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Guardiamo oltre i nostri confini

Cosa succede nel mediterraneo del sud

Il quadro geopolitico è cambiato e Israele è nell'angolo. La situazione è molto pericolosa

Di Giovanni Gelmini

Il clamore delle vicende interne dell'Italia e dell'Europa ci ha fatto trascurare importanti eventi successi nel vicino mediterraneo, che possono avere pesanti ripercussioni sul nostro futuro.

Il fatto recente è il risultato della prima parte delle elezioni in Egitto. Il vincitore è il Partito di Libertà e Giustizia (ossia i Fratelli mussulmani) che ha ottenuto oltre il 40%, seguito dal raggruppamento Al-Nour il 20%, che rappresenta l'ala mussulmana intransigente (Salafiti) e il Partito Al-Wasat (Movimento Islamico), con circa il 6%. Sembra evidente che, forse per reazione al regime laico dei militari, anche gli egiziani si affidino a forze politiche che si rifanno ai principi della religione islamica. Se tutti questi gruppi formassero un fronte unico, con il 66% dei consensi, comanderebbero senza problemi, ma questa è solo un’ipotesi numerica.

I concetti che separano i salafiti dai Fratelli musulmani sono notevoli. I primi si rifanno al modello di Stato dell'Iran, vogliono che la shaira sia la legge da applicare e hanno una visione del corano rigida: solo da leggere e non da interpretare. I fratelli mussulmani invece hanno una visione più moderata: il corano è da interpretare e il modello di stato potrebbe essere quello turco. La loro posizione, più tollerante, è certamente più adatta ad uno Stato fatto essenzialmente da giovani abituati al modello occidentale. I rapporti con l'Europa per l'Egitto sono fondamentali. Un’applicazione rigida come chiedono i salafiti (N.d.R. Tanto per chiarire: niente bikini sulle spiagge, niente minigonne, niente uso di alcool, ecc...) impedirebbe l'attività turistica, che è la principale fonte economica dell'Egitto, e ridurrebbe la popolazione in una povertà maggiore dell'attuale: è improbabile che sia accettata.

C'è però una cosa che unisce tutti i movimenti emersi nella “primavera araba”: la fortissima e decisa opposizione allo stato di Israele; questo rappresenta anche la sensibilità delle popolazioni arabe del mediterraneo, indipendentemente dal fatto che i regimi che li hanno governati abbiano intrattenuto buoni rapporti con Gerusalemme o addirittura abbiano siglato un importante trattato di pace, come ha fatto l'Egitto.

Forse noi leghiamo questo atteggiamento ai comportamenti che Israele ha verso il problema palestinese, ma c'è molto di più: la destra israeliana ha anche lei una visione dello Stato comandato dalla religione: quella ebraica. Nel concetto della destra al potere, solo gli ebrei hanno diritto di cittadinanza completa, gli arabi no. È evidente che con questa impostazione è impossibile la convivenza pacifica.

Israele ora si trova isolata; con i regimi, che precedentemente erano al potere negli Stati vicini, aveva instaurato dei rapporti consolidati, ora si trova a dover ricostruire tutto: ha perso l'alleato turco e quello egiziano probabilmente diventerà ostile, gli Stati Uniti non hanno più quella forza per sostenerlo e l'Europa, ora tutta presa a salvare l'Euro, si era già allontanata.

lo Stato Palestinese, che ha già ottenuto il riconoscimento dell'UNESCO, ha chiesto il riconoscimento dell'ONU, che metterebbe Israele con le spalle al muro. La stragrande maggioranza degli Stati presenti nell'assemblea dell'ONU sono favorevoli, ma a questo si oppongono per necessità gli USA, che useranno il diritto di veto per bloccare un'eventuale decisione del Consiglio di Sicurezza; lo stato di fatto però è che quasi tutto il mondo ha già riconosciuto lo Stato Palestinese e questa sarà un'azione non positiva per il prestigio degli Stati Uniti.

Su tutto questo si aggiunge la quasi certezza che l'Iran, il nemico numero uno per Israele, avrà tra poco la disponibilità di un ordigno nucleare. Come un animale che non vede la via di fuga e si difende con tutte le forze con l'attacco, anche Israele, se non vede la via per la pace, può spingersi verso una guerra disastrosa.

A fine novembre c'è stato l'incidente della centrale nucleare iraniana di Isfahan, che ha sollevato dubbi sulla estraneità ai fatti del Mossad, il servizio di spionaggio israeliano che già ha realizzato molti interventi di questo tipo. Il rischio di una guerra nel sud mediterraneo non è quindi da escludere e l'Europa, con le sue fortissime preoccupazioni finanziarie, si trova in una situazione di stallo, quasi impotente a pensare ad una strategia comune per evitarla.
Questa è un’ulteriore prova della fragilità della Unione Europea, dove gli egoismi nazionali dei politici hanno impedito la costruzione di una vera comunità.

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