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La domanda della settimana La RAI è veramente un servizio pubblico? Il 56% delle entrate della società viene dalle tasche degli italiani; è giusto questo? Questa società per azioni cosa fa come servizio pubblico? Non lo si capisce. Ha ancora senso mantenere il “canone Rai”? Di Giovanni Gelmini
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Pagate il “canone RAI” è una tassa “come tutte le altre” e la dovete pagare. Questo è il succo della pubblicità martellante che la RAI da un più mesi diffonde, evidentemente perché il suo bilancio non sta bene.
Ma è vero che sia una tassa come tutte le altre? Proprio non direi! Certamente è la più evasa e la più odiata dagli italiani che la considerano iniqua. La prima cosa che la caratterizza è che viene versata in toto ad un Ente che non è lo Stato, ma una società per azioni; anche nella pubblicità porta il nome non della Agenzia delle Entrate, ma della RAI. Che ci siano tasse per enti di diritto pubblico non è strano, ma in questo caso c'è una caratteristica ben chiara che la differenzia: la RAI pubblicizza la “tassa” e si occupa di obbligare i possibili utenti a pagare con lettere dal tenore minatorio e con ispettori che suonano alla porta di casa e, malgrado non ne abbiano alcun diritto, chiedono di ispezionare la casa per verificare. Impossibile che in una casa d’oggi non esista almeno una radiolina dimenticata in qualche parte e, se non si è abbonanti, ecco che scatta il canone e la sanzione. In tutti i modi la RAI tenta di recuperare l'enorme evasione. Ha pensato di legare il “canone” alla disponibilità di un contatore dell'energia elettricità e fino a ieri ha detto che chi possedeva un Pc, un tablet o uno smartfone doveva pagare perché “atti a ricevere programmi radio e TV”. Quest'ultima iniziativa è stata prontamente stoppata dall'attento ministro Passera, ma ha di certo aumentato fortemente il disagio degli italiani, già abbondantemente provati dalla pressione fiscale e arrabbiati con i politici, perché non riducono i loro elevatissimi costi: la RAI è sentita correttamente come un apparato dei partiti. La RAI nasce nel 1944 come cambio di denominazione dell'ente pubblico EIAR. creato nel 1927 ed è una società per azioni con il 99,56% del Ministero dell'Economia e delle Finanze e il 0,44% della SIAE. Fino alla metà degli anni '70 la RAI operava in regime di monopolio e la presenza pubblicitaria era limitata. Il Canone radio televisivo era quindi il principale mezzo di sostentamento per un’attività che allora aveva una importantissima funzione pubblica. Inutile ricordare che proprio la televisione ha diffuso l'uso dell'italiano e, quando la maggior parte degli italiani erano ancora l'analfabeta, ha portato la cultura a tutti. Oggi la situazione non è più così. Per prima cosa la RAI non ha più il monopolio delle emissioni radio tv, ma, fatto ancora più rilevante, il mezzo radiotelevisivo ha perso la sua importanza centrale per la comunicazione e per la diffusione della cultura. Dal bilancio RAI del 2010, l'ultimo approvato, sappiamo che i suoi introiti sono di 3.012,1 milioni di Euro, di questi i canoni di abbonamento sono 1685,4 milioni di Euro e rappresentano il 56% delle entrate. Ora ho cercato sul bilancio della RAI se esistono dei riscontri sulle spese fatte “per il servizio pubblico”: neanche un cenno. Credo che oggi il problema sia qui: dell'attività della RAI almeno il 56% è definibile come “servizio pubblico”? In cosa consiste il “servizio pubblico” svolto dalla RAI? Possiamo considerare le trasmissioni tipo “L'isola dei famosi” servizio pubblico? E le vetrinette costosissime di Sgarbi e Ferrara? I pistolotti di Celentano a Sanremo attirano audience, ma sono servizio pubblico? I talk-show politici sono servizio pubblico o servizio ai politici? Le partite di calcio sono servizio pubblico o servono alle squadre per essere al centro dell'attenzione e lucrare? Ora che si chiede agli italiani di stringere la cinghia per pagare i debiti fatti dai politici, credo sia giunto davvero il momento di mettere fine a questa arrogante pretesa della RAI di essere pagata a piè di lista dagli italiani. Il Governo credo che debba rapidamente definire in modo chiaro cosa sia nell'attività della RAI il “servizio pubblico” e cosa no. Solo quello che è servizio pubblico potrà essere pagato dallo Stato, attraverso la fiscalità ordinaria e non con un “canone” poiché oggi tutti usufruiscono più o meno della ricezione delle trasmissioni via etere: è finito il tempo in cui un apparecchio radio, prima, o un televisione, poi, erano un bene di lusso. Solo allora aveva senso una fiscalità ad hoc. Argomenti: #canone rai , #rai , #servizio pubblico , #tasse Leggi tutti gli articoli di Giovanni Gelmini (n° articoli 506) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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