|
|
Pala Feriale di Paolo Veneziano
|
La mostra che si tiene a Venezia, dal 1 ottobre 2011 al 22 gennaio 2012, nella spettacolare Sala dello Scrutinio di Palazzo Ducale - cuore e simbolo della Serenissima - illustra i rapporti tra “Venezia e l’Egitto” nel corso di quasi due millenni: dai ritrovamenti archeologici che documentano relazioni in età classica, fino all’apertura del canale di Suez, un’iniziativa proposta dal governo marciano già nel primo ‘500 e realizzata solo nel 1869 su progetto dell’ingegnere trentino Negrelli all’epoca capo delle ferrovie del Lombardo-Veneto.
Nel mezzo stanno figure ed eventi spesso eccezionali, lungo un filo rosso storico finora mai dipanato nel suo insieme.
Dalla traslazione del corpo di San Marco da Alessandria nell’828, alle avventure ottocentesche di esploratori come Giambattista Belzoni, uno dei padri dell’archeologia italiana, e Giovanni Miani; dalle peripezie di mercanti e diplomatici all’inseguimento di merci, tesori e terre, alle curiosità di umanisti e scienziati alle prese con i misteri dei geroglifici, delle piramidi e dell’antica scienza dei faraoni.
Il tutto accompagnato da reperti preziosi (statue, manufatti d’uso comune, monete, iscrizioni, mappe, strumenti di navigazione ,un modello di galea, mummie, ecc.) testi inediti e da opere d’arte che mostrano come i grandi maestri veneziani – da Giorgione a Tiziano, da Tintoretto a Tiepolo, da Amigoni a Strozzi, da Piranesi a Caffi – immaginarono l’Egitto.
È quanto possiamo osservare nelle nove sezioni in cui è articolata la mostra è un quadro vivido di contiguità, di famigliarità, di rapporti tra mondi diversi: paesi “lontani” per lingue, tradizioni, costumi e religioni che pure furono capaci di dar vita, grazie a relazioni protrattisi per secoli, a quella che può essere definita una “civiltà mediterranea”.
Relazioni fortissime, se è vero che Venezia è l’unica città europea che sin dall’anno Mille ha un nome arabo distinto da quello originale:
al-bunduqiyya.
Una vicenda culturale dunque complessa e articolata raccontata in una mostra che saprà sorprendere,
per i risultati delle ricerche condotte e per l’eccezionalità di molte delle oltre 300 opere riunite in questa occasione.
Il progetto scientifico, curato da Enrico Maria Dal Pozzolo dell’Università di Verona, e da Rosella Dorigo e Maria Pia Pedani dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, con progetto allestitivo di Michelangelo Lupo, ha visto infatti coinvolti quasi 70 specialisti tra comitato scientifico, schedatori ed esperti impegnati nell’analisi dei materiali e nelle indagini relative.
In mostra dunque si potranno ammirare importanti reperti archeologici di provenienza egiziana rinvenuti nel territorio veneto (il “tesoretto tolemico” di Montebelluna, la “testa di sfinge” del Museo archeologico di Verona, la “Statuetta di Iside” conservata ad Aquileia, come pure la “testa di sacerdote iliaco” dal Museo Civico di Trieste o la piccola “statuetta bronzea di Anubi”, del I-II secolo d.C., rinvenuta a Costabissara vicino a Vicenza), importanti testimonianze egizie provenienti dal Tesoro di San Marco (come l’”Urna di Artaserse I” o l’”Ampolla degli Arieti” realizzata al Cairo alla fine del X secolo) e si potrà ripercorrere l’immagine di San Marco le sue storie grazie a pezzi memorabili, quali il “reliquiario di San Marco” giunto appositamente dai Musei Vaticani, i dipinti di Lorenzo Veneziano e Jacobello dal Fiore o la straordinaria “Pala Feriale" di Paolo Veneziano, prestata eccezionalmente, e mai prima d’ora, dal Museo Marciano: forse il più importante dipinto dell’intero ‘300 veneziano. Così come viene indagato l’affermarsi del iconografia del Leone marciano, nello stesso periodo in cui il sovrano del Cairo Baybars veniva soprannominato il “leone d’Egitto” e innalzava come insegna araldica proprio un leone. Ecco dunque bolle dogali, monete, il “Capitolare del cottimo di Alessandria”, il “Dinar d’oro di Baybar”, con raffigurato il “suo” felino.
La mostra ci conduce poi lungo la rotta del Levante, tra consoli ambasciatori, mercanti e pellegrini.
L’affresco che ne emerge è affascinante: carte di navigazione, mappe, vedute del Cairo o di Alessandria come quella, eccezionale, “di Georg Braun e Frans Hogenberg”; astrolabi e globi celesti anche di provenienza egiziana per definire le conoscenze geografiche, la visione del mondo, le strumentazioni dell’epoca (bellissimo quello del 1225 prestato dal Museo di Capodimonte); monete veneziane e alessandrine, che consentivano gli scambi, e le conseguenti contraffazioni, un modello di galea di 4 metri, diari e lettere (anche quella in arabo del 10 gennaio 1473 inviata dal sultano mammalucco al doge Niccolò Tron), resoconti di mercanti, relazioni di consoli e ambasciatori incaricati di negoziare il miglior trattamento e la protezione per tutti i sudditi veneti. E poi, tessuti copti originali – di cui dà testimonianza iconografica in mostra anche il Marziale nel dipinto con la “Cena in Emmaus” – frammenti di antichissime ceramiche mammeluche, un tappeto cairota lungo quasi 10 metri prestato dalla Scuola Grande di San Rocco: un pezzo unico al mondo.
Davvero spettacolare la sezione dell’Egitto immaginato, raffigurato, eternato dagli artisti veneti che affrontavano temi “egizi” nel dipingere le storie dell’Antico e del Nuovo Testamento o episodi tratti da fonti classiche.
Scorrono i grandi Maestri come Giorgione, Tiziano, Bonifacio Veronese, Tintoretto, Paolo Fiammingo, Strozzi, Fontebasso, Pittoni, Amigoni, Piazzetta, Giandomenico Tiepolo - con la serie completa di 27 incisioni sulle “Idee pittoresche sopra la Fuga in Egitto” - fino ad arrivare ai pittori ottocenteschi come Molmenti e soprattutto Pietro Paoletti, di cui viene esposta in mostra la grandiosa e appositamente restaurata (come molti altri pezzi) “Morte dei primogeniti d’Egitto”, della Pinacoteca di Brera, lunga quasi 3 metri e caratterizzata da un tale grado di resa filologica dei dettagli archeologici da legittimare l’ipotesi di un suo contatto con l’ambiente di Champollion, il decifratore dei geroglifici.
Ricordiamo anche l’enorme tela di Antonio Zanchi proveniente da Santa Maria del Gigliocon “Abramo che insegna astrologia agli Egiziani”, l’opera di Tintoretto giunta per l’occasione del Museo del Prado – “Giuseppe e la moglie di Putifarre” – così come da Madrid arriva con analogo protagonista una suntuosa tela di Amigoni.
Ancora: il “Mosè alla prova del Fuoco” di Giorgione dagli Uffizi; di magniloquente impatto il Ritrovamento di Mosè di Bonifacio Veronese dalla Pinacoteca di Brera ma anche i due strepitosi Pittoni (pure freschi di restauro) raffigurant “Il passaggio al Mar Rosso” e il “Ritrovamento di Mosè”; oppure una gemma inedita come il Fontebasso, di collezione privata, che raffigura “Mosè che calpesta la corona del Faraone”.
Momenti espostivi successivi riguardano gli “intrecci culturali” con il “Terzo Libro del Serio” che riporta il disegno della piramide di Cheope misurata addirittura dal patriarca di Aquileia Marco Grimani, o i testi di medicina e di botanica egizia di Prospero Alpini di Marostica, che portò notizie intorno a varie piante, tra cui quella del caffè; “ l’editoria” con alcuni assoluti unica qui proposti, come il primo corano stampato in arabo a Venezia nel 1537-38; l’attenzione e la curiosità verso “i geroglifici” (pensiamo al Polifilo, all’Orapollo, al libro di Pierio Valeriano: tutti esposti); il “collezionismo” con le fascinose gemme gnostiche, con iscritte formule magiche, e alcuni bellissimi materiali egizi collezionati dai nobili veneziani (i Grimani, i Nani di San Trovaso, ecc), da pochissimo rintracciati e come tali qui presentati per la prima volta.
Quindi, le grandi avventure della ricerca storico–scientifica ottocentesca: con Giovanni Miani, geologo e naturalista che condusse una campagna di studio sul percorso fluviale del Nilo, e con quella sorta di “Indiana Jones” che fu Giovanni Battista Belzoni.
Di Belzoni - personaggio straordinario, uno dei protagonisti dell’egittologia di cui si ricorda l’impresa del trasporto della gigantesca statua di Ramesse II fino al Nilo, la scoperta del tempio di Abu Simbel, della città di Berenice, della tomba di Seti I nella Valle dei Re e dell’ingresso della piramide di Chefren – troviamo in mostra oltre al ritratto, al passaporto e alle lettere autografe anche la serie completa delle incisioni acquarellate delle sue imprese.
Tra le tante curiosità esposte collegabili a questi due personaggi, emblematici di un nuovo, ulteriore interesse per l’Egitto: dalla straordinaria mummia egiziana di Nehmeket (1069-525 a. C.) conservata a San Lazzero degli Armeni, interamente ricoperta da una reticella realizzata con perline in pasta vitrea di vario colore, restaurate per l’occasione, alla maschera funeraria d’oro della XXVI- XXX dinastia proveniente da Trento; dalla collana di conchiglie del Nilo lunga 86 cm alla Mummia di coccodrillo – incarnazione del Dio Sobek , signore delle acque - recuperata dal Miani in una grotta nei pressi di Asiut e oggi conservata nel Museo di Storia Naturale di Venezia, nella sala a lui dedicata.
Il lungo appassionante percorso si chiude con il vedutista bellunese Ippolito Caffi - 11 bellissimi dipinti e 4 disegni raffiguranti l’Egitto, di eccezionale rilevanza per la poetica raggiunta e per il grado di oggettivazione documentaria e naturalistica – e con il Canale di Suez.
Lo spettacolare dipinto di Alberto Rieger del 1864 preannuncia la definitiva apertura del Mediterraneo all’Oriente (l’inaugurazione del Canale è del 17 novembre 1869), grazie al progetto del trentino Luigi Negrelli e del veneziano Pietro Paleocapa, già autore dei principi interventi alle bocche portuali di Venezia.
Il “canale del Faraone”, che il Senato veneziano aveva già progettato e perorato agli inizi del Cinquecento, diventava finalmente realtà.
Questa mostra racconta di storia, cultura, arte, ma anche di sogni.
VENEZIA EGITTO
Venezia, Palazzo Ducale
1 ottobre 2011 - 22 gennaio 2012
orari
dal 1 novembre al 31 marzo
8.30 - 17.30 (biglietteria 8.30 - 16.30)
Chiuso il 25 dicembre e 1 gennaio
INFORMAZIONI
Tel. ++39 0412715911
Fax ++39 0415285028
Ulteriori informazioni sul sito di Palazzo Ducale
Un evento promosso dal Comune di Venezia, Fondazione Musei Civici di Venezia e Autorità Portuale di Venezia
comitato promotore del quale fanno parte il Patriarcato di Venezia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero degli Affari Esteri, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali,
la Regione del Veneto e la Provincia di Venezia, l’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’Iuav, l’Università degli Studi di Padova e l’Università degli Studi di Verona, e
con l’organizzazione dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e di Villaggio Globale International
Catalogo Skira.
Argomenti:
#arte
,
#egitto
,
#mostra
,
#venezia