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Nuove statistiche dell'Istat per lo studio della disoccupazione

Anno 2010: disoccupati, inattivi, sottoccupati

Circa 1,2 milioni di unità senza lavoro sono convinti di non potere trovare un impiego.

Di G.G.

L'Istat ha oggi pubblicato per la prima volta, in accordo con l’Eurostat, alcuni indicatori complementari al classico tasso di disoccupazione, che è rilasciato mensilmente. Anche questi indicatori sono calcolati sulla base dell’indagine sulle forze di lavoro che fino ad oggi aveva ripartito la popolazione residente in tre gruppi esaustivi e mutualmente esclusivi (occupati, disoccupati, inattivi).

La complessa realtà del mercato del lavoro ha imposto di indagare altri segmenti oltre i tradizionali e ora si aggiungono:
    − gli individui che non cercano attivamente un lavoro, ma sono disponibili a lavorare;
    − le persone che cercano lavoro ma non sono subito disponibili; - i sottoccupati part-time.

La somma dei due primi segmenti rappresenta le cosiddette “forze di lavoro potenziali”.
  • Nel 2010 gli inattivi che non cercano un impiego ma sono disponibili a lavorare sono pari a 2 milioni 764 mila unità (1 milione 64 mila uomini e 1 milione 700 mila donne). Questo gruppo di inattivi è pari all’11,1% delle forze di lavoro. Il fenomeno, fortemente caratterizzato dallo scoraggiamento, risulta tre volte più elevato della media europea (3,5%). Si tratta, quindi, di un aggregato più ampio di quello rappresentato dai disoccupati in senso stretto (nel 2010, 2 milioni 102 mila unità), corrispondente ad un tasso di disoccupazione dell’8,4% delle forze di lavoro, più contenuto di quello europeo (9,6%)
  • Gli inattivi che cercano un impiego ma non sono disponibili a lavorare nel 2010 sono 126 mila unità (55 mila uomini e 71 mila donne). Si tratta dello 0,5% delle forze di lavoro (l’1% nell’UE).
  • Sommando le forze di lavoro potenziali ai disoccupati si ottengono le persone potenzialmente impiegabili nel processo produttivo: nella media del 2010 si tratta di circa 5 milioni di unità.
  • I sottoccupati part-time sono pari a 434 mila unità, l’1,7% del totale delle forze di lavoro (lo stesso denominatore utilizzato nel calcolo del tasso di disoccupazione). Nell’UE l’incidenza è pari a 3,6%.
  • La percentuale degli inattivi che non cercano lavoro, ma sono disponibili a lavorare è passata dall’8,9% del 2004 all’11,1% del 2010. In tale periodo stabili risultano sia i sottoccupati part-time, sia coloro che cercano lavoro ma non sono subito disponibili.
  • Il 42% (circa 1,2 milioni di unità) degli individui classificati tra gli inattivi che non cercano lavoro, ma sono disponibili è convinto di non potere trovare un impiego perché scoraggiato.

La tabella sottostante chiarisce bene la consistenza del fenomeno che porta ad una valutazione della disoccupazione complessiva più che doppia di quella che siamo abituati a considerare.

Questa è sicuramente una novità sgradita, che aggiunge preoccupazioni ad una realtà già molto pesante.

È possibile il confronto con gli altri stati della UE usando i dati forniti dall'Eurostat.

La tabella sopra riportata mostra chiaramente che il fenomeno delle “forze di lavoro potenziali”, con queste dimensioni, è praticamente solo italiano, anche se è consistente pure in Germania, Spagna e Regno Unito.

Il fenomeno della sottooccupazione per l'Italia è invece marginale, forse perché il part-time in Italia è meno diffuso.

La tabella sottostante ci aiuta a comprendere meglio il fenomeno e a rispondere ad alcune domande che sicuramente i lettori si stanno facendo.

Il fenomeno degli “scoraggiati”, che non cercano lavoro, lo scopriamo oggi nelle statistiche, ma non è nuovo. Nel 2004 era pari al 19,9% delle forze di lavoro e nel 2010 è passato al 23,8%. L'incremento si è verificato ovviamente in modo massiccio dopo l'inizio della crisi.
Come ci si poteva attendere, è un fenomeno che riguarda essenzialmente le donne, anche se la crisi ha fatto crescere principalmente la consistenza dei maschi, passati dal 4,6% nel 2004 al 7,2% nel 2010.

È pure scontato che il fenomeno sia particolarmente presente al sud, dove l'occupazione è più bassa e che il fenomeno riguardi sopratutto persone senza titolo superiore, anche se la presenza di diplomati e laureati (rispettivamente 8,4% e 4,8% nel 2010) è certamente preoccupante.

Vediamo ancora che gli “scoraggiati” sono in buona parte giovanissimi (15-24 anni) ed è proprio questa classe di età che ha visto la crescita nel tempo passando dal 21,6% al 30,9%.

Quali sono le motivazioni per questo scoraggiamento? L'Istat ha messo in grafico i risultati dell'indagine.


A fronte di motivazioni che possiamo ritenere ovvie come: la cura dei familiari (essenzialmente femminile per questa causa), lo studio, i problemi di salute, inoltre troviamo un dato che l'Istat non approfondisce e che ci lascia decisamente perplessi: il 24,8 dei maschi e il 12% delle femmine non cerca lavoro perché è in attesa del risultato di azioni intraprese nel passato. Cioè dopo aver fatto un concorso o un colloquio si fermano e non cercano lavoro fiduciosi dell'esito dell'azione fatta. Possiamo dire che ci sembrano degli ingenui?

Noi ci fermiamo su questi rilievi. L'analisi dell'Istat prosegue ad indagare altri fenomeni, come quello degli “Inattivi che cercano lavoro, ma non sono disponibili” e dei “Sottoccupati part-time”, ma questi fenomeni sono più contenuti e rimandiamo, chi fosse interessato, a quanto pubblicato dall'Istat.

Argomenti:   #disoccupazione ,        #inattivi ,        #istat ,        #scoraggiati ,        #sottooccupati



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