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Riflessioni

I “soldi” dei partiti e il finanziamento pubblico: perché così tanti?

Tra un referendum e l’altro il fiume di denaro ai partiti è diventato troppo, perfino per spenderlo

Di Chiara di Martino

Certe volte rimpiango Minzolini.
Quei bei servizi sulla sagra della porchetta, le inchieste su quanti e quali animali domestici ha in media un italiano o le facce dei cronisti che sembrano urlare “le notizie vere, giuro, le spedisco via e mail”.

Certo molto meglio sapere cosa succede nel proprio paese e nel mondo, ma, per mettere in cassaforte la mia sanità mentale, sarebbe meglio ignorare quei piccoli dettagli che fanno venir voglia di imbracciare un kalashnikov e guadagnarsi 30 anni di galera.

Non passa giorno che i mezzi di informazione non ci ricordino di essere alla canna del gas: stop agli aumenti per i dipendenti pubblici, licenziamenti in tronco per mancanza di fondi, innalzamento dell’età pensionabile, ma riduzione delle pensioni minime...insomma: che è un periodaccio e che per uscirne fuori bisognerà stringere denti e cinghia lo abbiamo capito.
Ma mentre discuto con la mia famiglia su quanto è incerto il futuro che mi attende, non può e non deve arrivarmi tra capo e collo una notizia più pesante dell’incudine di ferro che si becca regolarmente Willy il cojote: …il senatore del Pd ed ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi è indagato per essersi appropriato di 13 milioni di euro.

Dopo aver sputato e poi ripulito la minestrina (il venerdì mangio magro…io), provo a capire meglio.
Margherita?
Ma non si era sfogliata definitivamente nel 2007?
E ancora, 13milioni di euro?
Se nessuno se ne era accorto sino ad ora di quanti ne beneficiava il defunto partito?

Bisogna fare un passo in dietro di almeno 40 anni per comprendere la logica perversa dei contributi ai partiti versati dallo stato(cioè da noi). Era il 1974 quando la legge Piccoli aprì la strada a fiumi di denaro da distribuire ai partiti che componevano la maggioranza in parlamento, cosi da evitare collusioni e favoritismi.

Qualche anno dopo rischiò l’abrogazione a causa di un referendum chiesto dai radicali, consapevoli dell’utilità di fondi, ma esclusivamente per l’acquisto degli strumenti per fare politica (carta, tipografie, manifesti, volantini ), mica per mantenere le strutture e le sedi dei partiti, quello sarebbe dovuto essere compito degli iscritti e dei simpatizzanti.
Si aprono le urne ma non si chiudono i rubinetti. Il referendum raggiunge il quorum, vincono i NO e i politici tirano un sospiro di sollievo.

Qualche anno dopo venne raddoppiato l’importo degli assegni che lo Stato (che siamo noi) stacca ai partiti.,Questa volta, cavalcando l’onda emotiva di tangentopoli, i radicali portarono a casa punto, set e partita. Il nuovo referendum espresse la volontà popolare di lasciare a secco i politici.

Per assistere ad un vero colpo di genio però, bisogna aspettare qualche anno: ”Norma per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai partiti” e dopo l’8 per mille alla chiesa cattolica nacque il 4 per mille alla politica. Chissà perché questa manovra non riscosse molto successo costringendo la reintroduzione dei finanziamenti statali nel ‘99.

Qualche piccola modifica era d’obbligo, i rimborsi divennero forfettari e nel corso degli anni furono raddoppiati senza nessun motivo apparente, abbassando inoltre la soglia di sbarramento per beneficiarne(dal 4% al 1%).

Questa è la storia nuda e cruda. Spese minime e rimborsi da capogiro, per l’intera legislatura e chi se ne frega se viene completata o meno, se i partiti si fondono(vedi AN e Forza Italia)o peggio si disintegrano completamente.

Si rischia di inciampare nel qualunquismo più sfrenato, ma, dati alla mano, è il più grande spreco di denaro pubblico mai analizzato. Altro che tornelli di Brunetta o commissariamenti per gli impiegati pubblici, qui i controlli vengono effettuati dalla Camera e dal Senato (la vicenda Lusi fa capire come e quanto siano approfonditi se se ne è accorata solo la Banca d’Italia), incappando in un tragico conflitto d’interessi che farebbe impallidire anche Silvio Berlusconi.

Elezioni regionali del 2010: le liste hanno ricevuto rimborsi pari al 1.900% della spesa. Francesco Rutelli, caduto dalle nuvole e “incazzato” per il tradimento del tesoriere del suo ex partito, ha speso 82.829,70 di euro per sponsorizzare la sua alleanza per l’Italia ricavandone dieci volte tanto.
Pier Luigi Bersani e il suo PD ha incassato 51,8 milioni di euro a fronte della metà spesi in campagna elettorale.
Dulcis in fundo il Pdl con la sua vittoria spiegherebbe i 53,4 milioni di euro stanziati a suo favore per rimpinguare le casse di partito, ma chi lo spiega che non riesce ad arrivare a fine mese?

Tornando alla minestra sputata a pranzo, come si fa a chiedere sacrifici, a tagliare fondi di qui e di la come un parrucchiere impazzito, se poi alla fine della fiera i primi a dover dare il buon esempio si distinguono da Diabolik solo perché non hanno la calzamaglia nera?

Perché sprecare montagne di denaro pubblico che in un momento come questo potrebbe davvero fare la differenza. Milioni di italiani si sono sentiti dire che è necessario resistere e fare qualche rinuncia per salvare il paese, ma in una nave che affonda, se non si tappano le falle, c’è poco da sperare.

Argomenti:   #costi della politca ,        #finaziamento pubblico ,        #partiti ,        #politica



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