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 Anno VIII n° 3 MARZO 2012    -   PRIMA PAGINA



Critica all’8 marzo che viviamo
L’enfasi e l’euforia per un giorno di libertà fa pensare a 364 di repressione. Questo è ciò che rende ridicolo questo giorno
Di Chiara di Martino


È scattata anche quest’anno la ricorrenza peggio interpretata della storia. L’otto Marzo (a braccetto con il suo illustre compagno di categoria S. Valentino) da sempre è stato motivo di discussioni e accesi dibattiti. Le città per 24 ore vengono prese d’assalto da venditori di mimose, fiore simbolo di questa ricorrenza, che cercano di appioppare un ramoscello a pois giallo solo perché ci sarà una donna a cui regalarlo no?

A parte il fatto che in qualità di donna non ho mai gradito tale cadeou, vorrei sollevare una questione piuttosto pressante. Tu uomo mi porti a casa quel, quel…coso che, oltre ad essere poco accattivante alla vista, non ha per nulla un odore gradevole e poi sporca…perde ste pallette gialle in giro per casa, che vengono rigorosamente pestate, trasformando il pavimento lavato di fresco in una location ideale per dimostrare la potenza di uno sgrassatore.

Cambiate simbolo perché altrimenti il 9 Marzo ci tocca lavorare il doppio per pulire.

Più che una giornata da celebrare, si è trasformata nel tempo in un campo di battaglia su cui si schierano da una parte la fazione delle femministe, che aborrono la vista di mimose, tacchi a spillo e streap maschili, e dall’altra chi forse ha travisato il senso di questa giornata pensando sia solo un buon motivo per fare baldoria.

Il 7 Marzo alle 23.59 annualmente la maggior parte delle donne subisce un radicale quanto spaventoso cambiamento, da fare impallidire persino un licantropo nelle notti di luna piena.Si passa dallo stato “sono felice di quello che ho, un uomo che mi ama e tutto quello che mi serve” a “andiamo a mettere le monete da due euro negli slip di qualche ragazzo in un night”. E cosi per un giorno social network e affini vengono bombardati da messaggi o inviti a feste a tema.

Tutto sembra una corsa contro il tempo, come se sino al giorno prima tutte le donne fossero imprigionate in una cella e che prima di aprirla gli infermieri abbiano detto: “allora signore avete 24 ore di tempo, fate quello che volete e poi passiamo a riprendervi” e allora giù con minigonne inguinali in giro per locali in stile transumanza e se qualche povero disgraziato si gira per ammirare cotanto splendore diventerà il bersaglio di insulti dal gruppo di sgallettate sopracitate.

L’enfasi e l’euforia per un giorno di libertà fa pensare a 364 di repressione. Questo è ciò che rende ridicolo questo giorno.



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