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La cattedrale di Palermo |
Ogni volta che incrocio lo sguardo di un turista mi scappa un sorriso. Perso con il naso all’insù per non lasciarsi sfuggire nemmeno una briciola di quello che ha intorno, tanto che rischia quasi di sbattermi addosso. Io, quei palazzi e quelle vie che lui fotografa avidamente, li conosco bene. Sono lo sfondo della mia vita, cornice delle mie vittorie e riparo dopo una sconfitta; sorrido perché per me è normale passare accanto alla cattedrale di Palermo o sedermi sui gradini del teatro Politeama. Non mi rendo conto che gente viaggia per ore pur di guardare queste meraviglie, anche solo per un attimo.
La Sicilia ha un glorioso passato, causa forse del suo triste presente. Le infinite dominazioni hanno innestato nel DNA della popolazione il gene della sottomissione e l’incapacità di gestirsi da sè. I Vespri siciliani sono una piccola eccezione che conferma tutto il resto del tempo passato sotto questa o quella bandiera. Anche il nostro dialetto ne è la prova inconfutabile. Miscuglio di parole arabe, spagnole e francesi sembra un gran calderone da mettere sul fuoco e controllare che non bruci.
Una vetrina, la mia città, che ha attirato moltissimi artisti in passato che, con gli occhi pieni e le tasche vuote, giravano per le sue strade perdendosi tra colonne, fontane e giardini. Tra tutti i visitatori che hanno cercato di omaggiare Palermo con la loro arte la mente ritorna a Wolfgang Goethe, sbarcato a Palermo nel 1787.
Il suo “Viaggio in Italia” potrebbe essere riscritto a distanza di centinaia d’anni e stupire per la sua attualità.
Viaggiava sotto la falsa identità di Giovanni Filippo Moeller, pensando di poter passare inosservato. Nulla di più errato: i suoi sogni di tranquillità e anonimato furono spezzati da due messi del vicerè, presentatisi alla porta della sua camera, per invitare il celebre autore del Werther a seguirli nel palazzo reale.
Immaginando i suoi spostamenti dal porto all’odierno palazzo Butera (allora l'hotel era un'ala del palazzo Benso), penso sempre più seriamente all’idea di ripercorrere le tappe del suo viaggio nell’era dei computer e degli smartphone…
“Alle tre del pomeriggio, con sforzo e fatica, entrammo finalmente nel porto, dove ci si presentò il più ridente dei panorami. La città, situata ai piedi di alte montagne, guarda verso nord; su di essa, conforme all’ora del giorno, splendeva il sole, al cui riverbero tutte le facciate in ombra delle case ci apparivano chiare. A destra il Monte Pellegrino con la sua elegante linea in piena luce, a sinistra la lunga distesa della costa, rotta da baie, penisolette, promontori…”
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Palermo - Foro Italico
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Le macerie prodotte dalla seconda guerra mondiale hanno riempito il porto di Palermo creando l’odierno foro italico; chissà se la vista di questa distesa di prato all’inglese, sempre assetato d’acqua, sarebbe stata gradita dallo scrittore. E del modernissimo porticciolo che solo da poco ha aperto i battenti? Cosa direbbe delle lunghe passeggiate che avrebbe potuto fare guardando il punto d’incontro tra la terra e il cielo...Senza dubbio è un magnifico colpo d’occhio, quando le famiglie lo sfruttano per passare una domenica mattina all’aperto, e d’estate è una valida alternativa al pub e al calore delle mura cittadine. Passeggiando accanto al “muro delle cattive” penso che non avrebbe potuto ammirarlo illuminato. La luce, che dal basso verso l’alto esalta i conci di pietra, sembra rendere ancora più imponente il bastione che proteggeva la città dagli attacchi via mare.
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Palermo - Le Mura cattive
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Ipnotizzati dal gioco di luci ci si scorda quasi per un attimo di tutti i problemi che flagellano la città.
“…Nostra prima cura fu quella di studiare bene la città, assai facile da osservarsi superficialmente ma difficile da conoscere; facile perché una strada lunga alcune miglia l’attraversa dalla porta inferiore a quella superiore, ed è a sua volta incrociata da un’altra pressappoco a metà, dimodoché ciò che si trova su queste due linee è comodamente visibile..”
Poter attraversare tutti i 15 km su cui si estende il capoluogo siciliano con un solo sguardo dà una sensazione di pieno controllo e l’illusione di potersi orientare facilmente. Nulla di più errato. L’incontro tra le due arterie principali, quasi perpendicolari fra loro, partorisce un quadrivio sorvegliato da re e da santi. I quattro canti sono ancora il punto di riferimento per antiche e moderne carrozze a cui i turisti non riescono a rinunciare. Oggi, come ieri, i poteri forti che dominano la mia città non sono le istituzioni, proprio per questo i gradi degli angoli formati da questo incrocio non sono esattamente 90.
“..la città interna, al contrario, disorienta lo straniero, che può dirigersi in tale labirinto solo con l’aiuto d’una guida . Al crepuscolo dedicammo la nostra attenzione alla fila di carrozze con le quali i notabili compiono la loro famosa passeggiata a mare fuori cinta, per godere l’aria fresca, far conversazione e darsi a ogni sorta di corteggiamenti..”
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Palermo - Mercato del Capo
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Nonostante la croce, disegnata sulla pianta della città che la lega indissolubilmente all’enorme potere ecclesiastico, non bisogna mai dimenticare le forti radici arabe che affondano nel centro storico e lo fanno assomigliare ad una casba tunisina, dentro la quale un fitto intreccio di vicoli e strade sempre più strette impediscono di riuscire ad orientarsi al meglio.
Continuo il mio percorso sulle orme di chi quasi trecento anni fa si indignava per gli stessi motivi per cui io, oggi, divento rossa alla domanda di un tedesco “Da dove viene la sudiceria ?"! Cumuli di sacchetti che traboccano dai cassonetti impediscono il passaggio ad una famiglia di crucchi in vacanza. “
Fra il popolo si diceva, che quelli che dovrebbero vigilare per la nettezza, non potrebbero, essendo persone importanti e influenti, essere costretti a fare del pubblico denaro l'uso che si dovrebbe. Togliendo quello strato d'immondizie si vedrebbe come il lastrico è ridotto in cattivo stato e ciò svelerebbe la disonestà dell'amministrazione”. A distanza di tre secoli questa risposta, data dal mercante interpellato da Goethe, andrebbe ancora bene.
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Palermo - Villa Giulia - Docecaedro
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Un’orribile macchia, quella dell’incuria, su quello che potrebbe essere un quadro quasi perfetto,Villa Giulia. L'ingresso monumentale prospiciente il Foro Italico è neoclassico, impressionante, ma pressoché inutilizzato. Le colonne doriche testimoniano bene il gusto già romantico della fine del XVIII secolo. Meno d’effetto, ma più funzionale il secondo ingresso al parco; non bisogna lasciarsi scoraggiare perché il meglio deve ancora venire.
Al centro della villa si trova L'orologio del Dodecaedro, ovvero un dodecaedro in marmo dove su ogni faccia c’è un orologio solare, progettato dal matematico Lorenzo Federici.
La fontana del Genio di Palermo del Marabitti e le varie esedre di Damiani Almeyda ripagano della delusione provata all’ingresso.
“E’ il posto più stupendo del mondo” lo scrittore tedesco si fermò alcune ore per essere sicuro di non perdersi nulla di quello spettacolo.
Oggi come ieri mi siedo su una panchina e riesco a cancellare per un momento i rumori dei clacson o la puzza di smog, riesco a scordarmi dell’anno 2012 e prendo carta e penna per scrivere; sento i miei pensieri, qualche passo mi divide dal ventunesimo secolo e non ho intenzione di ritornare al futuro.
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Palermo - La fontana del Genio di Palermo
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Fotografie di Chiara di Martino