REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno VIII n° 4 APRILE 2012 FATTI & OPINIONI


Sull'onda delle parole
Riforma del lavoro,Monti: accordo raggiunto, ma è vero?
La riforma non soddisfa molti ed altre sono le esigenze per il rilancio dell'Italia
Di Il Nibbio


Accordo raggiunto: sembra questa la chiusura del cerchio della più agitata delle riforme a targa Monti, ma non sembra che il risultato dell'incontro politico, quasi notturno, tra Monti, la Fornero e i “tre” della maggioranza piaccia alle parti sociali, se in una nota congiunta Abi, Alleanza delle Cooperative Italiane, Ania e Confindustria dicono “Siamo molto preoccupati per le notizie che stanno trapelando in merito alla riforma del mercato del lavoro” e i sindacati sono in un’attesa non imbelle.

D'altronde alcune cose erano scontate: la modifica all'articolo 18 non serve a nulla per la realtà economica, anche se la versione di tipo tedesco, con la libertà al giudice di decidere tra reintegro e importo compensativo, è sicuramente migliore dell'attuale e permetterebbe l'estensione anche alle imprese minori, ma sicuramente non garantisce i sindacalisti, che sono i principali fruitori di tale garanzia e non piace alla frangia oltranzista di Confindustria, rappresentata dal “non presidente” Bombassei che, forse per lo stesso motivo dei sindacati visto all'opposto, vorrebbe mano libera nei licenziamenti dei “rompicoglioni”.

Ma la verità è che questo decreto non tocca in profondità i problemi del mercato del lavoro:
  • eccessiva precarietà del rapporto non compensata da adeguate remunerazioni, trattamenti schiavisti (eccessivo lavoro straordinario mascherato con i contratti “a forfait”, lavoro sottopagato attraverso buste paga regolari, ma liquidate economicamente solo in parte),
  • poca lungimiranza delle imprese che vedono nel lavoratore un elemento intercambiabile, mirando al minor costo,
  • costo del lavoro elevato, perché troppo tassato.

Inutile dire che la nostra impressione è che il tutto sia stato mal gestito da un Ministro non all'altezza di un problema in cui contano la capacità di trattare e le idee chiare e realizzabili e non le lacrime.

La verità è che il vero problema è la mancanza di crescita e questa dipende da molti fattori, non tutti in mano all'esecutivo, uno ad esempio: corruzione e costo della politica è in mano ai partiti che assolutamente non vogliono toccare i loro privilegi, legali o illegali che siano, e il taglio della spesa pubblica, passo necessario e indispensabile per ridurre le tasse, risulta così impossibile fare una qualunque riforma per la crescita.

Il Censis ha appena pubblicato un'indagine svolta su un campione di imprese guidate dai Cavalieri del Lavoro (vedi in questo numero “Cavalieri del Lavoro: nonostante le difficoltà, l’Italia riuscirà a venirne fuori” ) e da questa emerge che per questi imprenditori le priorità per il rilancio dell'economia sono la soluzione di alcuni problemi così indicati: evasione fiscale (62,5%), debito pubblico (53,9%), eccesso di burocrazia (41,4%), bassa qualità della classe politica (37,5%), alto livello di corruzione e di clientelismo (25,7%), difficoltà congiunturali globali (19,7%), presenza di vaste aree di lavoro improduttivo (15,8%).

Se sull'evasione fiscale qualcosa sembra muoversi nel verso giusto, tutto il resto è ancora da affrontare e Monti dovrebbe impegnarsi su questo, invece che su improbabili riforme del mercato lavoro. È da notare, infatti, che il problema del “mercato del lavoro” non appaiono in questo elenco; forse lo possiamo cogliere nella definizione “lavoro improduttivo”, anche se poi lo troviamo al terzo posto nelle azioni per rilanciare la competitività del sistema-Italia, anche se in un senso diverso da quello verso cui si orienta oggi il Governo.
Gli imprenditori indicano nell'ordine di importanza: più semplificazione e meno burocrazia (l’82,9%), più infrastrutture (70,4%) e maggiore flessibilità del lavoro (67,1%). Possiamo dire che poco o nulla viene fatto per i primi due punti.

In effetti crediamo che il problema più grosso che abbiamo è la “ bassa qualità della classe politica” che impedisce tutte le possibili soluzioni incisive, ma permette solo piccoli aggiustamenti. Quando parliamo di “classe politica” non intendiamo solo gli uomini dei partiti, la cui incapacità è ormai sotto gli occhi di tutti, ma anche quelli delle rappresentanze sindacali dei lavoratori e degli imprenditori; la discussione sulla riforma del mercato del lavoro ne è la misura.


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