L'ISTAT ha diffuso i risultati dell'indagine sulla produzione industriale in gennaio 2012 e quanto mostra è un vero disastro. A gennaio l’indice, corretto per i giorni lavorativi, diminuisce in termini tendenziali del 5,0% e non potevamo certo attenderci qualcosa di diverso; infatti, tutti gli elementi dei misura dell'economia danno segni fortemente negativi.
Non è solo la produzione industriale a mostrare una forte flessione dall'agosto del 2011, anche i consumi sono crollati in modo del tutto simile (vedi i due grafici a fianco).
Anche l'edilizia è in crisi da qualche anno al punto che si parla di creare un fondo immobiliare che recuperi tutti gli immobili nuovi invenduti per evitare i fallimenti a catena nel settore. Ma se le attività produttive sono in fase di contrazione è evidente che i consumi diminuiscono pure loro e la disoccupazione aumenta. Ed è proprio quello che sta succedendo.
I consumi si sono contratti perché il potere di acquisto si è ridotto fortemente e senza la ripresa dell'occupazione non potranno crescere, anzi si ridurranno ulteriormente.
Vi è poi la spada di Damocle dell'incremento dell'aliquota Iva dal 21% al 23%, che, secondo le anticipazioni fatte in questi giorni dal viceministro Grilli, non si potrà evitare. Questo porterà inevitabilmente ad un’ulteriore riduzione dei consumi, della produzione e ad altre perdite di posti di lavoro. Forse Monti farebbe bene a pensare a provvedimenti diversi, spostando la ricerca del necessario gettito fiscale dai consumi ai patrimoni, che per ora sono stati toccati solo marginalmente.
L'unico elemento positivo è la fiducia al Governo, ma quanto potrà durare?
Il Governo Monti, dopo aver messo in sicurezza il bilancio ottenuto proseguendo l'incremento della pressione fiscale iniziata da Tremonti e tagliando le pensioni, sta prendendo provvedimenti per rendere più attrattiva l'Italia per gli investimenti produttivi e rilanciare così l'economia, ma questi incontrano molte difficoltà a diventare operativi.
I politici presenti in Parlamento riescono a modificare i provvedimenti, già scritti in modo tale da evitare cambiamenti troppo forti, annacquandoli e rendendoli poco incisivi.
Per rilanciare l'economia non basta il carisma di Monti, occorrono investimenti e una sburocratizzazione profonda con l'eliminazione di moltissimi enti poco utili o il loro accorpamento, per evitare iter pesanti delle pratiche .
In entrambi i casi i partiti hanno un ruolo determinarte nelle difficoltà a realizzare quanto si potrebbe fare.
Sburocratizzare vuol dire ridurre la necessità di un’enfatica azione della Pubblica Amministrazione, liberare così personale che potrebbe svolgere altri compiti oggi affidati a cooperative e consulenti, troppo spesso legati ai politici, riducendo quindi spese inutili che fanno parte del pesante costo della politica che paghiamo noi cittadini.
Accorpamento e riduzione di Enti vuol dire essenzialmente ridurre le poltrone e la possibilità di assumere “amici” al di fuori dei concorsi e dei limiti previsti per la P.A.
Oltre a non tagliare i costi indiretti, i parlamentari hanno evitato accuratamente di tagliare i costi diretti della politica. Così, però, non si riesce, non solo a snellire la burocrazia, ma nemmeno a ridurre le spese delle Stato e quindi non vi sono soldi per gli investimenti, né si può tornare a ridurre il peso fiscale, diventato ormai insostenibile. Questa è la reale colpa di questa classe politica corrotta e per questo incapace.
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