|
||||||||
Anno VIII n° 7 LUGLIO 2012 TERZA PAGINA |
||||||||
Egidio Costantini - Biografia
Di Egidio Comelli
|
||||||||
Egidio Costantini nasce a Brindisi il 22 aprile del 1912 e vi rimane fino all’età di sei anni, ma a causa della perdita del padre è costretto a trasferirsi a Venezia, a casa della nonna materna, assieme alla madre e alle due sorelle. Venezia rimarrà per tutta la sua vita, salvo brevi periodi, la sua casa. Egidio frequenta elementari e medie inferiori per approdare poi ad un istituto tecnico: a diciotto anni ottiene il brevetto internazionale di radiotelegrafista di prima classe. Ma il suo destino non è sul mare, il suo primo impiego lo trova al Circolo Motonautico di Venezia, vi entra come fattorino. Dopo sei mesi vi lavora già come segretario e dopo un anno organizza e dirige tutti i concorsi promossi dalla Motonautica.
Il 30 maggio 1937 sposa Emy con cui era fidanzato da quattro anni e che rimarrà al suo fianco fino al giorno della sua scomparsa nel 1986. Il loro sarà un legame forte basato sull’amore e sul rispetto reciproci e da cui nasceranno tre figli Attilio, Maddalena ed Egidia. Con lo scoppio della Seconda Guerra mondiale si ferma ogni attività della Motonautica ma Egidio riesce a trovare lavoro, come impiegato, presso la Banca Commerciale di Venezia. In questo periodo così difficile Egidio riscopre la sua passione per la botanica e riesce a conseguire il diploma di botanico presso l’Università di Parma (1942). Nel 1945 a causa di problemi di salute della moglie, chiamata da tutti in famiglia “Mamma Emy”, Egidio, su suggerimento dei medici che gli consigliavano un cambio di residenza in zona montana, si trasferisce assieme a tutta la famiglia a Cercivento (UD) . Vi rimane alcuni anni e in quel periodo porta i sui studi botanici sul piano della sperimentazione: con l’aiuto di un fabbro locale Egidio costruisce un piccolo impianto composto da tre forni, una teleferica per il trasporto del legname, un piccolo acquedotto e la centralina elettrica per un lavoro a ciclo continuo di quattro ore e mezza, che permette di distillare 15 quintali di legna da cui ricavare carbone, acido pirolegnoso ed altri prodotti. In Carnia il caso vuole che Egidio scopra la passione per il vetro che cambierà per sempre il suo destino e quello della sua famiglia. Durante la riparazione di uno dei forni, Egidio scopre che le pareti si sono vetrificate; lo spettacolo di colori e trasparenze lo appassiona subito. Le emozioni cedono presto il posto all’intuizione: in Egidio si fa strada l’idea di confrontarsi con la materia vetro e di realizzare tramite essa “immortali opere d’arte”.
All’inizio della sua carriera realizza, da solo, anfore, vasi, coppe, bicchieri e portacenere dalle forme e dalle linee originali e innovative. Questa fase di “sperimentazione solitaria” ha breve durata, il suo intuito gli fa capire che per portare l’arte del vetro ai livelli raggiunti dalla scultura e dalla pittura, bisogna coinvolgere in un progetto di ampia portata gli artisti contemporanei. È necessario che l’arte del vetro proceda su un piano di collaborazione fra più menti, quella del pittore o dello scultore, quella del maestro vetraio e quella di Egidio, l’unico in quel momento ad avere intuito come la grande Arte del Novecento possa abbracciare anche la materia vetro. Sa di poter tradurre dalla tela o dal legno o dal gesso o da qualsivoglia altro materiale le forme dell’arte contemporanea senza decadere in una produzione di semplici “copie” in vetro. È consapevole di essere in grado di realizzare opere che, con il disegno o la maquette da cui provengono, condivideranno solo l’idea, il pensiero che le ha generate ma, che rispetto a forme, colori, dimensioni, ecc., l’opera in vetro deve trovare un proprio equilibrio, deve seguire la natura che la materia di cui è composta le impone. Il primo artista a cui Egidio si rivolge è Gino Krayer, un pittore veneziano surrealista, che mette a sua disposizione alcuni disegni. Egidio quindi si reca in una fornace a Murano. Non si deve confrontare solo col vetro ma anche con il maestro vetraio, ma sin da subito riesce ad impostare il lavoro di equipe su un livello di piena collaborazione: grazie alle proprie capacità, crea una perfetta sinergia fra la sua mente, i suoi occhi e le mani del maestro vetraio. La sua capacità di trasferire idee, sia che esse siano semplici o complesse, ai suoi collaboratori gli consentirà di realizzare opere sempre più elaborate ed impegnative.
Egidio vuole spingersi oltre, prende forma “La Fucina degli Angeli”, il movimento artistico che fonderà con la collaborazione dei più grandi artisti del ‘900. Mette per iscritto le sue idee di innovazione e di radicale trasformazione dell’Arte del Vetro e le comunica al mondo artistico: scrive decine e decine di lettere ai più famosi artisti dell’epoca, gli risponde, per primo, il pittore austriaco Oskar Kokoschka, la loro prima collaborazione risale al 1952: da un suo disegno Egidio realizza un vaso ad anse invertite chiamato Vaso Baccanti. Pochi anni dopo realizza anche opere su disegno di Le Corbusier: una delle prime è il “Bucranio Blu” (1954). Nel 1954 Egidio si reca a Vallauris sulla Costa Azzurra, dove risiede Picasso. Dall’incontro tra i due artisti non nasce semplicemente un accordo di collaborazione ma anche una grande amicizia. Il geniale artista andaluso consegna ad Egidio i disegni del Flamenco, del “Centauro” e del “Giano Bifronte”: ne nasceranno i primi capolavori realizzati da Egidio su disegno di Picasso. Negli anni successivi seguiranno nuovi incontri e nuove opere in vetro. Sempre nei suoi viaggi in Francia Egidio diventa amico ed inizia a collaborare con Jean Cocteau, scrittore, poeta, pittore, drammaturgo e regista, e con il poeta Andrè Verdet, entrambi amici di Picasso. Nel 1955 Egidio pone fine al “Centro Studio Pittori nell’Arte del Vetro di Murano ”, ed apre una propria galleria d’arte a Venezia in campo San Filippo e Giacomo: Jean Cocteau gli dà il nome di “Fucina degli Angeli”. La Fucina non è solo il luogo fisico dove vengono esposte le opere di Egidio e dei suoi artisti ma diventa anche il nome del movimento artistico portato avanti da Egidio. Trascorrono gli anni ed il nome della “Fucina” comincia ad affermarsi sia a livello nazionale che nei paesi d’Oltralpe, anche grazie all’adesione di nuovi artisti quali Arnoldo Arnoldi, in arte Nagh, Manfredo Borsi, il pittore tedesco Hans Hartung e Marc Chagall. Nel 1961 Costantini prende contatto con la signora Peggy Guggenheim. Grazie all’aiuto economico, alla stima e all’amicizia, che la celebre e ricca collezionista americana gli dimostrerà in più occasioni, Egidio può dare maggiore slancio alla sua attività di artista, che per altro in quel periodo aveva non poche difficoltà di carattere economico, ed esporre le sue creazioni in tutto il mondo. Egidio fa anche la conoscenza del pittore e scultore tedesco Jean Arp, di cui riscuote subito la fiducia: la loro prima collaborazione porta alla luce l’opera le “Tre grazie”. Nel 1964 la Guggenheim fa esporre le opere della Fucina nel proprio palazzo e l’anno successivo fa in modo che le porte del Museo d’Arte moderna di New York si aprano alla Fucina degli Angeli. Il 14 giugno 1966 si inaugurano i locali della nuova sede della Fucina degli Angeli. I nuovi locali vengono ricavati da un ex magazzino in Calle Corona. Il progetto di restauro e di trasformazione e l’esecuzione dei lavori vengono affidati all’architetto Mikuni Omura, suo genero. Fra le sculture esposte nella nuova sede compaiono anche quelle di Max Ernst. L’acqua alta, che si abbatte sulla città di Venezia il 4 novembre 1966, causa gravi danni anche alla sede della Fucina, vanno perse molte opere, disegni lettere, ecc. ma l’aiuto, per risollevarsi dalla difficile situazione, arriva nel 1967 dagli Stati Uniti d’ America: Nelson Rockfeller, in cambio di un’opera a scelta, e l’azienda pubblicitaria Walter Thompson, in cambio della richiesta di quattrocento mascherine in vetro, su disegno di Ernst, garantiscono aiuti economici che permettono di restaurare la nuova sede e di riprendere l’attività. Alla fine dello stesso anno viene realizzata una delle opere fra le più impegnative e difficili “L’Immortale”, una monumentale scacchiera, frutto della sinergia con l’amico e artista Max Ernst. Egidio realizza anche il “Cristo in gloria” con l’amico Mark Tobey. Nello stesso anno le due nuove opere vengono esposte a Ca’ Pesaro, il Museo d’Arte Moderna di Venezia. È un altro trionfo: nel periodo di apertura dell’esposizione (22 luglio – 30 settembre 1967), il numero dei visitatori raddoppia. Subito dopo le opere tornano nella risorta sede della Fucina degli Angeli per essere esposte assieme a quelle di Coignard, Dauphin, Krayer, Le Corbusier, Leger, Lobo, Peegen, Picasso, Severini, Tamaki . Nel 1969 Egidio si reca a New York su richiesta dell’amico e pittore Paul Jenkins, esponente dell’arte informale: è l’inizio di un’altra feconda collaborazione. Nel 1970 l’esposizione delle opere della Fucina nel Palazzo Ducale di Venezia riscuote un successo anche maggiore di quello dell’anno precedente. L’avvenimento attira l’interesse del Ministero della Cultura rumeno. Su invito dello Stato rumeno, fra il 1971 ed il 1974, Costantini si reca più volte in quel paese, accompagnato dalla moglie e dal suo entourage per esporre i suoi capolavori e per insegnare agli operai ed agli artisti rumeni le moderne tecniche della lavorazione del vetro. Negli stesi anni stringe amicizia e collabora con Remo Bianco, Giuseppe Capogrossi e con il cileno Matta. Nella seconda metà degli anni ’70 avviene l’incontro con i rappresentanti dell’arte contemporanea giapponese. Da questa collaborazione prenderanno forma capolavori come le mani di vetro di Tadanori Yokoo o il bosco di Ito Takamici. Nel Luglio del 1981 iniziano i lavori per la “Proposta per una Cattedrale”. A causa dei malintesi e delle gelosie dell’ambiente muranese, Costantini si trasferisce a Casale sul Sile nella fornace Vetrofond e, assistito dai maestri vetrai Dei Rossi, Tagliapietra, Ragazzi e Falcier, mette mano al suo ambizioso progetto che comprende una porta in vetro, ferro e legno, un altare in vetro e cristallo, un fonte battesimale sempre in vetro con base in legno, ecc.. La “Proposta” viene allestita per la prima volta nella Sala dei Notari di Palazzo dei Priori a Perugia il 4 Ottobre 1981; alla sua realizzazione partecipano artisti quali John C. Portman (architetto e ingegnere di Atlanta, USA), Robert Sherer (pittore e scultore altoatesino), Reuven Rubin (artista israeliano), Mikuni Omura. Nel 1983, in occasione di Vinmondo, a Pordenone, Egidio allestisce una mostra della Fucina degli Angeli per celebrare l’antica bevanda in tutte le sue sfaccettature. Grappoli d’uva verdi e rossi, disegnati da Robert Wilson, una bottiglia con il tappo raffigurante un volto ebbro di Mario Stefani, una morbida mano che accarezza un grappolo d’uva, di Mario Lupo, il “Bacco blu” dai riflessi dorati di Picasso, le “Baccanti” di Kokoschka, ecc. Il 1984 segna il sodalizio con la cultura e l’arte spagnole: vengono esposti a Barcellona 109 pezzi che comprendono sia opere già note sia le opere nuove nate dalla collaborazione con gli artisti Giuseppe Agozzino, Mario Lupo, Luigi Tito, Giulio Turcato e Vanni Viviani. Segue sempre a Barcellona la mostra “Donna, Universo, Armonia”, inaugurata il 3 maggio 1988 presso il Centro del Vetro. Le opere esposte sono il risultato della collaborazione fra Costantini e una trentina di artisti. Vengono esposti i primi Totem in vetro realizzati al mondo, ognuno nato dall’incontro fra l’immaginazione di Egidio e la fantasia di ogni artista. Nel 1989 Egidio e la sua Fucina degli Angeli sbarcano in Giappone: i capolavori esposti riscuotono un tale apprezzamento che l’amministrazione della regione di Kanazawa decide di acquistare 48 opere (tuttora esposte nel Notojima Glass Art Museum). Gli anni ’90 sono quelli della definitiva consacrazione di Egidio quale “Maestro dei Maestri” ovvero quale artefice della rivoluzione che ha portato l’arte del vetro al livello delle altre altri figurative. Tutto il mondo dell’arte riconosce che Egidio Costantini ha saputo insegnare agli altri artisti come trasformare disegni, tele, colori, figure lignee, ecc. in sculture di vetro. È un succedersi di tributi e riconoscenze: i primi sono i Belgi che ospitano nel 1990 a Bruxelles le opere della Fucina. L’evento riscuote una pubblicità internazionale ed un grande successo confermato dalla grande affluenza di pubblico. Nel 1992 è Venezia a voler rendere omaggio ad uno dei sui più grandi artisti: le opere della Fucina vengono ospitate per una seconda volta a Ca’ Pesaro. È un nuovo e importante successo: i vetri riscuotono l’ammirazione sia della critica che del pubblico. Seguono poi le mostre di Piacenza del 1996, quella di Tel Aviv del 1997, voluta dalla vedova dell’ex primo ministro israeliano Rabin e che, per il successo registrato, viene ulteriormente prorogata. Egidio realizza nuovi lavori ispirati questa volta esclusivamente alle sue riflessioni di uomo e di artista: nascono così opere come “La Scozia”, un omaggio alla natura e al paesaggio delle Highlands o come “Messico I” (1994) e “Messico II” (1995), due composizioni di figure antropomorfe, la prima di 13 e la seconda di 12, ispirate alla cultura olmeca. Prendono forma anche le collaborazioni con la nipote Emi e suo marito Wright e con sua figlia Egidia: coi primi due realizza “Venezia” (1990), una composizione formata da una torre, la punta di un campanile e un canale. Da un disegno di sua figlia realizza invece Primavera (1997), una rappresentazione di un prato fiorito. Nel 1996 su idea di Egidio e progetto tecnico di Mikuni Omura vengono costruiti, presso Irving nel Texas (USA), una torre alta 15 metri e una fontana, entrambe in acciaio e vetro. Il 2000 si apre con la mostra di Tolmezzo, seguita tre anni dopo da quella di Innsbruck. E dal 2002 alcune fra le più belle opere della Fucina sono esposte nel Kunstmuseum Walter di Ausburg (Germania). Egidio Costantini si spegne all'età di 95 nella sua abitazione a Venezia, il 7 ottobre 2007. Vedi: Vetro contemporaneo: il futuro oltre la trasparenza. Omaggio ad Egidio Costantini Al Museo del Vetro, Murano (Venezia), dal 7 luglio al 30 settembre 2012 La mostra – attraverso una carrellata nella tradizione del vetro contemporaneo – rappresenta un momento di riflessione sulla produzione più recente, a completamento del percorso storico della collezione permanente del Museo del Vetro di Murano............ |
||||||||
© Riproduzione vietata, anche parziale, di tutto il materiale pubblicato |