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L'osservatorio

L'economia italiana galleggia, affonderà o riprenderà a navigare?

Occorrono investimenti pubblici, ma per recuperare soldi occorrono grandi e piccole riforme strutturali. Ma quali? Quelle in discussione oggi non servono a nulla e sono pericolose per la democrazia

Di Giovanni Gelmini

L'economia italiana “galleggia”, l'ho sentito in TV e non so chi l'ha detto, ma ben rappresenta lo stato della nostra economia. Da qualche anno la decrescita non è più così evidente ed è quasi ferma; qualche volta troviamo indicatori che mostrano il segno “+”, ma non c'è alcun spunto per parlare di ripresa, anche se politici e giornalisti, inesperti o in malafede, propagandano per “ripresa” quegli indicatori economici che mostrano un segno positivo a livello congiunturale.
Per qualche mese la produzione industriale cresce, il PIL pure, sembra che tutto vada per il meglio e poi nei mesi successivi crolla tutto nuovamente. Questo è quanto è successo in questo ultimo anno. Non bastano gli indicatori economici per dire che siamo fuori dalla crisi, ma si deve avere anche occhio a quali azioni sono state intraprese per sostenere l'economia ed è dall'inizio, nel 2008, che nulla è stato fatto.

Tutta l'Europa non va bene, grazie alle ferree politiche monetarie fatte fino al cambio di poltrona alla BCE. Con l'arrivo di Draghi, che non è un monetarista cieco e vede bene la relazione tra moneta ed economia, la politica degli alti tassi di interesse per tenere alto il valore dell'Euro è stata abbandonata, ma troppi danni erano già stati fatti.

Solo le imprese più forti e innovative, riescono a reggere grazie all'esportazione e, se queste sono tante come in Germania, l'economia di quel paese ha meno problemi; in Italia, invece, sono poche e la loro produttività è danneggiate fortemente dalla miopia e dai costi della burocrazia.

Tutti dicono: “si devono rilanciare i consumi” e “si deve affrontare il problema della disoccupazione”, ma nessuno si accorge che 80€ di minor tasse,solo per qualcuno, sono solo un palliativo (sempre meglio di niente) e non creano indotto e nuova occupazione; occorrono investimenti diffusi. Null'altro fino ad ora è stato realizzato per contrastare la crisi.

Il nostro ministro dell'economia, Pier Carlo Padoan, espertissimo economista dello sviluppo, qualche giorno fa ha detto chiaramente quale è la via giusta: “L'incertezza macroeconomica e l'instabilità politica in alcuni Paesi hanno peggiorato la crisi. Abbiamo bisogno di trovare una soluzione per fronteggiare l'attuale basso e inadeguato livello di investimenti: dobbiamo mettere gli investimenti al centro della nostra agenda economica, questo potrebbe favorire la crescita nel medio-termine, generare occupazione e maggiore capacità produttiva”.

Gli investimenti sono l'unica chiave per uscire dalla crisi, perché producono posti di lavoro e reddito diffuso e maggiore produttività del sistema, ma perché i privati investano occorre che ci sia la fiducia nel futuro, altrimenti i soldi li mettono sotto il mattone o un in qualcos'altro.
Nei periodi di crisi è lo Stato che deve investire per ridare fiducia e stimolare anche gli investimenti privati. Per fare questo lo strumento principe è attingere al debito pubblico.

Purtroppo per l'Italia questa via è impossibile perché per decenni il debito pubblico è stato usato per pagare gli sprechi della spesa corrente; il livello dell'indebitamento oggi non permette più ulteriori espansioni.

Oggi solo con la riduzione delle spesa pubblica si possono trovare i soldi per investimenti, via non facile sempre annunciata e mai percorsa nella realtà. Per ridurre la spesa occorrono delle riforme che eliminino i motivi degli sprechi, motivi che tutti conoscono: numero eccessivo di Enti, iter burocratici di un'inutile complessità, bassa digitalizzazione della P.A., ecc...
Non dimentichiamo però che il pilastro dello spreco della P.A. è la corruzione e per eliminare questa si deve agire sull'efficienza del Fisco e della Giustizia.

Ecco perché l'Europa ci chiede le riforme strutturali, ma queste riforme per ora sono di là da venire. Quelle richieste non sono quelle che Renzi e Berlusconi hanno sottoscritto con lo scellerato patto” del Nazareno”, che nessun beneficio porterà all'economia reale.

Renzi, a differenza di Monti, sta producendo qualche intervento definibile come anticongiunturale. Se gli 80€ si configurano come un pannicello caldo, che comunque dà sollievo, gli ultimi provvedimenti, per l'edilizia scolastica e #italiasicura, se si realizzano effettivamente nei tempi previsti, possono essere un buon inizio per ridare fiducia.
Sbloccare i capitali in possesso dei comuni virtuosi dal patto di stabilità e utilizzarli per investimenti con i fondi strutturali europei ha molti vantaggi; due innanzi tutto li rendono ottimali: la velocità dell'azione dei comuni e la diffusione capillare sul territorio, fattori che possono effettivamente creare un clima di fiducia e sbloccare anche gli investimenti privati.

Argomenti:   #crisi ,        #crisi economica ,        #governo ,        #investimenti ,        #italia ,        #politica ,        #politica economica ,        #renzi ,        #riforme



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