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Il problema del lavoro Abolizione dell'Articolo 18: a cosa serve? Quello che affermano Renzi e Letta è ben lontano da quello che occorre per una politica economica italiana di ripresa Di Giovanni Gelmini
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“Bisogna uscire da un dibattito ideologico che può far scattare un allarme immotivato. Il tema è come si creano nuovi posti” Questo, secondo La Repubblica, è il Renzi-pensiero.
Bene, proviamo a svolgere il tema. Chiariamo innanzi tutto che due sono gli aspetti del problema: il primo è aumentare il numero delle ore lavorate ed il secondo è creare occupazione stabile. Rispetto al primo punto è fuori di dubbio che per aumentare il numero delle ore lavorate si deve aumentare la produzione, non vi è altra via, anche perché ogni “razionalizzazione produttiva” riduce il lavoro contenuto per unità di prodotto e senza dubbio da anni abbiano una forte revisione dei processi produttivi. Ora per stimolare in modo concreto la produzione non può bastare l'esportazione, cioè la ripresa dei mercati esteri, ma occorre rilanciare i consumi interni. Non c'è tanto da scervellarsi per sapere cosa occorre: più soldi alle famiglie (meno tasse, cuneo fiscale, ecc) e investimenti pubblici che rimettano in moto la domanda di beni. Tutto questo si riduce ad una sola cosa: ridurre la spesa inefficiente dello Stato. Questo sappiamo che si declina con un altro motto: ridurre a livelli minimi la corruzione. Mi sembra che da decenni si dicano queste cose, ma fino ad ora i politici si sono dimostrati incapaci, o non interessati a percorrere queste strade. Anche l'evasione fiscale, che ridurrebbe il peso delle tasse per chi le paga, va in buona parte associata alla corruzione. A questo punto, se abbiamo ben agito sulle leve prima descritte, la produzione aumenterà e quindi occorreranno più ore di lavoro, ma non è detto che questo si traduca in un aumento dell'occupazione. C'è una pessima abitudine, una volta solo dei piccoli imprenditori, oggi anche delle grandi imprese, ad espandere l'orario di lavoro passando dalle canoniche 40 ore settimanali fino anche a 50 ore, usando per questo due vie: la più classica, prevalente nelle piccole imprese, con il pagamento degli straordinari in nero, e, in un modo più sofisticato, con i contratti a forfait in cui la “presenza” non vien più registrata con l'ora di entrata e uscita, così si possono eludere così i limiti di legge sull'uso degli straordinari. Per affrontare bene il problema “lavoro” ci si deve occupare anche della qualità. Oggi il lavoro precario è troppo diffuso e questo non è solo un danno ai lavoratori, ma è un danno, spesso trascurato, sulla qualità delle imprese. Tra i motivi per cui il lavoro precario si è diffuso c'è certamente la sua “flessibilità”, cioè è esente dal famigerato Articolo 18, ma la vera molla, che lo fa preferire, è la possibilità di sottopagare i dipendenti. Invece di discutere tanto sul diritto al reintegro, sarebbe opportuno intervenire pesantemente con i controlli sui livelli di retribuzione dei CoCoCo e sull'abuso dei rapporto con “partita IVA” e a ricevuta occasionale. La Fornero, con la sua riforma del lavoro, ha fatto solo pasticciate. Ha reso più difficile l'uso dei contratti atipici senza portare nessun beneficio ai lavoratori: pochi sono passati da lavoro precario a lavoro a tempo indeterminato. Ora non mi sembra che Renzi abbia affrontato questi complicati problemi; fino ad oggi si è limitato a enunciati vuoti e insulsi. Speriamo che questi possano assumere consistenza nei prossimi mesi, ma quello che mi fa più paura è il concetto che ha Letta di “priorità per il rilancio dell'economia”. È di oggi l'ultimo “chiarimento” riportato dalla Roiter: “Io penso che gli imprenditori e Confindustria dovrebbero essere i primi a sapere che tenere i conti a posto vuol dire far calare gli spread. Per la crescita è essenziale che ci siano interessi bassi. Oggi siamo al punto più basso da due anni e mezzo a questa parte”, così afferma il nostro Capo del governo Qualcuno ha spiegato a Letta che i conti a posto, sono una necessità perché abbiamo un debito insostenibile, ma che non servono a rilanciare l'economia, anzi, possono deprimerla se vogliono dire più pressione fiscale; inoltre, lo spread non centra proprio per nulla. Fino a quando questi sono gli obiettivi perseguiti dalla nostra politica economica, la recessione non finirà Argomenti: #articolo 18 , #economia , #lavoro , #letta , #occupazione , #politica , #renzi Leggi tutti gli articoli di Giovanni Gelmini (n° articoli 506) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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