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 Anno VIII n° 5 MAGGIO 2012    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi


Quando la politica frena
Il dissesto Idrogeologico: un problema con soluzioni note, ma non applicate
La legge 183/89 aveva istituito le Autorità di Bacino a tutela unitaria del suolo, poi formalmente abolite dal successivo decreto legislativo 152/06 a favore delle Autorità di Bacino Distrettuale, mai entrate in funzione
Di Francesca Bisbano


Era l'alluvione barcellonese del 22 novembre 2011 a chiudere lo scorso autunno il ciclo di eventi calamitosi più violenti degli ultimi dieci anni.
Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola, Riomaggiore, Genova, Bisagno, Ferregiano ed in ultimo appunto Barcellona Pozzo di Gotto, Merì e Saponara, agli italiani sembrano non esser bastati!

Viene ripetuto in continuazione, ma sembra che pochi sappiano, o forse tutti fingono di non sapere, che l'Italia rientra nell'elenco dei Paesi europei maggiormente esposti al pericolo idro-geologico con ben 1.173 comuni ad alto rischio e 2.498 a rischio elevato. Di questi poi se ne contano 687 solo in Lombardia, regione capolista, seguita da Piemonte, Campania, Umbria e Molise.

Al clima (con le precipitazioni in continuo aumento) e ai fattori naturali (quali in particolare la conformazione geomorfologica di ogni singola regione), spesso e volentieri, s'aggiungono problemi di cattiva gestione territoriale, che vanno dall'edilizia selvaggia agli gli sprechi e le negligenze degli organi amministravi. Ora non si tratta solo di massicci casi d'abusivismo localizzato o d'inutili interventi strutturali realizzati lungo i bacini fluviali, poiché il più delle volte mancano strutture e tecnologie adeguate per informare e prevedere i rischi locali, quanto una certezza generale al livello normativo in merito alle azioni ad essi collegate.

Cosi Regioni, Comuni, Province o Autorità di Bacino (dove sono state istituite) esercitano al riguardo concorrenti ed analoghe competenze! Perché allora non creare un unico ente al di là dei poteri statali, che funga da tramite o meglio punto di riferimento relativamente al controllo dei pericoli suddetti? Sicuramente così sarebbe più facile recuperare quei fondi comunitari destinati alla messa in sicurezza del territorio ed evitare che molti altri vadano persi.

Le persone presenti nelle Giunte comunali non sembrano avere la necessaria sensibilità per comprendere le esigenze della sicurezza. Così ritroviamo molti interventi invasivi e per nulla costruttivi: piuttosto che ingabbiare corsi d'acqua in pesanti strutture artificiali, sarebbe consigliabile, e certamente più economico, ricorrere o a briglie di trattenuta per contenere le erosioni, che scendono a valle, o al rimboschimento delle aree montane o ancora alla creazione di aree d'espansione lungo i terreni destinati all'agricoltura intensiva, per far defluire le acque durante le piene e ridurre i danni in caso di alluvione.

Operazioni queste, che permetterebbero tanto di contenere i costi quanto di ottenere maggiori benefici, soprattutto a livello ambientale. Tanto per fare un esempio se a Barcellona Pozzo di Gotto, si fosse intervenuto semplicemente regolando il corso del torrente Longano, la città adesso non si ritroverebbe a pagare un debito di circa 100 milioni di euro, di cui 12 milioni dopo l'alluvione del 22 novembre, sono serviti solo per ripulire le strade dal fango e 3 milioni stanziati per la ricostruzione del ponte di Calderà! Senza contare il fatto che, se i piani regolatori generali fossero stati aggiornati con regolare cadenza o semplicemente questi sin da subito avessero imposto ai comuni lo studio idrogeologico, come avviene in Lombardia, i danni forse si sarebbero ridotti.

Per il resto, visto che i piani regolatori non sono proprio fatti al meglio e la legge, dal canto suo, prevede nuove soluzioni, perché continuiamo a non stare al passo con i tempi?
Perché non applichiamo correttamente i Piani d'Assetto Idrogeologico, ormai ridotti a meri censimenti dei rischi localizzati?
Perché dunque non riconsideriamo il caso delle Autorità di Bacino, che furono istituite dalla legge 183/89 a tutela unitaria del suolo, poi formalmente abolite dal decreto legislativo 152/06 a favore delle Autorità di Bacino Distrettuale, mai entrate in funzione?

Intoppi burocratici a parte, un ultimo aiuto potrebbe giungere dalla tecnologia informatica.
Non a caso, infatti, sarebbe possibile risparmiare moltissimo, tanto in termini di tempo, che d'efficienza, se solo qualcuno si decidesse ad implementare il sistema G.I.S. (Geographic Information System), ossia quegli enormi database, che permettono d'acquisire e distribuire informazioni topologiche sul territorio a chiunque ne abbia la necessità per svolgere una qualsivoglia attività. Di conseguenza sarebbe più facile tracciare una cartografia delle aree a maggior rischio o quanto meno, realizzare specifiche carte geologiche locali per monitorare rischi e sviluppi.

Ora più che mai di fronte alla continua riproposizione di situazioni sempre più drammatiche, conseguenti principalmente ad un modificato equilibrio climatico, urge un intervento innovativo rispetto a quello sviluppato fino ad oggi e per farlo non basta metter da parte brogli legali ed interessi politici, bensì quella mentalità, costume, inerzia, se vogliamo mancanza di volontà, che troppo sovente ha condotto città e comuni a non opporsi con sufficiente efficacia all'evoluzione del proprio territorio verso il degrado.


Si ringrazia il dott. Roberto Iraci per la collaborazione offerta nella ricostruzione dei problemi territoriali più comuni e nell'indicazione di soluzioni ad essi possibili.



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