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Quando le statistiche ricordano quelle di Trilussa

Istat: "Consumi delle famiglie nel 2011", informazione da leggere con molta cautela


Di Giovanni Gelmini

L’Istat ha diffuso oggi il comunicato stampa relativo all’indagine sui “Consumi delle famiglie” per il 2011.
    Nel 2011 la spesa media mensile per famiglia è pari, in valori correnti, a 2.488 euro (+1,4% rispetto all'anno precedente). Tenuto conto dell'errore campionario (0,7%) e della variazione del valore del fitto figurativo (+2,1%), la spesa risulta stabile in termini reali, nonostante la dinamica inflazionistica (+2,8%). Il valore mediano della spesa mensile per famiglia è pari a 2.078 euro, l'1,9% in più rispetto al 2010, e conferma la stabilità osservata in termini di valore medio

    La spesa media per generi alimentari e bevande cresce, in termini nominali, del 2,2% rispetto al 2010, attestandosi a 477 euro mensili; in particolare, aumentano la spesa per carne, quella per latte, formaggi e uova e quella per zucchero, caffè e altro.

    La quota di spesa per alimentari e bevande rimane costante fra le famiglie del Nord e del Centro (16,6% nel Nord e 18,4% nel Centro), mentre continua ad aumentare nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 25,6% della spesa totale.

    La spesa non alimentare complessiva è stabile, e pari a 2.011 euro mensili: diminuiscono le spese per abbigliamento e calzature (-5,9%) e aumentano quelle per l'abitazione (+3,3%).
    Sulla spesa media mensile continua a crescere il peso dell'abitazione, così come quello dei trasporti.
    La Lombardia è la regione con la spesa media mensile più elevata (3.033 euro), seguita dal Veneto (2.903 euro). Fanalino di coda, anche nel 2011, la Sicilia che, con una spesa media mensile di 1.637 euro, vede aumentare il divario dalla regione con la spesa più elevata (circa 1.400 euro).
Quanto scritto è corretto, ma per negligenza, o peggio per incapacità, molti mass-media, in particolare le TV dove la notizia viene condensata in poche parole, distorcono la notizia dando u così una errata. La osservazione che si può fare, basandoci sul semplice comunicato stampa, è che:

  • · La spesa delle famiglie, che occupano un’abitazione propria, viene incrementata dal “valore del fitto figurativo” relativo all’appartamento occupato;
  • La spesa media mensile (calcolata come media aritmetica) di 2.488€ è superiore di 410€ (+19,7%) al reddito mediano (cioè quello che divide campione ordinato per spesa crescente in due parti numericamente identiche).

Entrambi i problemi devono imporre molta cautela nel valutare questi risultati

Il secondo punto, infatti, ci dice che c’è un notevole scompenso nel campione. L’Istat stessa, da noi interrogata, precisa: “la distribuzione della spesa per consumi è asimmetrica: ci sono, infatti, più famiglie che presentano livelli più bassi di spesa”.

Sappiamo però che diversi livelli di spesa comportano diverse composizioni della stessa. I consumi alimentari sono prevalenti nelle famiglie a consumo basso, mentre altri consumi sono prerogativa quasi esclusiva di che ha bilanci di spesa per consumi più elevati. Da questo consegue che la ripartizione dei consumi per capitoli di spesa non rappresenta la realtà delle famiglie più numerose, cioè quelle con minor reddito e minore capacità di spesa, né quello delle famiglie con reddito e consumi superiori. In poche parole quei numeri sono da considerare “come i polli di Trilussa”, utili certamente per la contabilità nazionale, ma perfettamente inutili per valutare lo stato dei consumi in Italia per moltissimi usi, dal sociale all’efficienza del commercio.

Lascia anche dubbi la valutazione complessiva quando “sulla spesa media mensile continua a crescere il peso dell'abitazione” come dice l’Istat e questa voce deve per la maggior parte delle famiglie essere stimata come “fitto figurativo” e per le case di lusso, per la già citata asimmetria, pesa molto di più delle case civili e ultrapopolari.

La mitica “signora Cesira”, che, come la maggior parte degli italiani, vive in un appartamento di proprietà non lussuoso, se prova a confrontare la sua spesa con i 2.488€ della “media italiana”, si incazza sicuramente perché non sa queste cose.

Insomma questa rilevazione, pur essendo statisticamente corretta, è un vero pasticcio. Occorreva una più precisa qualificazione della spesa, almeno per quartili del campione e credo che la composizione così sarebbe stata molto significativa anche per le differenze territoriali e per le tendenze evolutive.

Argomenti:   #consumi ,        #economia ,        #indagine ,        #istat ,        #italia



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