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La piazza agitata

Rivoluzione! E poi?

La rivoluzione è possibile, ma è sicuramente un disastro per le classi povere

Di Giovanni Gelmini

Una rivoluzione non è una cosa lontana. In Grecia abbiamo visto violenti e diffusi movimenti di piazza. Da noi in Sicilia ci sono state delle prove generali, con minore violenza. Mi preoccupa fortemente il consenso che questi moti ottengono in internet. Questo vuol dire che è possibile che una miccia accesa nel momento giusto dia credito ad un golpe.

I periodi di crisi di sistema si devono risolvere con cambiamenti drastici. Deve cambiare tutto: le posizioni di favore vengono cancellate dai nuovi equilibri necessari per recuperare la competitività, sia economica, sia sociale.

Troppe aziende in Italia hanno vissuto su contributi, espliciti fino ad un decennio fa, ora mascherati perché l'UE non li permette più. Troppe persone hanno trovato la loro retribuzione in lavori inutili. L'abitudine della classe politica di risolvere il problema della disoccupazione assumendo, in modo più o meno regolare, persone nella pubblica amministrazione ha creato un grave danno: gonfiato la spesa pubblica, reso meno efficiente la cosa pubblica con un eccesso di burocrazia, creato aspettative sbagliate e, cosa ancora più grave, non hanno lasciato sviluppare l'iniziativa privata al sud.

Ora non ci sono più soldi per mantenere tutto questo. Chi riceve tagli al suo stato non può che lamentarsi, come chi vede svanire le sue aspettative o il flusso dei suoi affari. La tensione diventa così tangibile e questo può essere un buon substrato per creare uno status da rivoluzione. In Grecia come in Sicilia, a mio avviso, si sono fatte le prove generali.

I moltissimi scontenti non sono in grado di fare qualcosa di più di un’agitazione di piazza. Per fare una rivoluzione, o meglio un golpe, occorre un gruppo di persone che organizzino e si propongano di prendere il potere. Le riforme per uscire da questa crisi di sistema, oltre al popolo minuto, vanno ad intaccare anche i cosiddetti poteri forti. Tra questi ve ne sono alcuni che basano il loro potere sulla capacità di produrre “benessere” e questi sono in grado di ristrutturarsi a loro volta e seguire il nuovo corso, ce ne sono altri che sono solo parassitari e vedono assottigliarsi o sparire il loro potere ed il loro tornaconto, perché basato su situazioni monopolistiche, spesso imposte dalla legge, non congrue con la realtà. È quindi possibile che tentino con ogni mezzo di impedire il nuovo corso e, giocando sullo scontento, diffuso prendano il potere con la forza per bloccare il processo innovativo.

Proviamo allora a pensare quali sarebbero le conseguenze.

Se fino ad oggi per far fronte ai “vantaggi inutili” si è potuto ricorrere al debito pubblico, incrementandolo in continuazione, ora si deve puntare alla riduzione del debito e i “vantaggi” si devono ridurre; ma, dopo il golpe, nessuno ci farà più credito e a questo punto chi del popolo oggi trova la situazione difficoltosa, dopo il golpe avrà molto meno d’oggi e non avrà certo risolto la sua situazione, né avrà la possibilità di lamentarsi, perché si sa che chi va al potere in questo modo stronca con la violenza l'opposizione.

Quindi chi è al limite di sopravvivenza e spera in una rivoluzione è bene che capisca che da essa ha solo da perdere quel poco che ha oggi e nulla da guadagnare.

Chi è al governo però deve evitare che si arrivi ad una situazione di rottura. Alcuni provvedimenti presi, creano delle situazioni assurde e possono essere corretti; ad esempioil caso di chi è uscito dal mondo del lavoro con degli incentivi, contando sulla pensione ad una certa data; oggi si trova senza stipendio e senza pensione. Non sono molti in questa situazione e si possono trovare i soldi necessari per sistemare la loro posizione.

Vi è poi il problema dell'“esempio” che la casta dei politici deve assolutamente dare: tagliarsi realmente almeno del 30% i compensi è un fatto di civiltà, non sostenere la riorganizzazione degli Ordini professionali per interesse diretto è un altro punto che alzerebbe fortemente il malcontento.

Infine è importante che chi è sempre presente nei mas-smedia abbassi il tono e non usi violenza verbale per difendere posizioni, che troppo spesso sono solo ideologiche e poco utili a risolvere i problemi reali, ed eviti così di scaldare gli animi e aizzare i poveri contro l'innovazione del sistema. Questo non impedisce di fare critiche e indicare vie alternative; la pacatezza non è meno incisiva delle urla violente, anzi è molto più credibile.

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