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Relazioni e comunità, antidoto italiano a crisi e solitudine

Un grande viaggio nelle relazioni e nelle attività dei territori, nei tanti modi in cui le comunità creano valore economico e qualità della vita


Roma, 19 settembre 2012

Il desiderio di una comunità in cui vivere bene.
In Italia le persone che vivono sole sono 7,4 milioni (3 famiglie su 10) e sono aumentate del 24% tra il 2006 e il 2011, con punte del +54% in Sardegna, +45% in Abruzzo, +42% in Umbria. In particolare, le persone con età fino a 44 anni che vivono sole sono 2,1 milioni: +46% nel periodo 2006-2011, con punte del +82% in Toscana, +80% in Abruzzo, +64% in Lombardia, +58% in Veneto. Cresce di conseguenza la domanda di relazioni e di opportunità per stare insieme. Se il 28% degli italiani dichiara di vivere in un luogo in cui le persone si conoscono, si frequentano, si aiutano in caso di bisogno (di più nei comuni piccoli, fino a 5mila abitanti: 47%), il 54% vorrebbe invece vivere in un luogo così, con relazioni di frequentazione e sostegno reciproco tra le persone che si conoscono, perché la qualità della vita sarebbe più alta.

La comunità comoda e funzionale, con negozi, medico, parrocchia e palestra vicino casa.
Nel raggio di 15-20 minuti a piedi dalla propria abitazione la maggioranza degli italiani (l’85,2%) fa la spesa alimentare quotidiana, pratica le attività spirituali (76,6%), ha il proprio medico di medicina generale (71,6%), fa la spesa non alimentare (65,6%), ha la scuola per i figli o i nipoti (65,2%), dispone di servizi sanitari come laboratori di analisi e ambulatori (56,9%), trova i centri in cui praticare la cura del corpo, dalle palestre alle piscine, ai parchi per fare jogging (54,2%). È spezzato invece il legame tra luogo di residenza e luogo di lavoro, perché solo poco più di un terzo degli italiani lavora a un massimo di 20 minuti a piedi da casa.

Vicini a mamma e papà, sempre.
È la famiglia il perno delle relazioni affettive e di aiuto degli italiani, tanto che la comunità coesa viene costruita in primo luogo a partire dalla coabitazione o dalla vicinanza alle abitazioni dei propri familiari. Più del 31% degli italiani maggiorenni abita con almeno un genitore e il 42,5% vive a un massimo di 30 minuti a piedi dalla loro abitazione. Questo bisogno di vicinanza riguarda non solo i più giovani (tra i 18-29enni coabita con i genitori il 60,7% e il 26,3% abita a meno di 30 minuti a piedi), ma anche i 30-45enni (il 26% coabita, il 43,1% abita nei pressi), i 45-64enni (l’11,4% coabita, il 57% abita in prossimità) e persino gli anziani (il 32,5% coabita, il 31,1% abita a mezz’ora al massimo a piedi). In aggiunta, il 54% degli italiani vive a un massimo di 30 minuti a piedi dall’abitazione di parenti stretti e il 64% da quella degli amici. L’accorpamento territoriale delle famiglie è oggi anche una risposta ai crescenti bisogni di tutela e non è certo estraneo alla tenuta sociale dei territori nella crisi.

Mangiare insieme crea relazioni e valore economico: boom di sagre e grigliate all’aperto, contagiosa la moda dell’aperitivo in compagnia.
Nella vita quotidiana contano sempre di più le relazioni conviviali, che nascono dalla moltiplicazione delle attività che hanno al centro il cibo e il vino. Alle sagre partecipano regolarmente o saltuariamente 23,6 milioni di italiani, di cui 5,3 milioni in modo assiduo. Si tratta di uno straordinario fenomeno culturale, oltre che economico, con un coinvolgimento trasversale rispetto alle classi di età, i ceti sociali, le aree geografiche di appartenenza. Ci sono poi abitudini che, diventando di massa, si trasformano in occasioni di socialità, come quella dell’aperitivo in bar e locali, che coinvolge regolarmente o saltuariamente 16,5 milioni di italiani, di cui 2,5 milioni in modo assiduo. In particolare, gli under 30 che amano la pratica dell’aperitivo in compagnia sono 5,2 milioni. Partecipano a grigliate all’aperto 27,5 milioni di persone, di cui 6,4 milioni regolarmente. Sono numeri che descrivono fenomeni di massa, ad alto impatto relazionale per i territori che ne sono coinvolti e con rilevanti implicazioni socio-economiche. Come nel caso del turismo enogastronomico, che coinvolge 12,2 milioni di italiani, di cui 2,3 milioni in modo regolare.

La tipicità, nuovo cemento delle comunità locali.
La crescente omogeneità dei consumi globali non ha scalfito la tipicità dei territori italiani, intesa come l’insieme di caratteri che distinguono un’area, connotandola agli occhi dei residenti e del mondo intero. Il 94% degli italiani ritiene che il territorio della regione in cui vive ha una sua tipicità che lo distingue dagli altri. Ne sono maggiormente convinti i soggetti con livelli di istruzione più elevati (96,9%) e i residenti nei comuni più piccoli (95,1%). La caratteristica distintiva del territorio regionale consiste per il 60% nel patrimonio culturale, storico e artistico; per il 57% nel cibo e nel vino; per il 53% nel paesaggio; poi nel dialetto locale (42%), nell’identità e nel senso di appartenenza (26%), nell’attività di un settore particolare, ad esempio un festival o un evento sportivo (22%). Per il 62,5% le caratteristiche distintive regionali sono molto o abbastanza valorizzate.

Cibo e web, nuovo binomio per fare comunità.
1,8 milioni di italiani partecipano a community online incentrate sul cibo, di cui 415mila con regolarità quotidiana. Al boom di attenzione per il cibo espresso dal successo di trasmissioni televisive, libri e magazine, si aggiunge la potenza aggregatrice del cibo che si dispiega sul web. Per il 50% degli italiani coinvolti nei social network, dalle relazioni create nei network online si generano iniziative nel territorio in cui vivono. Altre attività che nascono dai nessi tra cibo, web e media: 14,8 milioni di italiani (di cui 5,7 milioni regolarmente) fanno ricerche in Internet per confrontare prezzi e qualità dei cibi; 25,2 milioni di italiani (9,7 milioni regolarmente) recuperano ricette su libri, web, televisione. Si tratta soprattutto di donne (16,5 milioni), ma sono tantissimi anche gli uomini che lo fanno (8,7 milioni). Emerge così una nuova funzione sociale del cibo, perno di nuova relazionalità sia materiale (nei territori) che virtuale (nelle piattaforme telematiche e mediatiche).

Questi sono i principali risultati della ricerca Censis-Coldiretti «Vivere insieme, vivere meglio. Utili, affettive e conviviali: gli italiani e le relazioni nelle comunità», che è stata presentata oggi a Roma da Francesco Maietta e Giuseppe De Rita, Responsabile del settore Politiche sociali e Presidente del Censis, e discussa da Carlo Borgomeo, Presidente della Fondazione con il Sud, Sergio Marini, Presidente della Coldiretti, e Mario Catania, Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

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