Ormai tutti lo sanno che, per evitare la bancarotta dello Stato, le tasse non sono sufficienti: sono come i sacchi di sabbia posti sull'argine di un fiume in piena: possono rallentare l'alluvione, evitarla se dura poco, ma per mettere in sicurezza il territorio si deve regolamentare il flusso dell'acqua nel fiume con opere consistenti e non con rappezzi. Così, anche per il salvataggio dell'Italia, non basta il rappezzo di nuove tasse, si devono realizzare opere consistenti per rilanciare l'economia.
Da molti anni il debito pubblico (i titoli di Stato per intenderci) è stato usato per gonfiare le spese correnti, mentre la teoria economica lo ammette correttamente solo per finanziare gli investimenti di lungo periodo, ma questa classe politica non apprezza gli investimenti perché portano pochi voti, mentre il clientelismo rende soddisfatti gli elettori. Il ragionamento è: vi diamo posti di lavoro inutili, ma ben retribuiti, vi diamo leggi che vi permettono di fare quello che volete, cosa volete di più!
Troppe sono evidentemente le colpe della politica, che ci ha portato in questa situazione, non dimentichiamolo, e la gente è arrabbiata con questi intoccabili signori; così si discute sul costo della politica, sugli stipendi che ricevono gli eletti e sui loro benefit, ma se fosse solo questo il costo che dobbiamo sopportare sarebbe accettabile; purtroppo il costo della politica è nelle cose nascoste e difficilmente misurabili.
Il costo aggiuntivo più evidente è la loro incapacità ad agire al di fuori di uno schema che li vede in una continua campagna elettorale. Per prendere provvedimenti seri hanno dovuto ricorrere ai “professori”, loro non sono capaci d’essere concreti. A questo costo dobbiamo ascrivere l'insufficiente azione contro l'immensa evasione fiscale.
Il secondo, ma non secondo per dimensione, è il mettere gli “amici” nei consigli di amministrazione, farli assumere da società e affidare incarichi di consulenza ben retribuiti. Questo produce parecchi effetti negativi, che vanno ben oltre i compensi percepiti da questi signori.
Li possiamo così riassumere: il danno apportato da persone incompetenti alle attività a cui vengono preposti e il mantenimento in vita di carrozzoni, spesso in perdita, che invece potrebbero essere utilmente ceduti ai privati riducendo il debito pubblico e fornendo risorse per gli investimenti.
Infine abbiamo la corruzione, che, nella sua forma estrema, porta anche la politica ad essere connivente con la criminalità organizzata. Questo è il costo più grosso che la politica ci fa pagare perché equivale a: spreco di soldi nostri, minore o assenza di efficienza della spesa (spese inutili come il Ponte di Messina), diminuzione della competitività del sistema, scarsa affidabilità dello Stato.
Questi tre sono i veri costi della politica e sono quelli che ci mettono in ginocchio.
Possiamo pensare che questa classe politica sia in grado di modificare la situazione?
Non credo che questa classe politica sia in grado di cambiare se stessa; solo l'elettorato potrebbe farlo farlo se lasciasse a casa le persone indegne, ma questa classe, se volesse, potrebbe aiutare il cambiamento restituendo all'elettorato i potere di scelta e imponendo regole ferree per l'eleggibilità: vietata ai condannati per corruzione, concussione, affiancamento alla mafia e reati contro lo Stato, oltre ovviamente al sempre ricordato e mai affrontato conflitto di interessi.
Per gli stessi motivi, i componenti delle varie forme di governo, non potrebbero restare al loro posto se indagati. Inoltre il compito di valutare l'opportunità dell'azione della giustizia sui parlamentari non può essere del Parlamento stesso, ma di un ente sopra le parti come la Corte Costituzionale, visto che si tratta in definitiva di un conflitto tra le varie parti dello Stato.
Avete ragione, sono un illuso!
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