L'ultimo anno è stato sicuramente il peggiore per l'Italia tra quelli che posso ricordare. Forse ci sono stati anni in cui si viveva peggio, sicuramente alla fine degli anni '40, ma quello che ha caratterizzato il 2011 è la mancanza di speranza e la mancanza di fiducia nella classe politica.
Berlusconi e Tremonti hanno continuato ad affermare che tutto andava bene, che noi eravamo i migliori e ad ogni manovra ci raccontavano che con quella tutto era a posto e che l'Europa era soddisfatta. Balle, solo balle; ci hanno riempito d’imposture per mascherare la loro incapacità a governare. Le riforme promesse si sono rivelate indirizzate solo verso la “liberalizzazione della corruzione” e per poter compiere reati senza essere puniti.
Il risultato è che oggi l'Italia è una quasi Repubblica basata sull'evasione fiscale, sulla corruzione e sulla criminalità. Non possiamo meravigliarci se le imprese vanno via dall'Italia e così la disoccupazione aumenta e il futuro diventa sempre più nero.
Monti si è trovato ad affrontare una situazione incredibilmente difficile, con una massa di provvedimenti presi, ma incongruenti con la realtà, perché hanno gravato sulle tasche degli italiani senza produrre né diminuzione della spesa pubblica, né maggiore efficienza, né aumento degli investimenti, né contrasto ad evasione, corruzione e criminalità.
La sua manovra è sicuramente non equa, ma era possibile farne un'altra in poche settimane che fosse credibile? Penso proprio di no e i risultati si sono già misurati con l'asta dei Titoli di Stato, tenuta il 28 dicembre, in cui i tassi d’interesse sono tornati a livelli ragionevoli.
Una delle critiche più forti alla manovra è che non”si vedono provvedimenti contro l'evasione”, ma è solo una mancanza apparente: l'obbligo per le Banche di inviare tutti i movimenti al fisco e il limite d’utilizzo del contante a 1.000€ per i pagamenti riduce di gran lunga la possibilità di fare operazioni “in nero”. Il risultato è stato immediato: lo spostamento dei capitali all'estero è tornato ad essere appetibile.
Ora ci saranno varie fasi per la ristrutturazione del sistema, assolutamente necessaria se si vuole aumentare la competitività dell'Italia, e per il rilancio dell'economia, ma non pensiamo che i sacrifici siano finiti. Ancora i prossimi provvedimenti creeranno disagi diffusi, perché andranno a togliere tanti vantaggi che ognuno di noi ha, ma sono semplificazioni necessarie per avere chiarezza e per cancellare privilegi iniqui.
Bisogna stare molto attenti agli slogan lanciati dai gruppi di potere; un bell'esempio è quello dell'IMU: “Tassare la prima casa è una cosa inaccettabile”, ma siamo sicuri che la casettina “normale” di un qualunque lavoratore sia veramente tassata in modo esagerato? Per superare i 200€ della detrazione “prima casa”, occorre una casa di medie dimensioni o collocata in zone preziose come il centro delle grandi Città. Una casa civile di medie dimensioni, arriva al massimo a pagare un centinaio di euro l’anno; chi pagherà invece tanto sarà chi ha case e ville di lusso (N.d.R. chissà perché mi vengono in mente le ville diArcore e quelle della Sardegna?).
Uno dei vincoli peggiori al nostro sistema economico attuale è il mercato del lavoro. Le “liberalizzazioni” introdotte da Berlusconi hanno portato ad un uso indiscriminato del lavoro precario, non per necessità, ma per il minor costo e la maggior flessibilità. Prodi aveva intenzione di elevare il costo del lavoro precario per fare in modo che fosse usato solo dove era necessaria la flessibilità (la flessibilità deve avere un costo!!!), ma l'hanno fatto cadere prima che potesse intervenire.
Quest’abuso porta a effetti negativi: una svalutazione del capitale umano delle imprese, che a fronte di esigenze particolari, non hanno più personale capace, insicurezza dei lavoratori sul futuro e minor accantonamento per la pensione.
Il Ministro Fornero sembra decisa a far cessare questa situazione ed è un bene, ma lo scontro si è già annunciato duro. Il problema “Articolo 18” credo sia stato volutamente gonfiato. L'articolo 18 non può essere un tabù. Fermo il principio che un licenziamento deve essere per “giusta causa”, vi sono troppi errori in quell'articolo e nella sua applicazione; ne elenco alcuni: il contenzioso dura troppo e nel caso di condanna dell'azienda, oltre agli stipendi arretrati, l'impresa si trova a dover pagare fortissime multe da parte dell'INPS per omessa denuncia degli stipendi stessi; l'applicazione dell'Articolo18 è solo su una parte di lavoratori, solo quelli “dipendenti a tempo indeterminato” e, in teoria, nelle imprese sopra i 10 addetti (il 49% del totale dei lavoratori nel 2001 e da allora l'incidenza dei lavoratori dipendenti è fortemente diminuita), ma nella realtà solo nelle imprese molto grandi, almeno sopra i 50 addetti (31% del totale dei lavoratori nel 2001), perché, al di sotto, di tale soglia il lavoratore preferisce chiudere la posizione con una transazione economica, in quanto il reintegro creerebbe comunque una situazione insostenibile per tutti.
I maligni dicono che l'Articolo 18 protegge solo i sindacalisti e forse è vero.
Ora attendiamoci le nuove manovre e speriamo che, se le cose tornano tranquille, sia possibile correggere alcune operazioni inique fatte nelle varie manovre, prima tra tutti riportare l'età della pensione di vecchiaia a 65 anni superando le imposizioni dei tedeschi e ridurre le tasse sui redditi bassi e medi.
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