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Prosegue il dibattito sulle manovre

Che fretta c'era – Secondo decreto, seconda puntata

Decreti urgentissimi, da far passare senza discussione nel Parlamento. Questa sembra l'ultima moda del legiferare adottata da quest’indegno Governo, con l'appoggio di Napolitano e Bersani e con di tutto e di più

Di Giovanni Gelmini

Ma la fretta non porta da nessuna parte!

Il primo decreto di metà luglio, passato in pochi giorni tra Camera e Senato, non è servito a nulla. Fatto sull'onda del crollo della Borsa e dello spread tra Bond tedeschi e BTP italiani, dopo ripetute assicurazioni di Tremonti che non c'erano problemi, che i fondamentali sono ottimi, non ha sortito alcun effetto. Ha invece sortito qualche effetto un provvedimento semplice che non si capisce perché non sia stato preso da anni: il divieto di vendite allo scoperto. Un modo di giocare in borsa, molto scorretto, quasi truffaldino. Questo divieto protegge sicuramente gli investitori, ma ce ne sono altri da prendere, come delle belle tasse che scoraggino l'acquisto e la vendita nel giro di pochi giorni, così la Borsa smetterebbe di essere il “casinò della finanza” per ritornare ad assumere il ruolo di luogo dove reperire capitali e investire.

Ma torniamo alle manovre di Tremonti. Tutto andava bene secondo il Ragionier Ministro, l'Europa era contenta della manovra, ma è stato prontamente smentito. Non va bene nulla, si deve anticipare il sacrificio e non rimandarlo al futuro.

Allora così facendo, abbiamo perso un mese: alla faccia dell'urgenza!

Nuovo decreto, nuova urgenza, nuovo appello all'unità, ma non è così facile adesso, questo decreto equivale ad un sacco di soldi e interviene su moltissimi temi delicati. Sicuramente gli interventi “monetari” sono urgentissimi, ma il decreto contiene provvedimenti che non sviluppano la loro azione in tempi rapidi, come l'abolizione dei comuni sotto i 1000 abitanti. Che bisogno c'era di metterli in questo decreto che diventa un omnibus.

Provo ad elencare i provvedimenti che potrebbero utilmente essere stralciati dal decreto e presi dopo un dibattito ampio, anche se non lungo, con le parti interessate, con la popolazione e nelle aule parlamentari.
    Titolo I “Disposizioni per la stabilizzazione finanziaria” Articolo 1
    comma 29: parla della possibilità di trasferimento dei dipendenti pubblici.
    Comma 31: parla della soppressione degli enti pubblici non economici con una dotazione organica inferiore alle settanta unità.

    Titolo II: “Liberalizzazioni, privatizzazioni ed altre misure per favorire lo sviluppo”

    Tutto il titolo individua delle linee da realizzare, ma è vago nell’applicazione e quindi, pur essendo importante, non produce alcun risultato pratico se non la riaffermazione, già presente in costituzione nell'articolo 41, che vorrebbero riformare, che “e’ permesso tutto ciò che non e’ espressamente vietato dalla legge”. Quindi non è urgente, invece sarebbe urgente rivedere le leggi che regolano attualmente le limitazioni all'accesso delle attività d’impresa (ad esempio la legge 114/98 sul Commercio che impone alcuni vincoli certamente assurdi da moderare), le leggi istitutive degli Ordini, ecc. Inutile fare per legge delle affermazioni di principio che portano solo ad incertezze e conseguenti rallentamenti nelle attività.

    Titolo III “Misure a sostegno dell’occupazione”

    Art. 8 . “ Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità”: praticamente la legalizzazione del contratto di Pomigliano e la sua estensione a tutte le attività. Questo senza un accordo tra le parti sociali, una cosa che credo non sia mai stata fatta dai temi del fascismo.
    Titolo IV “Riduzione dei costi degli apparati istituzionali
    Tutti gli articoli di questo titolo non trovano immediata applicazione e quindi non presentano le caratteristiche d’urgenza di un decreto legge; in questo titolo sono compresi:
    Art. 14 Riduzione del numero dei consiglieri e assessori regionali e relative indennità. Misure premiali.
    Art. 15 Soppressione di Province e dimezzamento dei consiglieri e assessori.
    Art. 16 Riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni,

Vi riporto un articolo che può essere l'emblema dell’inutilità di questo modo di legiferare:

    Articolo1 comma 28. La commissione di cui al comma 1, comma 3, del citato decreto-legge n. 98 del 2011 convertito con legge n. 111 del 2011 è integrata con un esperto designato dal Ministro dell’economia e delle finanze.

E vi sembra che un provvedimento del genere sia urgentissimo?

C'è da chiedersi se quest’accozzaglia d'iniziative, di cui molte sicuramente sono da realizzare, ma che non sono urgentissime e non possono essere prese dal Governo senza le opportune verifiche, sia il prodotto di un’incapacità cronica di governare o sia un modo per fare fumo infernale perché poi qualcosa uscirà, ma la gente non capirà più nulla e pagherà, lasciando indenni gli amichetti di casta e circoli vari. O forse sono entrambe le cose?

Infatti di cosa si discute oggi: aumento dell'IVA, ritardo dell'età pensionabile, taglio delle pensioni di reversibilità e degli assegni d’accompagnamento, innalzamento del minimo di reddito per il 5% di solidarietà. Non si parla di tagli immediati ai costi della politica, che invece ormai da tanto tempo la gente chiede. Si possono tagliare da domani le “competenze” di ministri, sindaci, assessori, presidenti, amministratori, parlamentari e consiglieri, non si può invece tagliare la loro consistenza numerica.

È evidente che la politica se ne frega di realizzare un risanamento vero, ma è fortemente interessata a mantenere i privilegi.

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