Cos'è questo? Mi sono chiesto quando l'ho visto sul banco del libraio. Un libro-pacchetto di Nazionali Esportazione, le sigarette che hanno imperversato negli anni '50 e '60, chiaro simbolo del contenuto del libro. Si tratta di 26 racconti incentrati su qualcosa che Guccini ha avuto nella sua infanzia e nella sua adolescenza e che oggi non c'è più.
Attraverso i suoi ricordi e le sue considerazioni, posso rivivere quel periodo, lo stesso periodo in cui ho vissuto la mia infanzia e la mia adolescenza. In un solo caso, “I cantastorie di piazza” non mi ritrovo con la mia esperienza da giovane. Sinceramente non ricordo “i cantastorie”; eppure abitavo in una delle vie dove avveniva il mercato settimanale ed era la mia passione passare in rassegna ogni cosa esposta e fermarmi dove c'erano gli imbonitori. Invece, in buona parte di questi racconti mi identifico bene, in altri riconosco le esperienze raccontate, anche se le mie erano diverse. Ad esempio proprio nel primo “La banana” mi trovo nella situazione di dire: per fortuna a me non è capitato così, ben sapendo che per la maggior parte dei bambini è successo proprio quello che racconta Guccini.
Il libro così è diventato un motivo di a m'aorcord e di stimolo a registrare quanto mi porta alla mente lo scritto di Guccini , per poi renderlo disponibile ai miei amici sul mio blog. È proprio nel fare questa operazione che mi è sorto qualche dubbio sul giudizio da dare all'opera di Francesco Guccini.
Il libro è scritto magistralmente, l'ho evidentemente trovato interessantissimo e letto d'un fiato; non ho trovato compiacimento o nostalgie, ma solo un'emozione nel ricordo, ricordo preciso peraltro da “storico”, ma può interessare in questo modo tutti?
Credo di no, credo che il suo limite sia che queste cose possono interessare solo chi le ha vissute, cioè chi ormai è in età di pensione.
Dizionario delle cose perdute
Di Francesco Guccini
Prezzo di copertina € 10,00 Disponibile anche in ebook a € 4,99
Data uscita 28/02/2012
140 pagine, brossura
ISBN: 978880461285
Editore Mondadori
collana Libellule
Una volta, c'era la banana: non il frutto amato dai bambini, bensì l'acconciatura arrotolata che proprio i bimbi subivano e detestavano ma che veniva considerata imprescindibile dai loro genitori. I quali, per bere un buon espresso, dovevano entrare al bar e chiedere un "caffè caffè", altrimenti si sarebbero trovati a sorbire un caffè d'orzo. Una volta, per scrivere, non c'erano sms o e-mail, ma si doveva dichiarare guerra ai pennini e uscire da scuola imbrattati d'inchiostro da capo a piedi. Una volta, si poteva andare dal tabacchino, comprare una sigaretta - una sola - e fumarsela dove meglio pareva: non c'erano divieti, e i non fumatori erano una gran brutta razza. Una volta, i bambini non cambiavano guardaroba a ogni stagione, andavano in giro con le braghe corte anche d'inverno e - per assurdo contrappasso - col costume di lana d'estate. Una volta, la Playstation non c'era, si giocava tutto il giorno per strada e forse ci si divertiva anche di più. Una volta, al cinema pioveva... Con un poco di nostalgia, ma soprattutto con la poesia e l'ironia della sua prosa, Francesco Guccini posa il suo sguardo sornione su oggetti, situazioni, emozioni di un passato che è di ciascuno di noi, ma che rischia di andare perduto, sepolto nella soffitta del tempo insieme al telefono di bachelite e alla pompetta del Flit. Un viaggio nella vita di ieri che si legge come un romanzo: per scoprire che l'archeologia "vicina" di noi stessi ci commuove, ci diverte, parla di come siamo diventati.
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