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Anno VIII n° 8/9 AGOSTO / SETTEMBRE 2012 FATTI & OPINIONI |
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Il punto
A due mesi dalle elezioni, la “Campagna americana” non fa rissa: che differenza con le nostre beghe interne!
Obama chiede di essere rieletto per concludere il programma, ma non è un’ammissione di fallimento?
Di Giacomo Nigro
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"Lasciate che vi dica, oggi, che amo mio marito, ancora più di quattro anni fa, ancora più di 23 anni fa, quando ci siamo incontrati per la prima volta" ha affermato Michelle Obama. "Lasciate che vi dica
perché. Vedete, mi piace che non abbia mai dimenticato come ha iniziato, che ci possiamo fidare del fatto che Barack fa quello che dice di voler fare, anche quando è difficile. Specialmente quando è difficile". Ecco, quattro anni dopo, le speranze suscitate dall'arrivo di Barack Obama alla presidenza si sono forse offuscate, ma Michelle con queste parole gli ridà la carica e ci infiamma rincuorando le nostre quasi accantonate aspettative.
Anche noi, non americani, avevamo riposto in Barack le speranze di un cambiamento, nel bel mezzo della crisi economica e di valori, più pesante dopo le due grandi guerre. Ci troviamo ora a fine mandato a fare i conti con molte delusioni, Obama ne è consapevole: infatti egli sostiene che gli mancano ancora molti progetti economici da portare a termine. Il Presidente aveva già fatto dichiarazioni simili almeno in un paio di altre occasioni nel 2011. Ora però siamo a due mesi dalle elezioni e ammettere, dopo quattro anni di mandato, che il programma è incompleto dà la possibilità a Matt McDonald, uno degli strateghi chiave di Mitt Romney, di prendere la dichiarazione come un'ammissione di insufficenza: "Non si tratta di dare un voto al presidente, si tratta di capire se è stato promosso o bocciato in economia. La sua risposta mi sembra chiara, ammette di essere stato bocciato". È l'economia, la disoccupazione, la mancata crescita, dunque ciò che rovina il sostegno delle molte anime del partito democratico ad Obama. Egli ha comunque già risposto agli attacchi: "Intanto abbiamo salvato il settore auto. Abbiamo fatto si che l'università sia più accessibile e sostenibile dal punto di vista finanziario, abbiamo investito in energia pulita, nella scienza, nella tecnologia, nella ricerca, e queste sono tematiche che dobbiamo continuare a crescere nel prossimi anni. Pensate da dove siamo partiti: abbiamo perso 9,5 milioni di posti di lavoro per la crisi finanziaria. Ne abbiamo recuperati 4,5 milioni". Ma la nostra è l'epoca del tempo che corre, siamo già alle previsioni per il 2016. La convention democratica a Charlotte è da poco iniziata e già si parla di chi sarà il democratico a correre per la Casa Bianca, tra quattro anni. In fondo è successo ad Obama, di essere catapultato sulla scena nazionale dal suo discorso alla convention democratica nel 2004, quando era un senatore dell'Illinois. Saranno Julian Castro o Deval Patrick?, ci si chiede. Il primo, il sindaco 37enne di San Antonio, dal bel sorriso e una storia simile a Obama, ha parlato subito prima di Michelle Obama: pressoché sconosciuto prima della convention, il suo nome è da giorni sulla bocca di tutti. C'è qualcuno che già immagina una battaglia Castro contro Rubio (il senatore della Florida che i repubblicani coltivano e che ha parlato subito prima di Romney alla convention repubblicana). E' l'America, il cuore sempre oltre il prossimo traguardo! Certo, in questo caso gli USA avrebbero il suo primo presidente ispanico. Ma c'è chi obietta: Castro deve aspettare il 2024, perché prima deve diventare governatore del Texas (stato saldamente repubblicano). "E poi il 2016 è l'anno di Hillary Clinton", continuano a ripetere i suoi fan, anche se lei continua a insistere che dopo l'attuale ruolo di segretario di Stato, si ritirerà dalla carriera politica. E il vice presidente Joe Biden? Avrà 74 anni nel 2016. Ma non è escluso che ci provi. Deval Patrick, il governatore afroamericano del Massachusetts, molto amico di Obama, ha brillato alla convention democratica con la sua grinta e il suo slogan, che punzecchia i democratici: "ritrovate la colonna dorsale". Come a dire: cambiamento e speranza sì, ma bisogna lavorare per ottenere qualcosa. Obama scivola così fuori dalle attenzioni senza sussulti. che differenza con le nostre beghe interne! Là rivoltano come calzini leader presenti e futuri, qui si discute di improbabili rottamatori, mentre la vecchia nomenclatura si abbarbica sulle barricate della politica malata e corrotta, come le cozze sugli scogli inquinati dei litorali marini che, imperterrite, filtrano lo sporco. |
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