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La politica allo sbando

Il costo di una politica inutile allo Stato

Per risolvere i problemi si sono dovuti chiamare i tecnici; ci si chiede se sia il caso di rimborsare i politici per un lavoro che non hanno nemmeno svolto

Di Chiara di Martino

“Come fomentare una sommossa popolare...for dummies”. Potrebbe essere questo il titolo di un libro dedicato alla questione dei rimborsi elettorali.

L’italiano medio la sera a cena, dopo una giornata di lavoro (ricompensata con uno stipendio sempre più martoriato da imposte e rincari), accende la tv e la voce anonima di uno speaker snocciola, con estrema calma e indifferenza, cifre incalcolabili e inimmaginabili: 2,3 miliardi di euro. Questa, in rapporto ai consensi ricevuti e ai voti ottenuti, la cifra che i partiti hanno ricevuto dallo stato dalla metà degli anni ’90 ad oggi.

Cifre imponenti, colossali, inimmaginabili per chi vive cercando l’offerta al super mercato cosi da far quadrare i conti a fine mese, ma a sentire alcuni segretari di partito sarebbero lo stretto necessario per mandare avanti la baracca. Perché c’è bisogno in maniera vitale dei partiti…

MAVAFFANCULO.. .direbbe Grillo; noi invece vogliamo capire, vogliamo ascoltare le motivazioni e, soprattutto, le voci di bilancio di questi apparati monumentali che si nascondono dietro nomi e sigle accattivanti.

La chiamano antipolitica, questa corsa allo scoop sui rendiconti, “se non la contrastiamo spazza via tutti” ha sentenziato Bersani, ammettendo però la necessità di una norma che controlli le casse dei partiti.

Scoppiata la bomba di soldi spariti e lingotti acquistati, tutti scoprono di essere stipendiati dallo stato e allora cominciano i cori da stadio.
Dal fondo Casini, da bravo cristiano, tuona “ci battiamo per il taglio di un terzo”!
E gli altri due?
Indispensabili proprio?

Risponde il buon Di Pietro “se il rimborso elettorale non verrà revocato girerò la nostra quota al ministro del Lavoro perché lo dia alle fasce sociali più deboli”.
Manca solo il mitico Scajola che, adirato, minaccia di denunciare chi gli ha pagato la casa e poi siamo al completo. Il festival dello stupore in questi giorni vive il suo massimo splendore, ma i tesorieri di vari partiti non reggono il gioco e svelano che, al contrario di quanto sostengono il ministro Riccardi & Co. ,i soldi ricevuti sono decisamente troppi.

La prima definizione di "politica" risale ad Aristotele ed è legata al termine "polis”: amministrazione della città per il bene di tutti. Ma erano altri tempi.

Aspetti peculiari e pecuniari della politica sono invece la struttura portante di altre definizioni, come quella di Max Weber secondo cui la politica non è che aspirazione al potere e monopolio legittimo dell'uso della forza o di Giovanni Sartori: la sfera delle decisioni collettive sovrane. Molto più realistiche, le ultime, sono comunque distanti dal modo di fare politica odierno, che sembra non conoscere più vergogna.

Il povero Napolitano ci prova e alla sua veneranda età avrebbe anche diritto a un po’ di riposo, ma stoico cerca di riprendere le briglie di un cavallo impazzito: “è necessario sancire per legge regole di democraticità e trasparenza nella vita dei partiti e meccanismi corretti e misurati di finanziamento della loro attività”. E dire che l’Italia in merito a questi rimborsi si era già pronunciata, con un referendum voluto fortemente dai radicali che aveva espresso un secco no a possibili finanziamenti statali.

L’unica apparente soluzione è quella della discussione e dell'approvazione di una legge organica che trasformi i partiti in associazioni riconosciute, dotate di personalità giuridica, con precisi requisiti statutari, come prevede la Costituzione.

Il trio ABC (Alfano, Bersani e Casini), trotterellando e fischiettando, ha depositato una proposta di legge composta di un solo articolo suddiviso in nove commi il cui scopo è quello di regolamentare l’intervento immediato su alcuni punti cardine del finanziamento ai partiti. Insomma più controlli, sanzioni impietose in caso di violazione e maggiore trasparenza così che il cittadino possa nella maniera più rapida e semplice controllare i bilanci, le entrate e le uscite e la sensatezza delle spese.

Tutto questo è molto democratico, indiscutibilmente giusto ma…perché adesso?
Perché queste cifre monumentali sperperate e, in molti casi indebitamente, trafugate?
Tutti i mezzi di comunicazione in questi giorni danno notizia di questo o quel conto stellare al ristorante o simili, ma l’attenzione dovrebbe essere catturata dalle spese fisse. Mi spiego meglio: in un ufficio se l’impiegato si porta a casa una confezione di matite non sarà di certo causa del fallimento dell’azienda, ma se, oltre a fare sparire la cancelleria, ha uno stipendio da dirigente o peggio la cancelleria costa più dello zafferano al chilo, allora comincia ad esserci qualche problema.

Affitti esorbitanti per le sedi nazionali, spese milionarie di gestione delle suddette sedi per poi arrivare alla zona calda degli stipendi: 12 milioni per 173 dipendenti (come nel caso del PD), vitalizi degli ex parlamentari, ex consiglieri che raggiunti i 50 anni di età ricevono pensioni d’oro. e poi ancora 2.362 dipendenti di camera e senato che percepiscono stipendi per 451 milioni di euro l’anno.

L'Assemblea regionale siciliana totalizzando venti sedute porta a casa 20.730 euro mensili per 90 consiglieri guadagnando il primo(o l’ultimo a seconda dei punti di vista) posto nella classifica in materia di diaria. Gli abitanti di questa “Neverland”, in cui non si conosce crisi o recessione riescono a spendere 950mila euro in agendine, praticamente 70 a testa, o un milione di euro per 24mila fogli l'anno di carta intestata e un chilo e mezzo di colla liquida da distribuire ad ogni onorevole (che nell’era di i pad, iphone e tablet vari sono molto utili). Uffici e segreterie ancora attive ad uso e consumo di chi con la politica ha rotto i ponti già da molti anni.

Insomma una soluzione serve, e serve ora..se non fosse che il testo proposto da Alfano Bersani e Casini a detta dei tecnici “è zoppicante fin dalle fondamenta, perché prescinde dalla realizzazione dell’articolo 49 della Costituzione, che dovrebbe attribuire personalità giuridica ai partiti e regolarne la vita interna. Senza questa riforma il controllo sull’adempimento degli obblighi è difficilmente realizzabile”.
Ma non finisce qui perché anche in materia di sanzioni c’è qualche falla: “colpiscono esclusivamente le irregolarità e non le inottemperanze dei partiti, e il testo non specifica le tipologie di irregolarità che conducono all’applicazione di sanzioni”. Politici che non sanno fare il lavoro per cui sono profumatamente pagati? O voglia di prendere tempo?

L’unica cosa certa è che c’è una campagna elettorale in atto, in molte città faccioni sorridenti ammiccano dai muri assicurando pace e prosperità al costo di una “X” sul loro nome e sul loro partito, ma negli ultimi mesi di politica se ne è vista ben poca. Un pugno di professori universitari e tecnici che hanno fatto tutto quello che in 15 anni è stato solo rimandato…invertendo la rotta che puntava dritta verso il fondo di un baratro già occupato dalla Grecia.

Vista l’inattività della politica quella “vera”, quella fatta di tante belle parole di simboli e bandiere ci si chiede se sia il caso di rimborsali per un lavoro che non hanno nemmeno svolto.

Argomenti:   #antipolitca ,        #finaziamento pubblico ,        #partiti ,        #politica



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