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Considerazioni a ruota libera 2015: la “ripresa” che non verrà Perché ci sia una ripresa reale, non basta che s’incrementino le esportazioni, occorre che riparta la fiducia degli italiani Di Giovanni Gelmini
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Come ogni anno tutti guardano a quello nuovo sperando che porti qualcosa di buono. Da troppi anni viviamo una crisi economica profonda e sembra ovvio che si speri ad un possibile ritorno alla crescita.
Come a solito ci sono maghi e maghetti che dicono che la crescita del PIL nel primo trimestre sarà finalmente positiva, ma, per evitare delusioni cocenti, consiglio di prendere poco in considerazione quelle previsioni troppo ottimistiche. Il 31 dicembre scorso l'ISTAT ha pubblicato la “Nota mensile” in cui così sintetizza la situazione:
L'assestamento del prezzo del petrolio ai bassi livelli attuali è previsto influire moderatamente, in senso positivo, sulla crescita economica dei principali paesi europei. La fase di contrazione dell'economia italiana è attesa arrestarsi nei prossimi mesi, in presenza di segnali positivi per la domanda interna. Le condizioni del mercato del lavoro rimangono tuttavia difficili con livelli di occupazione stagnanti e tasso di disoccupazione in crescita. Questo è il dubbio che mi attanaglia: è possibile che ripartano i consumi interni se la sfiducia permane? Per fare in modo che la ripresa economica indotta dai mercati esteri diventi qualcosa di reale e non congiunturale è assolutamente necessario che riprendano i consumi interni, che fino ad ora, invece, continuano a scendere. Perché questo avvenga, in modo non episodico, due sono le condizioni necessarie: che i redditi più bassi crescano e che aumenti la fiducia nel futuro. Entrambe le cose non sembrano verificarsi. La disoccupazione, secondo l'ISTAT, continuerà ad aumentare, il “jobs act” crea pessimismo sul futuro e la gente si attende, a causa delle continue restrizioni alla spesa degli Enti Locali, di dover intervenire di tasca propria su cose che fino a ieri erano pagate con i soldi pubblici. Draghi ha scritto in un suo editoriale del 31 dicembre scorso sul Sole 24 Ore: “In definitiva, occorrono riforme strutturali che stimolino la concorrenza, riducano il carico superfluo della burocrazia e rendano i mercati del lavoro più adattabili.” Renzi di queste riforme non ne ha fatte nessuna, se non quella sul lavoro, che però lascia molti dubbi sulla sua efficacia. Poco o nulla ha fatto sulla burocrazia, sulla corruzione, sulla riduzione dello spreco degli enti, sull'evasione fiscale e sulla certezza della Giustizia. Il fatto che gli investimenti privati languono, malgrado ormai il costo del lavoro non sia più superiore a quello dei principali paesi dell’UE, mostra che ancora non c'è la fiducia degli imprenditori nell'Italia e senza quella non ci può essere ripresa. Renzi è vincolato nella sua azione da due mostri: i maneggiatori di soldi (i grandi finanzieri) cui poco interessa l'economia reale e il mondo dei politici, che ha in se troppi corrotti e inquisiti e che non desiderano certo mollare e finire in galera. Meglio non illudersi: in questa situazione la ripresa, se nel 2015 ci sarà, sarà minima e con andamento altalenante attorno allo zero. Argomenti: #crisi , #crisi economica , #economia , #italia , #opinione , #politica economica , #previsioni Leggi tutti gli articoli di Giovanni Gelmini (n° articoli 506) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
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