventare e nemmeno essere percepito come un mero retaggio di un passato ormai lontano, oggi capace soltanto di rappresentare un ostacolo alla piena realizzazione del principio di uguaglianza di tutti i cittadini.

Se si ritiene che vi sia un uso eccessivo della custodia cautelare, questo va affrontato in sede legislativa, con una misura per tutti e non soltanto per alcuni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). La gente sospetta e intuisce - qualche volta a torto e spesso a ragione - che il gioco sia truccato e che a vincere siano sempre gli stessi. Vi è sete di giustizia. Troppo spesso, in questi anni, i valori di equità, rigore e trasparenza, in cui si riconosce una società, sono stati negati da comportamenti che sempre più frequentemente hanno mortificato l'interesse generale, il senso comune di appartenenza, la coesione sociale, il rispetto della legalità e l'uguaglianza dei cittadini. È questa la radice del diffuso malcontente e disagio popolare che oggi si manifesta in modo clamoroso, tanto più di fronte ai sacrifici che vengono richiesti agli italiani. Dobbiamo offrire un cambiamento sia nella politica sia nel modo di fare politica.

A nessuno sfugge - come ha detto ieri Piero Fassino - che su questi sentimenti di sincera indignazione di molti si sovrappone una campagna alimentata e cavalcata da chi teme un cambiamento nella guida del Paese e, per sbarrargli la strada, punta con brutalità sulla destabilizzazione e la delegittimazione dei poteri democratici a vantaggio di poteri assai più elitari, assai meno trasparenti quando non pericolosamente opachi. Ma il modo migliore per contrastare gli umori antipolitici non è quello di girare la testa dall'altra parte, ma è quello di mettersi in sintonia con il Paese, con le sue ansie, le sue paure, le sue speranze e le sue aspettative.

Certo, non celebriamo processi, ma spetta a noi dare corso a misure concrete, visibili ed efficaci, che restituiscano sobrietà, credibilità e autorevolezza a istituzioni che oggi appaiono a troppi cittadini distanti e insensibili. Il voto di oggi è una di queste misure e per questo serve un'assunzione chiara di responsabilità.

Mi rivolgo ai colleghi della Lega, all'onorevole Alfano. Non nascondetevi dietro il voto segreto. Al Senato, pochi minuti fa, il senatore Alberto Tedesco ha chiesto che il Senato si esprima con voto palese a favore del suo arresto, ripeto, in modo palese e a favore del suo arresto. Vi chiediamo di fare altrettanto.

Per queste ragioni il Partito Democratico voterà compatto per accogliere la domanda di autorizzazione a eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell'onorevole Papa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro per il Terzo Polo, Italia dei Valori e Misto-Alleanza per l'Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ (PDL). Signor Presidente, colleghi, i processi non si fanno con le verità giornalistiche, spesso parziali e interessate, ma con le carte processuali, anche con quelle 14.932 che, più di uno, in Giunta per le autorizzazioni, ha ritenuto di poter prescindere dal leggere. I processi certamente si fanno nelle aule dei tribunali, alle quali Alfonso Papa non si sottrarrà, ma il processo all'esistenza del fumus persecutionis verso un parlamentare - verso di lui - si fa in questa Aula, oggi: non c'è riesame e non c'è grado di appello. La storia giudicherà quest'epoca politica...

FURIO COLOMBO. E come?

MAURIZIO PANIZ. ...la morale di ciascuno giudicherà l'etica del comportamento dell'onorevole Papa; ma sulla sua libertà personale ora decidiamo noi.

Rimanere indifferenti ad indici precisi di un evidente fumus persecutionis è impossibile. Alfonso Papa, deputato, magistrato, incensurato, non gravato da alcun carico pendente ha chiesto invano, per ben cinque volte, al pubblico ministero di essere sentito, disponibile a fornirgli la prova provata, ossia la prova documentale dell'inesistenza dei reati, poi contestatigli.

Alfonso Papa è stato a lungo direttamente intercettato. Alfonso Papa è stato a lungo pedinato e spesso fotografato, financo sulla porta di questo palazzo Montecitorio. Alfonso Papa è stato informato della misura cautelare richiesta, ad evidenza finalizzata ad una spettacolarizzazione dell'inchiesta, dalle note di agenzia, prima di averlo appreso ufficialmente. Si contesta la - si fa per dire - gravissima accusa della diffusione di notizie attinenti a tre procedimenti penali e si assiste contemporaneamente, nella totale indifferenza, alla divulgazione di ben 15 mila atti processuali coperti dal segreto investigativo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Indaga Napoli, ma non c'è un solo fatto di rilevanza penale contestato ad Alfonso Papa che sia accaduto in quella competenza territoriale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Questo Parlamento non può rimanere indifferente al rilievo che Alfonso Papa è stato fedele collaboratore di un capo dell'ufficio della procura di Napoli, Agostino Cordova, contro il quale si è scatenata una battaglia capeggiata proprio da uno dei due pubblici ministeri che ora lo accusano, o al ricordo che l'altro, con il quale Alfonso Papa aveva un notorio rapporto conflittuale, quando erano colleghi della stessa procura (financo nella stessa stanza) - rapporto conflittuale che avrebbe dovuto suggerire un'astensione, più che un affiancamento all'originario inquirente - sia proprio quel dottor Woodcock, che ha chiesto le manette per il nostro collega Salvatore Margiotta (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), smentito dopo la nostra decisione, prima dalla revoca della misura cautelare ad opera del tribunale del riesame e poi dalla piena assoluzione. Si tratta dello stesso pubblico ministero che l'Italia ricorda protagonista mediatico dell'arresto spettacolare, per gravi e infamanti reati, del principe Vittorio Emanuele, poi felicemente prosciolto in istruttoria da un diverso ufficio giudiziario (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Anche in questi casi, come in quello dell'onorevole Papa, c'era un giudice ad aver vagliato l'impianto accusatorio, ma non è bastato ad evitare i danni.

Accettando la richiesta d'arresto ci si fa travolgere dall'onda mediatica e giustizialista del «Dagli all'untore!» di manzoniana memoria e si subisce il fascino della subdola diffusione di ricostruzioni parziali e interessate o di intercettazioni illegittimamente carpite.

Soprattutto si calpesta un pilastro della nostra Costituzione: la presunzione di innocenza, ma la presunzione di innocenza non si invoca a piacere.

ANTONIO DI PIETRO. Ma vale per tutti!

MAURIZIO PANIZ. A chi voterà per l'arresto basta dare in pasto alla piazza, che la reclama, una vittima sacrificale (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ma la libertà non si baratta con il consenso elettorale o con la propria sopravvivenza politica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

Se i pubblici ministeri campani chiedono di ammanettare Alfonso Papa non è perché la legge è uguale per tutti, ma perché i parlamentari ai loro occhi sono meno uguali degli altri (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio)! FEDERICO PALOMBA. Non è vero!

MAURIZIO PANIZ. La riscossa civica e morale del Parlamento passa anche attraverso il vero rispetto delle regole, anche quelle sgradite alla piazza, anche quelle sgradite a chi si sente più moralizzatore che magistrato. Gli inquirenti non sono in questa vicenda una garanzia, lo dico con dispiacere per il rispetto che va portato alla delicata funzione giurisdizionale, ma va portato altrettanto rispetto per la libertà e per questa nostra funzione parlamentare.

Il carcere preventivo è la forma di pressione psicologica più forte, seconda solo alla tortura, con la quale condivide l'aspetto cruciale e il più terribile: essere completamente alla mercé degli altri, dipendere integralmente da loro, cessare di esistere.

Non so e non voglio sapere se Alfonso Papa è davvero colpevole o innocente; sul piano penale - unico che qui ha rilievo - lo dirà un giudice alla fine di un percorso accertativo. So però con assoluta certezza che privarlo ora della libertà è un vero e proprio eccesso, è colpire senza se e senza ma questo nostro ruolo parlamentare così bistrattato e così fragile, così a rischio come scrissero i padri costituenti, ma così importante per la nostra nazione, ruolo che possiamo anche scordare per interessi di partito, ma mai dimenticare quando siamo soli con la nostra coscienza, soli con il nostro voto.

Votando no all'arresto non difendiamo un privilegio, ma solo il rispetto di un diritto sacrosanto, quello della libertà da un'aggressione ingiusta. Ognuno poi farà la propria valutazione sull'etica del comportamento, ma è ben altra cosa. Separiamo giustizia da moralismo e da etica e ricordiamoci che fare lobby non è un reato, né per chi raccomanda un emendamento né per chi gioisce per avere finalmente una banca (Commenti dei deputati dei gruppo Partito Democratico). Non inseguiamo il gossip perdendo di vista i reati e ricordiamoci che un Paese civile non fa i processi in edicola o nei mezzi di informazione, neppure per un parlamentare.

Il voto dei deputati del Popolo della Libertà, fedeli alla democrazia della trasparenza, sarà per il no, non abbiamo paura di dichiararlo, orgogliosi della tradizione della storia di quel popolo italiano che considera la libertà un bene supremo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Popolo e Territorio - Congratulazioni).


vedi anche
Parla il relatore onorevole Palomba
Autorizzazione a eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Papa
La relazione presenta, in sintesi ma con chiarezza, i fatti su cui si discute............

Misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Papa - Dichiarazioni di voto a titolo personale e di Alfonso Papa
Parlano: Calogero Mannino, Rita Bernardini, Alfonso Papa
............

Argomenti:   #autorizazione ,        #camera dei deputati ,        #casta ,        #corruzione ,        #papa ,        #parlamento ,        #politica

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