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Qualche pensiero sulla Manovra del 5 dicembre 2011

Sinteticamente analizzati: pensioni, sistema degli investimenti, smantellamento degli apparti politici nelle Province, evasione fiscale, patrimoniale, misure per le imprese

Di Giovanni Gelmini

Repubblica, sul suo sito, ha aperto un sondaggio di gradimento della manovra approvata ieri dal Governo Monti. Chiedere agli italiani se la manovra piace ci vuole certamente un bel coraggio, è come chiedere ad un malato con un arto in cancrena se è contento che domani gli amputeranno la gamba. Eppure il 29% ha riposto “SI” e solo il 38% ha risposto “NO” (il 33% non sa è si astiene da commento). Credo che questo indichi alla fine che c'è fiducia che questi sacrifici richiesti possano essere risolutivi per una situazione che il Governo Berlusconi non è stato capace di affrontare, che ha trascinato con provvedimenti mal fatti e che ha portato la cancrena al sistema Italia

Ecco che Monti l'ha chiamata “Manovra salva Italia” e con questa ottica la dobbiamo leggere. Nella premessa ha detto chiaramente che il mandato che ha ricevuto è quello di sistemare le cose che non vanno e così ha fatto, ma che questo è il primo passo per la messa in sicurezza dell'Italia e dell'Europa. È evidente che la cura fa male e va a toccare aspettative che erano sembrate intoccabili.

Il provvedimento appare durissimo sul lato delle pensioni, ma è quello che si sarebbe dovuto fare molto tempo fa, perché è proprio quel maledetto sistema “retributivo”, figlio dell'autunno caldo del '69, che crea tanti problemi. Da quello che si può capire tutte le pensioni saranno trattate nello stesso modo e questo è un passo importante perché potrebbe portare anche allo scioglimento di tutte le “casse previdenziali” in cui è suddivisa la gestione dell'INPS, con evidente semplificazione e riduzione costi di gestione (N.d.R. spariscono tanti consigli d’amministrazione inutili!).

Con questo provvedimento è stata spazzata l'ultima illusione del '68: quella d’avere ciò che non si è pagato. Il sistema retributivo poneva a carico dello Stato il mantenimento del livello retributivo. Si tratta quindi di un provvedimento giusto, anche se fortemente impopolare. A questo si aggiunge il blocco delle pensioni, con esclusione di quelle più basse; una parte ha sicuramente un effetto recessivo, ma credo che sia, almeno in parte, compensata dai provvedimenti per il rilancio. Vediamo i più significativi.

La prima cosa che ho rilevato è la revisione del sistema degli investimenti strutturali. Da sempre il nostro sistema di fare investimenti è rallentato da innumerevoli ricorsi al TAR e passaggi autorizzativi, che lo rendono poco efficiente, specialmente per le infrastrutture e la carenza infrastrutturale è uno dei punti che rendono le imprese italiane poco competitive. Oggi per fare una semplicissima rotonda ad un incrocio di strade ci vogliono anni; per un'opera più complessa decenni (N.d.R. Vedi in Lombardia Pedemontana e Brebemi che sono “in cantiere” dal 1995-1996 e ancora ci vorranno anni prima che entrino in servizio!). Sbloccare le opere già finanziate e i cantieri bloccati, vuol dire, nella realtà, far ripartire gli investimenti e questa è una fortissima azione per la ripresa, perché crea indotto, posti di lavoro e ulteriori investimenti, anche se quello previsto nella manovra non risolve tutti i problemi, ma sblocca solo la parte burocratica legata al CIPE.

Da tanto tempo si parla di eliminare le Province, considerate inutili. Contro questa idea mi sono sempre battuto perché le Province sono il miglior braccio operativo per il territorio, ma ridurre l'apparato politico è sicuramente un fatto molto positivo. Secondo quanto affermato dall'UPI, nella conferenza stampa dopo l'incontro con Monti, il costo della politica nelle Province è di 35 milioni di lire, ma questo è solo quello che emerge, perché c'è sicuramente il sommerso dovuto a incarichi e delle, sembra inevitabili, tangenti. Qualcosa del genere si dovrebbe applicare anche alle Regioni che certamente sono un centro di finanziamento della politica ben più importante.

L'altro nodo pesante, l'evasione fiscale, è affrontato, a mio avviso, in modo da non creare troppe rotture, ma nello steso tempo di iniziare a generare un’abitudine alla correttezza. Parlo del limite di 1.000 € per l'uso dei contanti.
Con questo limite le transazioni tra clienti e professionisti e artigiani possono ancora viaggiare essenzialmente in nero, il limite rende però difficile per chi incassa in nero spendere i soldi così “guadagnati”. Il limite posto dovrebbe anche rendere più complicata la vita della criminalità organizzata e ricordiamoci che tutto il “nero” si lega in modo diretto o indiretto all'attività fuori legge.

Per rendere più efficace il lavoro del fisco, Monti ha parlato di provvedimenti positivi per le aziende che siano “trasparenti”. Bisonga capire di cosa si tratta, ma anche questo può ridurre l'ambito dell'evasione fiscale. In effetti da alcuni anni gli adempimenti per le aziende sono divenuti pesanti e con richieste ripetitive; una semplificazione delle procedure porterebbe certo vantaggi per tutti, oltre alla desiderata “trasparenza”.

Per il capitolo “patrimoniale”, chiesto a gran voce dalle forze di sinistra e osteggiato fortemente dalla destra, Monti ha tenuto la barra al centro ed ha introdotto una tassazione minima: l'imposta di bollo su tutte le operazioni finanziarie, una tassa sul lusso e l'anticipo dell'IMU. Poche cose, ma forse di più non lo si poteva fare. Importante invece è il cambiamento di rotta sulla Tobin tax, la tassa sulle transazioni in valuta, ora l'Italia dice “si” e si allinea a quella di altri paesi dell'Europa e così si spera sia messo finalmente un freno agli speculatori, quelli che effettivamente hanno la colpa di quello che stiamo vivendo.

Positive sono invece le valutazioni per gli interventi verso le imprese, in particolare una parziale detassazione del lavoro attraverso una detraibilità dell'IRAP.

Nel complesso il provvedimento affronta in piccola parte i nodi che frenano lo sviluppo, ma è un inizio e Monti ha annunciato che il lavoro proseguirà.

Da affrontare c'è la revisione del mercato del lavoro. Le attuali leggi sono una delle cause del nanismo delle imprese: infatti se si superano i 15 addetti si perdono moltissimi vantaggi (quelli degli “artigiani” innanzi tutto) e sopra i 50 addetti i problemi diventano ancora più pesanti. Così il ricorso alle “partite iva” diventa opportuno. Per questo passaggio Monti ha detto che procederà attraverso “le consultazioni” e non con il sistema della concertazione che, in parte, ha portato a quelle aree di privilegio che ora si devono smantellare faticosamente.

Sullo sviluppo e sui tagli alla spesa vi saranno altri provvedimenti, realizzati con più calma e con un confronto approfondito con tutte le parti interessate, come ha sottolineato Monti. Questo provvedimento è stato fatto in pochi giorni solo per mettere in sicurezza l'Italia e l'Europa dalla speculazione. Quindi dobbiamo sperare che i prossimi, che non dovrebbero contenere nuove tasse, possano ridare la speranza agli italiani, ma riteniamo demagogico e inutile sollevare polveroni ora, come stanno facendo ai sindacati e alcune parti della sinistra e sella destra.

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