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Diario di viaggio - Firenze

I misteri di Santa Croce

...e prosegue alla caccia dei “Sepolcri” dalla Santissima Annunziata, a San Frediano, a Santa Maria del Carmine e infine la scoperta di San Miniato

Di Cricio

Dopo aver girato per le viuzze dietro a Palazzo Vecchio, alla caccia di tracce della Firenze di Vasco Pratolini, eccomi diretto verso Santa Croce, l'altro appuntamento, che mi ero prefisso, alla ricerca dei “Sepolcri”: un innamoramento della terza media.

La camminata nei vicoli mi ha proprio stancato, è ora di fermarmi e dissetarmi; i bar con i dehor che vedo non m’ispirano, nella strada stretta c'è traffico, solo di pulmini e taxi, ma sempre traffico che passa nella via stretta accanto ai dehor e non mi garba. Eccomi nella piazza Santa Croce: grande, spaziosa e sul fondo appare la facciata candida della chiesa.

Finalmente il bar che fa per me, seduto al tavolino posso osservare tutta la piazza. Gruppi di turisti la impegnano a “macchia di leopardo”, tutti attorno alla guida, ben riconoscibile dal bastoncino con fiocco che tiene sollevato: per ogni guida un fiocco diverso dagli altri per essere ben identificata dal suo gruppo di turisti.
Il traffico a Firenze è scorrevole, ma alla giusta velocità. I pedoni sono rispettati ai passaggi pedonali e non. Gli automobilisti mostrano una grande pazienza e non ho mai sentito un clacson suonare par chiedere strada, solo in un caso è capitato quando un minibus non riusciva a passare per un furgone in divieto di sosta. A Firenze non si corre il rischio di essere “arrotati” da un automobilista, ma da una carovana ti turisti che seguono il “vessillo” della loro guida si! L'ho potuto osservare quando è successo alla cameriera asiatica che mi stava portando l'acqua tonica che avevo ordinato: appena uscita dalla porta del bar ha dovuto fare un salto indietro per non essere travolta da una torma di giapponesi che a ritmo serrato si dirigevano verso la chiesa.

Ora entro nella piazza e lentamente mi vado verso Santa Croce. Cosa mi attendo da questa visita non lo so, ma visitarla è un obbligo che viene da lontano, come dicevo: terza media, “I sepolcri” di Ugo Foscolo. In quell'epoca era nostra ospite la fiorentina Bianca Margherita Cangini, cugina di mia madre e scrittrice, che mi fece una magnifica lezione su quella poesia, il suo significato e il valore dei sepolcri di grandi uomini, che restano esempi per gli uomini che vengono dopo la loro morte.

Entrare nella chiesa non è così facile; mi tocca fare la fila per prendere il biglietto. A Palazzo Pitti, al Giardino Botanico, l'ingresso ai giornalisti e over  65 è gratuito, solo per Santa Croce mi è stato necessario pagare un biglietto, mi sono chiesto: “Perché no in Santa Croce, dove le urne dei grandi dovrebbero ispirarci?”.
    A egregie cose il forte animo accendono
    l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella
    e santa fanno al peregrin la terra
    che le ricetta. Io quando il monumento
    vidi ove posa il corpo di quel grande
    che temprando lo scettro a' regnatori
    gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
    di che lagrime grondi e di che sangue;
Vabbè, paghiamo il pizzo per la cultura e proseguiamo!

Entro nella chiesa e mi trovo in uno spazio grande e scarno. Non ritrovo una chiesa, edificio dedicato al culto, ma una piazza coperta in cui non si sente la presenza di nessun genio ispiratore, né tanto meno un'aurea di sacralità.
Nessun “banco” dove inginocchiarsi per pregare o per piangere il morto. Gruppi di turisti vagano tra le navate, altri sono accampati attorno al loro “vate” che spiega i “misteri” di Santa Croce, attenti alcuni, disattenti i più.
Il pavimento in cotto è completamente nuovo ed è interrotto dalle molteplici lastre tombali, alcune recintate altre possono invece essere calpestate liberamente: morti di serie A e morti senza diritto al rispetto.

In un angolo troviamo una parte cintata da un cordone e non accessibile con un bel cartello “Questo luogo è riservato alla preghiera”. Osservo e noto che, non solo non c'è nessuno che prega, ma che ci sono solo due piccoli inginocchiatoi. Che non ci sia nessuno che si fermi lì a pregare? Ma allora che chiesa è?

Percorro interamente le navate e trovo le tombe famose: la ricca urna di Galileo Galilei, quella di Michelangelo, Vittorio Alfieri, Gioacchino Rossini, lo stesso Ugo Foscolo e tanti altri, importanti alla morte, ma di cui oggi abbiamo scordato l'esistenza. Tombe ricche o tombe austere, ma tutte in fredda pietra lucidata, iscrizioni altisonanti, ma intorno nessuna lacrima, nessuna ammirazione, solo professori che erudiscono svogliati alunni e turisti curiosi; altro non ho visto.

Scontento proseguo nella vista delle tante cose presenti nel complesso di Santa Croce; si, belle cose, ma l'interesse mio è svanito.





La sensazione di squallore lasciatami da Santa Croce permane. Mi perdo nelle viuzze di Firenze e mi interesso come al solito alla vita che mi circonda: le cose che fanno la caratteristica della città, le incongruenze e le particolarità.

Arrivo così alla Piazza della Santissima Annunziata; la mia attenzione è attratta da bambini che giocano davanti al “mostro verde” che si erge sulla fontana, indifferenti alla paura che dovrebbe suscitare... e sul fondo della piazza vedo la chiesa. Mi chiedo se anche questa è “squallida.

Entro “in punta di piedi” e mi trovo in una chiesa grande quanto Santa Croce, ma con decorazioni ricche, oro e stucchi danno il segno di una profonda devozione nei tempi passati.
La ricca Cappella della Santissima Annunziata è il culmine di questo. Le luci e le ombre, con i riflessi d'oro sugli stucchi, creano una calda atmosfera che ti avvolge e ti conquista.
Non mi piacciono le chiese “barocche”, ma certamente non sono squallide e in questa si raggiunge l'apice di sentire il sacro presente. Anche qui ci sono i turisti, ma non sono “in piazza” e tengono un comportamento adeguato al luogo.





Vagando alla ricerca delle tracce di Vasco Pratolini, non sono potuto non andare a San Frediano. Anche qui, come in tutta Firenze, e forse come in tutte le città italiane, le chiese non mancano.
Mi sono trovato davanti ad una facciata grezza in mattoni, austera, la chiesa di San Frediano appunto, il portone chiuso non mi invita ad entrare. Il mio pensiero però vola alle “ragazze”, anche se siamo nel quartiere di Santo Spirito, e le penso, alla Messa domenicale in quella chiesa. All'uscita si fermano sul sagrato libero dalle auto, non come oggi pieno, ad aspettare con trepidazione qualcuno e sperare di ricevere qualche invito per una scampagnata nella primavera incipiente.
La chiesa era luogo di vita, luogo di incontri; qualcosa che capitava anche a me da ragazzo e che oggi non è più.

Dal Lungarno risalgo alla ricerca di altro e trovo la chiesa di Santa Maria del Carmine. Anche in questo caso la piazza è invasa dalle auto e la facciata non finita è in mattoni.
Entro, mi appare una navata unica imponente con cappelle laterali e con un soffitto completamente affrescato con “illusioni ottiche” che elevano i soffitto e lo spalancano nel cielo dipinto.

Nella chiesa non c'è nessuno e solo verso l'altare maggiore vi sono due file di pochi banchi. Segno che i fedeli sono ormai pochi.
Non vi è però la sensazione di squallore, ma di un'austerità contrapposta al fulgore del cielo, che, nel silenzio della chiesa, invita alla meditazione.



 

L'ultimo giorno mi sono arrampicato a Piazzale Michelangelo e da lì a San Miniato il passo è breve. San Miniato è una chiesa con uno spirito completamente diverso da tutte quelle qui descritte.

Anche San Miniato è “luogo turistico”, ma non ha perso la caratteristica del sacro. La chiesa resta “pronta” alle sue funzioni. Le frotte di turisti, ammirano con riverenza le meraviglie che contiene. L'atmosfera è di concentrazione sulle bellezze artistiche che ancora oggi riescono a comunicare il loro messaggio di sacralità. Il Gesù Cristo dipinto nell'abside, con il suo viso scarno ci impone ancora la riflessione su cosa siamo noi e cosa facciamo.

La cripta sotto l'altare maggiore è dedicata alla preghiera; un cartello ci avvisa di questa destinazione e ci invita a non fare fotografie, ma non ci sono cordoni che ne impediscono l'accesso e invece ci sono tanti banchi dove chi lo desidera può sedersi o inginocchiarsi e meditare. Un atmosfera che ti conquista e che è difficile da dimenticare.

Anche qui ci sono i sepolcri, anzi la chiesa è posta al centro di un cimitero, non un cimitero museo, ma un cimitero storico e vivo.

Una tomba nuova con scritto “Ciampi” mi fa pensare al nostro ex presidente della Repubblica, lunga vita a lui. Poco più in là c'è una ragazza seduta al margine della tomba del pittore Annigoni: sta sistemando dei fiori. Se non fosse in jeans e scarpe da ginnastica potrebbe essere un'immagine romantica dell'epoca del Foscolo. Vicino alla tomba di Annigoni troviamo, tra le altre, quelle di Giovanni Spadolini e di Mario Cecchi Gori.

Attorno tante altre di nomi noti o meno noti, ma quello che si respira non è un'atmosfera museale, ma quella del ricordo.

Anche qui ci sono i turisti; un gruppo di ragazzine sfoga la propria vitalità vicino alla cappella di famiglia di Zeffirelli, inutilmente l'insegnante cerca di zittirle, ma il loro parlare, il loro ridere non è noia, come quello che ho visto nel buio delle navate di Santa croce, è vitalità, quella vitalità che è bella, che è stata anche di chi oggi è sepolto, che non contrasta con il luogo anzi rende tutto vitale e vero.

Forse qui ritroviamo lo spirito del Foscolo




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