Erano due i punti che mi ero segnato nella mente per il mio soggiorno a Firenze: visitare Santa Croce e cercare “i luoghi” di Vasco Pratolini. Se Santa Croce è legata al poema “I sepolcri” di Ugo Foscolo e ad una forte impressione della prima adolescenza, i luoghi di Pratolini si legano alle letture fatte successivamente. “Il quartiere” e “Le ragazze di Sanfrediano” hanno acceso un interesse particolare per la gioventù descritta: povera, ma viva, che trova anche la felicità malgrado le difficoltà della vita.
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Firenze, via dei magazzini, 1
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Dovevo ovviamente visitare i “luoghi fisici”, ma sapevo che non li avrei più trovati nella realtà vissuta e descritta dall'autore fiorentino. Le città cambiano in continuazione, questo lo so e il cambiamento Pratolini stesso lo anticipa nel penultimo capitolo del “Il Quartiere”:
Ora vagavo nel vasto piazzale. Lì dove erano state le strade e le case della mia adolescenza, ov'ero nato alla speranza, ove un giorno il mio Amore mi aveva offerto la bocca. Tutto era scomparso durante la mia assenza. Giravo gli occhi e non riuscivo a liberarmi dall'ombra di un rimorso che sembrava chiamarmi responsabile della distruzione.
Il piano del risanamento aveva infierito nel cuore del nostro Quartiere. Partendo appena dopo l'Arco di San Piero raggiungeva Borgo Allegri e via dell'Angolo, delle quali era rimasto in piedi un solo versante. Vista dalla prospettiva del piazzale, col sole che vi batteva contro, la fila delle vecchie case, unite l'una all'altra come un lungo caseggiato irregolare, dava un senso di tristezza. Le crepe, i logori infissi, le docce arrugginite, le stesse facciate rese sporche e grigie dal tempo, la lisa biancheria appesa alle finestre, perduti i fabbricati dirimpettai che ne ripetevano l'immagine, e smarrita la dimensione naturale della strada, mettevano a nudo il proprio squallore. Le stanze, violentemente illuminate dal grande arco di luce del piazzale, ponevano al vivo davanti agli occhi la povertà delle suppellettili.
Ora possiamo guardare il portone di Via Magazzini 1, la casa natale di Pratolini, e possiamo ben comprendere che, anche se una lapide in alto a destra rammenta “In questa casa, nell'antico centro, nacque il 19 ottobre 1913...” , quella non è più la casa in cui visse i primi anni dell'infanzia lo scrittore. Il portone di legno ben lucidato, la facciata con l'intonaco perfetto e la piastra dei campanelli in ottone lucido sono di un mondo ricco borghese, non quello di poveri lavoranti, dove ogni cambiamento deve sempre preoccupare perché è facile che possa ridurre quel minimo benessere a cui è abituata la gente che popola i suoi romanzi.
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Firenze, Via del Corno
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Anche Via Del Corno, pochi passi più in là, evidentemente non è più quella. Il vicolo, carico di vita nei romanzi di Pratolini, ora è levigato e silenzioso. Sembra essere senza vita, perché i Turisti, grandi animatori della Firenze di oggi, qui non ci sono: sono accampati, a pochi passi, in Piazza della Signoria.
Cosa è cambiato?
Le porte sono sbarrate, quando nella vita descritta da Pratolini erano aperte e la vita di ogni famiglia traeva vigore e aiuto dalla famiglia vicina, ma allora non c'era la paura dei ladri: non c'era nulla da rubare. La loro ricchezza era solo nella forza del loro animo, provato dalle tante difficoltà, e quella è difficile da rubare.
La via è vuota, qualche raro passante frettoloso, qualche moto parcheggiata, un’auto, nulla più. Dove è finito il traffico di gente che s’intuisce nei romanzi di Pratolini? Dove è finito il lampredottaio che sempre anima la vita del quartiere di allora?
Il lampredottaio l'ho trovato, lontano, in un altro quartiere, parcheggiato in Piazza Ghiberti, vicino al Mercato di Sant'Ambrogio e alla Facoltà di Architettura. Qui ritroviamo forse lo spirito della Firenze di Pratolini tra studenti dell'università e massaie che cercano di evitare i cari negozi del centro per turisti.
Non ho mai visto un carretto del lampredottaio dell'epoca di Pratolini, però ho letto una breve descrizione ne “Il quartiere”:
Il trippaio aveva tirato il carretto accosto al marciapiede, lo aveva protetto sotto un grande ombrello verde infilato al centro della vaschetta: al riverbero dell'acetilene, nella rada nebbia serale su cui cadeva la pioggia, il fumo del lampredotto conferiva una proporzione alle facce degli avventori che vi si affollavano intorno.
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Firenze, il "carretto" del Lampredottaio
di oggi
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Un carretto attrezzato. Da noi ce n'erano per i dolci e per i gelati, tricicli con una baracca in legno per la merce. Poi, con il boom economico sono cambiati: motocicli, con le rifiniture in alluminino o acciaio e formica; infine oggi, come quello del lampredottaio che ho visto, sono dei furgoni con tutte le attrezzature di un locale fisso, con luce, frigo e perfino la musica dagli altoparlanti. La vita cambia e segue i tempi, ma, dove c'è “la vita”, molte cose restano, seppure diverse nel modo di essere.
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Firenze, Lungarno Ghicciardini
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Il rione di Sanfrediano è "di là d'Arno", è quel grosso mucchio di case tra la riva sinistra del fiume, la Chiesa del Carmine e le pendici di Bellosguardo; dall'alto, simili a contrafforti, lo circondano Palazzo Pitti e i bastioni medicei; l'Arno vi scorre nel suo letto più disteso, vi trova la curva dolce, ampia e meravigliosa che lambisce le Cascine.
Così inizia il romanzo “Le ragazze di Sanfrediano” e Sanfrediano è per Pratolini un quartiere molto importante per il suo spessore di vita. Se alla vista è un quartiere così bello non è così per i contenuti che c'erano all'epoca, infatti, poco dopo scrive:
Ma non tutto è oro ciò che riluce. Sanfrediano, per contrasto, è il quartiere più malsano della città; nel cuore delle sue strade, popolate come formicai, si trovano il Deposito Centrale delle Immondizie, il Dormitorio Pubblico, le Caserme.
Gran parte dei suoi fondaci ospitano i raccoglitori di stracci, e coloro che cuociono le interiora dei bovini per farne commercio, assieme al brodo che ne ricavano. E che è gustoso, tuttavia, i sanfredianini lo disprezzano, ma se ne nutrono, lo acquistano a fiaschi.
Le case sono antiche per le loro pietre, e più per il loro squallore; formano, l'una a ridosso dell'altra, un immenso isolato, qua e là interrotto dall'apertura delle strade, con gli improvvisi, incredibili respiri del lungofiume e delle piazze, vaste ed ariose queste, come campi d'arme, come recessi armoniosamente estesi. Ci pensa l'allegro, rissoso clamore della sua gente, ad animarli: dal rivendugliolo e stracciaiolo, all'operaio delle non lontane officine, all'impiegato d'ordine, all'artigiano marmista, orefice, pellettiere le cui donne hanno anch'esse, nella più parte, un mestiere. Sanfrediano è la piccola repubblica delle lavoranti a domicilio: sono trecciaiole, pantalonaie, stiratrici, impagliatrici che dalla loro fatica, sottratta alle cure della casa, ricavano ciò che esse chiamano il minimo superfluo di cui necessita una famiglia, quasi sempre numerosa, alla quale il lavoro dell'uomo apporta, quando c'è, il solo pane e companatico.
Se andiamo oggi in Sanfrediano troviamo ancora le “antiche pietre” con i vicoli che sfociano sul lungo fiume, le piazze, i giardini stupendi (purtroppo inaccessibili perché privati), qualche mercatino, ma ben poco è rimasto del denso tessuto di lavoratori “in proprio” descritto. Non ci sono più straccivendoli, i preparatori di trippa, le lavoranti a domicilio: trecciaiole, pantalonaie, stiratrici, impagliatrici sono scomparse da tempo.
Cosa è rimasto di tanta vita?
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Firenze, Fontana dello sprone
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Le case oggi sono tutte belle e tirate a lustro; qualche laboratorio artigianale c'è ancora, ma veramente poca roba. La pelletteria che viene venduta nei negozi del centro, non credo proprio sia prodotta qui, magari viene dalla Cina; le officine non sono più vicine, non c'è più traccia del “ Deposito Centrale delle Immondizie”.
Un emblema del cambiamento l'ho trovato. Passeggiando per i vicoli ho visto svettare al di là di un muro una grande e nota struttura metallica del secolo passato: il serbatoio di una “officina del gas”, il cosiddetto gasometro.
Mi è facile immaginare quale doveva essere all'epoca dei romanzi di Pratolini: l'ho visto in funzione da piccolo. Quelle officine hanno cessato di lavorare negli anni '50, quando arrivò il metano. Vedo con gli occhi del passato grandi piramidi di carbone, polvere di carbone ovunque, appiccicata alle cose, ai muri delle case, alla strada: il nero era il colore del luogo.
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Firenze, il Gasometro a Sanfrediano
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Oggi il luogo è veramente un'altra cosa: archeologia industriale. Il gasometro è sgonfio nella struttura circolare in pietra e resta una testimonianza di un modo di concepire l'architettura tecnologica nell'ottocento, in cui le strutture, oltre che funzionali, dovevano essere belle. Ecco che un brutto serbatoio viene arricchito da puntali infissi sulla cima dei tubi di sostegno e resta una testimonianza di un modo di pensare. All'intorno c'è un giardino con panchine e la vecchia tettoia di servizio diventa un luogo all'ombra e riparato dalla pioggia dove sostare. Le vecchie palazzine sono state recuperate e utilizzate per attività sociali.
Che direbbe Pratolini?
La vita prosegue, anche se diversa.
E se tra Piazza Signoria e gli avelli di Santa Croce, si aggirano inesauste le ombre dei Grandi ad accendere di sacro fuoco i diacci spiriti della modernità, nei vicoli di Sanfrediano, il popolo che fu contemporaneo di quei Padri, vi si muove in carne ed ossa, vi sta "di uscio e bottega”. I pochi dei suoi che si meritarono una gloria tutta umile e maligna, continuano ad esistere, Buffalmacco e il Burchiello sono vivi. Quelle stesse donne e fanciulle di cui le novelle e le cronache antiche sono piene: belle, gentili, audaci, sfrontate; e nel volto, nelle parole e nei gesti delle quali la castità medesima acquista il significato di un misterioso e irresistibile adescamento, e la licenziosità il senso tutto esplicito, ignaro e disarmato del candore, qui fate un passo e le incontrate.
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Firenze, turisiti si riposano in piazza Santo spirito
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i spiace per il maestro Pratolini, e forse di più a me, ma non ho incontrato né “le ombre dei Grandi ad accendere di sacro fuoco” in Santa Croce, né “ Quelle stesse donne e fanciulle di cui le novelle e le cronache antiche sono piene”. Turisti, tanti turisti, meno a Sanfediano, ma anche qui ci sono, e “ i diacci spiriti della modernità” hanno congelato il tutto, diventato bello, pulito, ben organizzato, ma “diaccio”.
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Firenze, l'Arno a Sanfrediano
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L'Arno vi scorre nel suo letto più disteso, vi trova la curva dolce, ampia e meravigliosa che lambisce le Cascine
Come si fa a non andare alla Cascine?
Traversato il ponte di Santa Trinita rientro nelle viuzze di Firenze per raggiungere il famoso parco. Passeggiata lunga.
Quando arrivo all'arteria di grande traffico, che separa la città dal parco, ho un attimo di panico: ad attraversare con tutto quel traffico mi falceranno! Devo dire che il traffico a Firenze è veramente ben controllato. Una serie di semafori pedonali mi permettono di attraversare agevolmente e senza rischi.
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Firenze, la Stazionei Leopolda
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Dalla “traversata” sbarco all'ingresso della Stazione Leopolda, la prima stazione iniziata a costruire a Firenze nel 1848, ma non la prima inaugurata. Infatti, la prima ad entrare in funzione fu quella attuale di Santa Maria Novella. La Stazione Leopolda fu invece la prima ad essere chiusa e nel 1860 venne convertita a spazio espositivo. Dopo diversi successivi utilizzi, oggi è tornata ad essere spazio espositivo. A fianco si stanno completando i lavori accessori per il nuovo Teatro dell'opera, appena inaugurato.
Mi addentro in una strada verso il parco, cammino un poco, a fianco ho i campi da tennis del Club Sportivo e mi accorgo di essere solo. In genere non ho paura, ma mi ricordo di avere addosso una preziosa (e costosa) macchina fotografica, questa potrebbe stimolare qualche malintenzionato ad aggredirmi sperando magari in un portafoglio pieno. Preferirei, per la mia incolumità, evitagli una delusione. Proseguo con circospezione e passo a fianco di una costruzione in mattoni mal tenuta, ma che dà l'idea di qualcosa che in origine era di qualità (scoprirò poi che è lo semisferio) e finalmente arrivo al parco vero e proprio dove ci sono delle persone.
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Firenze, Le Cascine
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Il parco è maestoso.
In un enorme spazio verde con alberi secolari, ampi viali, passeggiano persone o fanno jogging.
Noto una donna con una minigonna rossa ferma accanto alla strada, sono convinto che è una puttana. Mi fermo e mi siedo per prendere un poco di fiato, quando arriva una sua collega infuriata e ululante in uno sbrindellato Italiano
- non puoi stare qui così!
Lotta per gli spazi vitali?
No la cosa è più complessa.
La giovane non può stare lì con la minigonna. Direi che non è certo una vista esaltante, ma il vero motivo non è questo, è che può provocare l'intervento indesiderato dei vigili. L'altra professionista la invita “caldamente”, con un linguaggio colorito, a infilarsi un paio di pantaloni, se non vuole guai... Possiamo certo dire che queste non sono “le ragazze si Sanfrediano”, però questa è la vita oggi.
Lasciatemi fare una piccola considerazione sull'aspetto attuale delle Cascine.
Qui troviamo spazi culturali vicino a spazi sportivi e di relax, un'idea ottima che ho sempre apprezzato. Nel mio piccolo quartiere è già così e l'associazione sportiva locale, negli spazi assegnanti loro dal comune, svolge, oltre all'attività sportiva, anche la funzione di aggregazione per gli abitanti del quartiere con attività di intrattenimento, qualche mostra e attività culturali: un'ottima integrazione che sarebbe da imitare.
Sto rientrando all'albergo quando alzando gli occhi vedo delle finestrelle con delle cassette di fiori; mentre proseguo il cammino mi chiedo che struttura sia quella che sto costeggiando, quando da un ampia volta che si apre sulla facciata intravedo qualcosa di inaspettato: un lungo corridoio, coperto da una vetrata, tra due edifici. Le pareti sono alte, di mattoni, leggermente ricurve verso l'interno del corridoio, sono interrotte a metà altezza da due passaggi pedonali collegati da passerelle.
È la struttura evidente di un carcere, ora recuperato in modo magistrale. Lungo il corridoio si aprono moderni negozi, molti legati ad attività culturali.
Impossibile non trattenermi, Pratolini non parla direttamente del carcere, ma è presente nei suoi scritti perché è parte delle vicissitudini della vita dei suoi personaggi. Anche questo è quindi un luogo da percorrere nel mio itinerario di ricerca.
Cosa è diventato oggi?
Entro e guardo attentamente i bei negozi, non hanno la faccia dei negozi per turisti. Sulla sinistra si apre un passaggio che porta in un grande cortile. C'è gente, non molta, ma sono fiorentini senza dubbio: di passaggio o lì per incontrari e parlare. Mi addentro e osservo la sistemazione fatta. Una cosa attira la mia l'attenzione, anche per il suo vivace colore rosso mattone che stacca nettamente sul grigio delle pietre. è il “Caffè letterario”. Ai tavolini degli avventori leggono o osservano la vita intorno, forse dei pensionati visto che è un giorno lavorativo.
Rientro nel corridoio e proseguo nell'esplorazione. Anche a destra vi è un grande cortile, ma questo è regno di bambini che giocano. Che strano! È la prima volta che vedo bambini giocare in spazi aperti e devo ricordare che non è facile vederli nemmeno nella altre città.
Tutto è cambiato, ma la gente ancora in una giornata calda con il sole, esce volentieri e si siede su una panchina o ai tavolini di un bar a godere il tepore e ad incontrarsi.
Firenze, come tutte le città, è cambiata, adeguandosi ai tempi. Il centro è diventato essenzialmente luogo per i turisti. La gente comune, che comunque è più ricca e solitaria di quella descritta da Pratolini, è stata allontanata, ma esiste ancora.
Resta il quesito che già avevo proposto quando ho scritto de “Il quartiere”: “un giovane d'oggi può ancora ritrovarsi nei personaggi di Pratolini?” È ancora un problema per i maschi avere i “ginocchi scoperti” e per le ragazze poter portare “ alti tacchi o il rossetto”?
Tutto cambia, anche se qualcosa resta, ma cosa e come resta?
Vedi anche:
Diario di viaggio - Firenze
I misteri di Santa Croce
...e
prosegue alla caccia dei “Sepolcri” dalla Santissima Annunziata, a San Frediano,
a Santa Maria del Carmine e infine la scoperta di San Miniato
di Cricio
Rileggendo
“Il
quartiere” di Vasco Pratolini
Ho vissuto
quel libro come lo specchio della mia adolescenza, ma un giovane che lo leggesse
oggi lo vivrebbe nello stesso modo?
di
Cricio............
Diario di viaggio
Firenze ed i turisti
Il turismo è un'importante risorsa economica per la città e la città si “inchina” al turismo
di Cricio
Argomenti:città, economia, firenze, società, turismo, viaggi
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