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Considerazioni sulla società del XXI secolo

Internet ha cambiato la società. I fatti lo dimostrano


Di Giovanni Gelmini

C'è chi ha osteggiato internet come un elemento d’incultura e di corruzione e magari ancora oggi lo guarda con grande sospetto, ma ogni giorno appare quanto il ruolo d’internet sia sempre più importante nella comunicazione che coinvolge il mondo. Si afferma che un movimento, che sta rivoluzionando il mondo del Mediterraneo con la “Primavera araba”, sia figlio d’internet, così come i movimenti degli “Indignados”, del “Popolo viola”, di “Se non ora quando”.

La comunicazione interpersonale con internet ha fatto un balzo in avanti. Sono stati aboliti limiti storici quali: la distanza, l'età e la classe sociale. Le persone si incontrano con facilità attraverso i mezzi messi a disposizione dalla tecnologia del web: blog, chat, forum e i più recenti social-network; internet non è solo intrattenimento.

Le idee, le filosofie di vita, le opinioni si incontrano e si confrontano, anche in modo inconscio, e da questo viene non solo un arricchimento dell'esperienza personale, ma anche nuovi stimoli e una nuova coscienza.

Questa è “globalizzazione” della società.

I poteri hanno sempre cercato di controllare i cambiamenti della coscienza sociale, perché ogni cambiamento li indebolisce e porta alla ribalta nuovi poteri, ma controllare internet è molto difficile: non è solo perché è globale, ma anche perché è formata da miliardi di punti attivi che producono ogni giorno una quantità enorme di messaggi lanciati nel mondo del virtuale, segnali d’opinione, sentimenti e testimonianze che possono essere raggiunti in modo immediato da chiunque e da qualunque punto del globo. I messaggi poi possono facilmente essere duplicati e inviati ad amici; chi volesse bloccarli si troverebbe di fronte alle stesse difficoltà incontrate dalla donna romana invitata da San Filippo Neri a raccogliere le piume sparse al vento poco prima: impossibile!

Così cambiano tutti i meccanismi della comunicazione.
Seppure imprecisa, insicura e sintetica, la comunicazione tramite internet raggiunge tutti gli utenti ed è permanente; a differenza della carta stampata e della TV, i messaggi possono essere letti anche a distanza d’anni e i motori rendono facile il loro reperimento.
A differenza della carta stampata e della TV, in internet è anche facile il confronto e l'informazione diretta di chi “è testimone” così, nonostante una minor professionalità di che mette in circolazione le notizie e quindi, in teoria, una minor affidabilità, le bugie sono subito smascherate. Tutto ciò è ben più difficile con i sistemi di comunicazione di massa tradizionali e diventa ben più difficile rilevare e rendere esplicita la manipolazione della notizia alla gente.

La recente alluvione di Barcellona Pozzo di Gotto, che, grazie alla presenza sul luogo di Francesca Bisbano, abbiamo potuto seguire in modo diretto, è un esempio lampante dei grandi limiti della comunicazione di massa realizzata dai ben più costosi e seguiti telegiornali, ritenuti da molti unica fonte di notizie vere.

Internet era zeppo di notizie e di immagini del disastro e i TG ignoravano bellamente il disastro. Qualcuno ha messo solo qualche scritta scorrevole a piè del quadro dell'immagine.
Il confronto con la comunicazione del disastro, che pochi giorni prima aveva colpito Genova e prima ancora le Cinque terre e la Lunigiana, è stato terribile. Internet si è riempito, oltre che delle notizie del disastro, anche di lamentele e insulti all'indirizzo della RAI in particolare: il silenzio è stato ritenuto un modo per sminuire il Sud, un comportamento razzista.

Non credo che questo sia il motivo del silenzio, piuttosto la conseguenza di un’incapacità di reagire di fronte alle necessità.

Per i TG una notizia deve essere accompagnata da un servizio televisivo e da una giornalista (chissà perché sono sempre donne?) che vada a intervistare e fare domande. Non importa che le domande siano sceme come: “Piccolo come ti senti ad aver perso tua madre?” “Hai pianto?” “Sai che adesso sei orfano?” Ma le troup sparse sul territorio sono poche e i tantissimi giornalisti sono in sede e non in giro per l'Italia. É così che le notizie TV non coprono la realtà dell'Italia, anche se sono corroborate da interessanti opinioni dei soliti opinion leader, che spesso parlano a vanvera e non conoscono gli argomenti se non per sentito dire, ma sono certamente personaggi conosciuti dagli spettatori; magari sono squalificati direttori di giornali, sospesi dall'Ordine dei Giornalisti per comportamenti squallidi nella professione. Non importa, i TG li fanno diventare attendibili e chi li ascolta crede in loro e riporta il loro detto come oro colato.

Qualcosa sta cambiando e il Censis nel suo “Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2011” dà indicazioni interessanti in “comunicazione e media”.

Se la TV ha ancora il predominio della comunicazione, la carta stampata sta perdendo lettori: i quotidiani perdono il 7%, mentre i settimanali mantengono le posizioni grazie alla vendita di prodotti allegati (libri, CD, DVD e gadget vari).
Il Censis afferma “Stabile la lettura delle testate giornalistiche on line (+0,5%, con un’utenza del 18,2%), che però non si possono più considerare le versioni esclusive del giornalismo sul web, perché i diversi portali d’informazione on-line contano oggi un’utenza pari al 36,6% degli italiani ”; 36% di utenza vi sembra poco?

Se l'utenza dei TG è ancora elevata, il Censis ci dice che tra i giovani scende al 69,2%, molto vicina a i “motori di ricerca” (65,7%) e come si diceva è proprio la presenza dei motori di ricerca che permette ad internet di dare un’informazione più tempestiva, molteplice e confrontabile. Questa è una bella indicazione per capire che il predominio della TV è destinato a ridursi drasticamente nei prossimi anni.

Un ulteriore segnale dell'obsolescenza del sistema di comunicazione TV è dato da quello che si potrebbe credere il suo punto di forza: i Talck-show politci.

Ecco cosa scrive il Censis:
    Quando va in onda un talk show politico, davanti alla televisione si siede il 49,8% degli italiani. L’altra metà (esattamente il 50,2%) cambia canale o spegne il televisore. L’utente tipo dei talk show politici è di sesso maschile (52,9%), ultrasessantacinquenne (56,7%), residente in un Comune di medio-grandi dimensioni (57,1%), del Centro Italia (60,2%). Il livello d’istruzione non sembra una discriminante fortemente significativa, in questo caso: tra i meno scolarizzati prevalgono i no con il 51,5% delle risposte, mentre tra i più istruiti s’impongono i sì con il 51,3%. Quasi il 70% dei giovani tra i 14 e i 29 anni non li segue affatto.
Una recentissima indagine svolta dall'Osservatorio di Demos-Coop conferma quanto rilevato dal Censis e aggiunge che oggi il 40,4% degli intervistati ritiene che in internet l'informazione sia libera (erano il 34,7% nel 2009), solo il 21,2 vota per la TV e il 17,8 per i quotidiani. (vedi le tabelle dell'Osservatorio di Demos-Coop ).

Insomma la TV è destinata, in pochi anni, a perdere la leadership come mezzo di comunicazione per l'informazione e si spera sparisca anche quella classe politica che l'ha fatta a sua immagine, cioè il “nulla sotto il vestito”.

Argomenti:   #censura ,        #comunicazione ,        #internet ,        #libertà ,        #libertà di stampa ,        #opinione ,        #società ,        #stampa ,        #tv



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