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 Anno VII n° 8 AGOSTO 2011    -   FATTI & OPINIONI


Prosegue il dibattito sulle manovre
Articolo 41: non c'è nessun bisogno di modifiche!
Per anni, dopo Bersani, non si è fatto più nulla. Ora Berlusconi invoca la solita emergenza per cambiare la Costituzione. Giusta la via percorsa da Tremonti, anche se...
Di Il Nibbio


Uno dei dibattiti aperti dalla manovra bis di Tremonti è quello della liberalizzazione dell'attività d'impresa.. Un dibattito antico a cui, in vari modi, si è cercato di trovare una soluzione, ma senza risposte concrete.

Siamo negli anni '90 quando Confindustria spinge per lo “sportello unico per le imprese”. Questa iniziativa partiva dall'osservazione che per avviare un’attività, sulla base delle leggi vigenti, spesso occorreva fare numerosi adempimenti presso enti diversi ed ottenerne autorizza o taciti consensi. Lo “sportello unico” avrebbe dovuto gestire tutti questi adempimenti, semplificare almeno l'aspetto operativo e ridurre i tempi necessari. A distanza d’anni non sembra che questo abbia risolto il problema: da una parte perché non tutti i comuni si sono dotati di una struttura simile, anche per le oggettive difficoltà nel fare convenzioni con gli altri enti come ASL, Vigili del fuoco, Provincia, ecc, dall'altra perché le leggi restano complicate.

Altro problema non indifferente sono le vecchie leggi di contingentamento dell'attività commerciale, notarile e delle farmacie. Queste avevano forse una ragione di essere in un ambiente poco mobile, con la paura che, liberalizzando tali attività, si potesse creare una concorrenza eccessiva e successivamente una mancanza di servizi. Ecco così sostenere troppi “monopoli territoriali”.
Bene avere un numero controllato di notai, ma perché per vendere un'auto o cambiare la sede legale di un’azienda è necessario l'atto di un notaio? Non basta un atto con le firme autenticate?

Gli Ordini Professionali poi da enti di garanzia per il cittadino, come previsti dalla costituzione, si sono trasformati a lobby di potere a sostegno degli iscritti, nei quali il controllo dell'attività professionale è molto carente.

Questa situazione è diventata sempre più insostenibile a causa del pessimo modo di legiferare dell'Italia, dove le leggi non si cancellano mai, ma le nuove si sommano alle vecchie. Il legislatore ha cercato di mettere ordine, ma in modo sicuramente lento e le leggi emanate hanno incontrato poi difficoltà applicative.

Una delle leggi importanti è certamente la legge 114 del 1998 che ha rivoluzionato il sistema del Commercio, eliminando totalmente le “licenze per il commercio” di vicinato e limitando la contingentazione alle medie e grandi strutture; ma anche questa legge oggi necessiterebbe di un’ulteriore revisione riducendo il concetto di contingentamento ad un concetto di compatibilità ed efficienza urbanistica e di sicurezza ambientale.

Altro passo legislativo importante è il decreto Bersani del 2006, di cui però molta parte è rimasta lettera morta, come la possibilità di esercitare le professioni in forma societaria e l'abolizione delle “tariffe minime”.

La Manovra Bis di Tremonti nel Titolo II “Liberalizzazioni, privatizzazioni ed altre misure per favorire lo sviluppo” (vedi l'estratto) affronta questo problema. La critica dei contenuti è ben espressa nel documento dell'AGCOM (vedi Il Comunicato Stampa dell’AGCOM -Manovra: da decreto spinta positiva per le liberalizzazioni, ma servono modifiche per ottenere i risultati sperati), ma nel complesso si presenta come un approccio positivo. Si può solo osservare che quanto previsto dalla manovra bis si poteva fare molto tempo prima e c'è molto da ridire sulla opportunità di inserirla in una manovra finanziaria, già molto complessa e controversa.

A questo punto è legittima la domanda: “La modifica dell'articolo 41 della Costituzione risolve i problemi?”

Vediamo innanzitutto cosa dice questo articolo:

    Art. 41.

    L'iniziativa economica privata è libera.
    Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
    La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Come si vede questo è un articolo semplicissimo e ben equilibrato: all'enunciato del primo paragrafo, che stabilisce il principio di libertà, si affiancano i due successivi che stabiliscono la prevalenza del “bene comune” sull'interesse privato e determinano le modalità, cioè “solo per legge”, con cui si esercita il controllo previsto dal secondo comma.
Ora Berlusconi vorrebbe eliminare proprio il secondo ed il terzo comma, quelli che garantiscono la salvaguardia della salute, del territorio e della libertà altrui.

Cosa succederebbe se si abolissero questi due commi?

Che qualunque attività non potrebbe essere vietata, quindi possiamo mettere un impianto pericoloso nello scantinato di un palazzo in centro città, una raffineria in un parco naturale, ecc..

È assolutamente evidente che quello che vuole imporre Berlusconi è una delle aspirazioni profonde del capitalismo più becero, quello che vede nel profitto l'unico motivo di esistenza; per fare questo crea lo “stato di emergenza”, come da consolidata abitudine.

Oggi forse è stato costretto a permettere un provvedimento che agisca sulle leggi dalle pressioni di Confindustria e Sindacati, ma il fatto che per quattro anni non abbia voluto proseguire sulle “modernizzazioni” iniziate da Bersani la dice lunga e magari spera ancora che il provvedimento venga stralciato dalla manovra e annullato.



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