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Una domanda opportuna Calcio reale o virtuale? L’Italia risulta essere la prima al mondo per spesa pro capite investita nei giochi: 800 euro all’anno. La criminalità ci guadagna, ma anche lo Stato Di Silvano Filippini
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Avevamo già trattato l’argomento del “calcio-scommesse” e speravamo di non doverci tornare più sopra, tanto più che si tratta della peggiore delle insidie che minano il mondo dello sport.
Tenersi lontano dal marciume delle scommesse sul proprio campionato dovrebbe essere un impegno d’onore per ogni tesserato, ma la realtà ci dice che non è così. Neppure gli ingenti compensi percepiti in questo mondo dorato riescono a creare un deterrente. Del resto è risaputo: chi più possiede, più pretende.
Fatto sta che il sistema corruttivo si è allargato a tal punto che gli appassionati di calcio non sono più in grado di sapere se assistono ad una partita reale o virtuale, dove l’esito è già stato deciso da altri. Del resto è sufficiente coinvolgere qualche giocatore fondamentale per pilotare il risultato: un portiere perché non pari, un attaccante che finga di non colpire la palla o un terzino affinché commetta uno svarione. Con poche centinaia di euro investite per la corruzione dei calciatori si possono ricavare milioni. D’altra parte a sollecitare gli italiani al gioco è lo stesso Stato. Già dall’inizio del secolo precedente il gioco del Lotto consentiva di alimentare le casse dell’erario. Fu poi la volta del mondo del calcio, attraverso il CONI e il Totocalcio, a sostenere economicamente tutte le federazioni sportive. Così lo stato non solo evitava di elargire contributi allo sport italiano, ma incassava una consistente fetta dal gioco. Non contento delle entrate derivanti dallo sport (c’era anche il Totip), negli anni la strategia dell’erario si è allargata, introducendo altri giochi che hanno via via accalappiato sempre più italiani e ha generato una cultura favorevole a tentare la via della fortuna per superare la propria indigenza o per migliorare il tenore di vita. Così si è passati dalla concezione del secolo scorso, in cui i giochi d’azzardo erano visti come “vizi” (la tassa degli imbecilli), a quella attuale dove la progressiva legalizzazione dei giochi, stimolata dall’idea di far cassa, ha consentito ai Monopoli di stato di introdurre nuovi giochi che hanno generato un comportamento compulsivo in migliaia di cittadini e gettato sul lastrico molte famiglie. Per non parlare di coloro in cui si è pordotto una sintomatologia che determina una vera e propria dipendenza da cui è difficile uscire (sono più di 500.000). E’ vero che inizialmente l’obiettivo dichiarato era quello di contrastare le organizzazioni criminali che, nel frattempo, avevano scoperto il modo di far cassa attraverso scommesse clandestine che avevano preso sempre più piede, anche per il fatto che le loro quote erano esenti da imposte e quindi più allettanti, ma la “raccolta” dello Stato è diventata progressivamente più consistente al punto che si è passati dai 15 miliardi del 2003 a 63 miliardi del 2011 e le previsioni per quest’anno sono in ulteriore crescita. Da una recente ricerca del Vaticano, hai l’Italia è la prima al mondo per spesa pro capite investita nei giochi: 800 € all’anno. Risulta anche che quasi il 30% degli italiani gioca più di tre volte la settimana. Se a questo quadro devastante si aggiunge pure il fatto di guadagnare facilmente investendo nel calcio scommesse “taroccato” dalla malavita, appare del tutto evidente il progressivo successo di questo settore in cui vengono coinvolti calciatori (ed ex) per pilotare le partite attraverso le conoscenze. Dobbiamo pure considerare lo stuolo di calciatori della lega PRO che percepiscono stipendi più vicini alla media degli italiani e che, sempre più sovente, restano senza entrate a causa di difficoltà economiche della propria società. Proprio tra questi soggetti si infiltra più facilmente la malavita organizzata. Non si deve credere che il problema riguardi soltanto le regioni dove è maggiormente diffusa la malavita. Da indagini recenti si è scoperto che anche le “curve” del nord sono state contaminate, al punto che un capo di ultrà juventini coltiva da tempo rapporti con loro. Se gli scienziati sono riusciti a dimostrare che ogni anno la linea del clima favorevole alla vita della palma sale verso nord di circa un km, appare abbastanza semplice capire che l’espansione della “mafia” viaggia con maggior velocità, specialmente là dove c’è movimento di denaro. Ciò che rende il problema irrisolvibile è dovuto alla globalizzazione di questo mondo, favorito dall’uso di internet. Infatti si può scommettere via on-line in ogni parte del mondo e l’organizzazione scoperta a Singapore è una delle tante che gestiscono il mondo delle scommesse clandestine nello sport. L’unico modo per sconfiggere questo virus è quello di costruire una mentalità sana nel mondo dello sport; sin da piccoli! Solo gli atleti possono opporsi al dilagare di questa tendenza. Se c’è riuscito Simone Farina, il calciatore che ha denunciato il malaffare rifiutando 200.000 euro, non vedo perché non possano farlo altri. Il problema di base sta nel fatto che troppi istruttori sono maggiormente improntati ad insegnare i trucchi per vincere, piuttosto che la tecnica e l’etica sportiva, cioè i due fattori basilari per ottenere atleti “sani” sotto ogni punto di vista. Argomenti: #calcio , #criminalità , #gioco , #gioco d'azzardo , #italia , #scommesse , #stato Leggi tutti gli articoli di Silvano Filippini (n° articoli 63) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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