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Leggendo “La collina dei conigli” di Richard Adams

L'arte triste e i conigli di Adams

Proseguiamo il discorso sulla “tristezza” nell'arte. Perché c'è?

Di Cricio

Mi sembra interessante un concetto che Richard Adams esprime in “La collina dei conigli” un’ipotesi, che ovviamente non è applicabile a tutti i casi di “arte triste”, ma che mi sembra ne spieghi bene alcune espressioni.

Vediamo un poco cosa è “La collina dei conigli”: una fiaba – romanzo che nasce dai racconti che Adams ha inventato per i suoi figli.

La trama è legata alle avventure di un gruppo di conigli selvatici, che ovviamente parlano “lapino”, e che, stimolati dalle profezie di un giovane coniglio, Quintilio, lasciano la conigliera nativa perché la conigliera è in grave pericolo.
Sono stimolanti sotto molti aspetti le avventure che questi conigli attraversano, ma a noi interessa solo una di queste avventure, proprio all'inizio del romanzo.

I conigli hanno lasciato la loro tana sicura da due giorni, hanno dormito l'ultima notte in una steppaia, che li ha attristiti e impauriti, quando incontrano un gruppo “strano” di loro simili. Conigli ben pasciuti, che profumano di carota, leccornia per i conigli, e che non devono lottare per mangiare e non presentano per quest’animosità un vero gruppo di conigli estranei. Il primo segnale della loro diversità la verifichiamo proprio al primo incontro:

    I due conigli simultaneamente eseguirono uno strano movimento di danza, con la testa e gli zampini anteriori. A parte l'annusata ai nuovi arrivati erano ignoti altri gesti rituali, tranne quelli che costituiscono le formalità del corteggiamento.

La presenza di riti considerati “inutili” da chi è abituato a lottare per la sopravvivenza. In compenso hanno dei tabù: alcuni argomenti li zittiscono e creano tensione.

    I conigli stranieri gli parevano un poco sconcertati, da quel suo discorsetto, e aveva l'impressione di non aver toccato il tasto giusto, felicitandosi per il loro gran numero.

Non possono mai parlare di numero di conigli e rispondere a domande su “dove”. Quando sentono queste parole cambiano discorso e, cosa strana per qualunque animale selvatico che viva in gruppo, non hanno un Coniglio Capo.

    «Ma chi comanda? Chi decide sul da farsi? Per quello che riguarda gli elil, i lavori di scavo, l'invio di esploratori, e cosi via?»
    «Oh, non ce n'è bisogno, qui da noi. Gli elil si tengono alla larga da qui. S'è visto un komba l'inverno scorso, ma l'uomo che viene da di là dei campi, gli ha tirato lui col fucile. »
    «Ma gli uomini non sparano ai kombil » disse Moscardo.
    «Bah! Lui l'ha ucciso, comunque, quel komba. E uccide pure i gufi. Di scavare, non abbiamo bisogno. Nessuno ha mai scavato, da quando sono al mondo io. C'è un bel po' di tane vuote, sai. Da una parte ci abitano dei topi, ma l'uomo li ammazza, anche quelli, quando può. Di mandar a esplorare neanche ci serve. Qui abbiamo cibo migliore che da qualsiasi altra parte. Tu e i tuoi compagni sarete felici di vivere qui.»
    Ma lui, per lui, non pareva particolarmente felice e, di nuovo, Moscardo si sentì stranamente perplesso. «Quand'è che l'uomo ... » cominciò, ma venne interrotto.
    «Io mi chiamo Ribes, e questa è la mia compagna, Nildro-hain. Ci sono ottime tane, sfitte, qui vicino. Te le mostrerò, casomai tu e i tuoi amici vogliate sistemarvici. La tana magna è splendida, non trovi? Non credo siano molte, le conigliere dove tutti i conigli possono tener adunanze sotto terra. Il soffitto è formato da radici e, s'intende, l'albero che c'è sopra impedisce alla pioggia di infiltrarsi. Non si sa come fa a vivere, quell'albero, eppure campa.»
    Moscardo sospettava che tutto quel profluvio di discorsi avesse lo scopo di evitare le sue domande. Un po' si sentiva irritato, un po' confuso.

Ma questo è solo l'inizio delle scoperte di Moscardo.

    «C'è qualcosa però ... delle robe conficcate in questo muro» disse Moscardo. «Ma sì, sassi! Dei sassi conficcati nella parete di terra. Ma a che scopo?»
    «Di', ti piace? » domandò Ribes. Moscardo strologava su quei sassi. Eran piccole pietre dello stesso formato, confitte a intervalli regolari su quella superficie liscia. Non ci raccapezzava fuori niente. «A cosa servono? » domandò ancora.
    «Quello è El-ahrairà» rispose Ribes. «Un coniglio chiamato Laburno l'ha eseguito, diverso tempo fa. Ce n'è altri, qui da noi, ma questo è il migliore. Ammirevole, non trovi?»
    Conigli selvatici che hanno scoperto la scultura?
    Che sentono la necessità di rappresentare il mitico coniglio primigenie “El-ahrairà”: la furbizia per eccellenza?

Ma non c'è solo questo! Sappiamo che ai conigli piace, nei momenti di tranquillo riposo, sentire raccontare qualcosa. In genere sono favole del mitico El-ahrairà, ma per loro non è così:

    «Be', non è che raccontiamo vecchie favole, ecco» disse Primula Gialla. « Le nostre novelle, le nostre poesie, più che altro, trattano della nostra vita quotidiana. Si, certo, quella Forma di Laburno che vi abbiamo mostrato ... è roba vecchia ormai, e superata. El-ahrairà non ci dice più nulla, veramente. » E poi soggiunse, esitando: «Non che non sia graziosa, la novella che abbiamo ascoltato poco fa».

Loro hanno il Poeta, eccolo:

    ...Si stupì, quando s'accorse che Cinquefoglie era un giovinastro. Nella conigliera di Sandleford, donde venivano, a nessun coniglio di quell'età sarebbe stato chiesto di raccontare una novella, tranne magari che fra pochi amici. Aveva un'aria selvaggia e spiritata, i suoi orecchi erano scossi da un tremito continuo. Quando cominciò a declamare, pareva via via farsi più estraneo all'uditorio e girava la testa da una parte, come se ascoltasse qualche suono udibile a lui solo, proveniente dal cunicolo d'ingresso, alle sue spalle. E tuttavia la sua voce ritmata aveva un non so ché d'affascinante, come i giochi di luce e di vento su un prato.

Quindi una vita che dovrebbe essere superba: nessun problema per il cibo, “l'uomo” scarica cibo in abbondanza in un prato vicino; nessun pericolo perché “l'uomo” ammazza gli animali che potrebbero predarli, ma perché Moscardo dice “Hanno un'aria davvero malinconica.

Da cosa viene questa malinconia?

Moscardo e i suoi amici lo scopriranno presto: vicino alla conigliera “l'uomo” mette delle trappole che catturano qualche coniglio ogni tanto; con questo i conigli scambiano la loro libertà e per vivere “bene”.

Da questa immanenza di morte, ineluttabile, esce la melanconia e la loro arte triste.

Credo che anche per molti artisti, specialmente i poeti ,la melanconia venga da un’incapacità o non voglia di reagire ai fatti negativi della vita. Mi sembra che spesso sia un crogiolarsi nel dolore, un fatto che non ritengo positivo, se usato per abitudine.

Chiudo con le parole di Adams messe in bocca a Quintilio che descrive questa forma di arte.

    Escogitarono altre forme artistiche, che pigliassero il posto delle vecchie novelle. Impararono a danzare, ritualmente. Impararono a cantare come uccelli, a formare figure sul muro. E benché tutto ciò non servisse proprio a niente, li aiutava a passare il tempo, li esaltava, dava loro l'illusione di esser grandi, magnifici, il fior fiore della Coniglità, più bravi delle gazze.
    Non avevano un Gran Coniglio - e a che gli serviva? - poiché un Coniglio Capo dev'essere l'El-ahrairà d'una colonia, e scamparla dai pericoli, dalla morte.
    E lì c'era soltanto un pericolo mortale. Ma quale Gran Coniglio poteva porvi riparo?
    Invece, Frits inviava loro strani cantanti, poeti, bellissimi e malati come galle di quercia, come bacche velenose. E poiché non potevano sopportare la verità, questi cantori, questi vati, che altrove avrebbero diffuso la saggezza, lì, oppressi dal terribile segreto di quella conigliera, vomitavano invece follia - una follia eloquente - predicando dignità e rassegnazione ... insomma, tutto ciò che potesse far credere che in fondo i conigli l'amavano, quel laccio di lucente fildiferro. Però tutti obbedivano a una norma severa. Oh, severissima. Nessuno mai doveva chiedere ai compagni dove fosse questo o quel coniglio. Chiunque domandasse "dov'è" - tranne che in un poema o una canzone - andava fatto tacere. Se pronunciare la parola "dov'è" era proibito, proibitissimo - intollerabile era parlare di fildiferro, di laccio. Allora ti saltavano addosso, ti ammazzavano.»

    ...

    Se un coniglio resta preso, è un pericolo in meno per gli altri. La loro morte è rinviata

Da qui nasce la loro arte triste: un destino segnato cui non sanno ribellarsi e porre rimedio.


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