|
||||||
| ||||||
Visto per voi Rochelle Goldberg alla GAMeC di Bergamo con “NO WHERE, NOW HERE” Considerazioni a ruota libera Di Giovanni Gelmini
|
||||||
Prima di addentrarmi nella descrizione di quanto ho visto, mi sembra bene chiarire che Rochelle Goldberg trae ispirazione nella sua installazione dalla "Madonna del Prato" di Bellini. Così nella sue opera troviamo la Madonna, i pellicani, le strutture e l'uccello che guarda, come nel quadro del Bellini, dall’alto, ma tutto è stravolto. Non c'è il bimbo e tutti gli oggetti presenti a terra sono costituiti da serpenti aggrovigliati. L’installazione è posta su un tappeto di colore della terra arsa che copre interamente il pavimento. Una cosa che appare insolita, gli elementi dell’opera a terra non si guardano, anche se sono collegati fra loro da una taccia di due colori. Il nero della sabbia lavica e il chiaro dei semini di chia, semini che oggi si utilizzano nella cucina macrobiotica. Entri e vedi per prima cosa la Madonna, poi vedi i pellicani. Pellicani, fatti di serpenti, mangiano valigette 24ore (anch’esse fatte di serpenti) abbandonate sul pavimento. Valigette di viaggiatori, simbolo dell’incontenibile fenomeno dei migranti. Serpenti in forma di uccelli che mangiano serpenti in forma di valigia, cioè mangiano se stessi. Tutto appare come un qualcosa schifoso e degradato. Schifato dal loro ripugnante pasto, ti giri, vedi dietro di te un uccello su un trespolo in alto, come nel quadro del Bellini, che osserva il tutto. Questo però è un gufo bianco con un occhio solo. È l’unico elemento che guarda gli altri Inquietante! Tutto quello che vedi è inquietante. I serpenti, che compongono tutti gli oggetti, sono riprodotti con precisione, aggrovigliati, con la loro pelle a squame. Il serpente è quello biblico che ha portato l’umanità al peccato? La serpe è comunque vissuta dalla gente come un pericolo, un essere infido, freddo. È un segno del male senza riconoscenza né affetti. I colori usati, il nero per la maschera della Madonna, i pellicani e le valigette e il bianco del gufo, non sono colori, ma luce e mancanza di luce. Interessante notare che sia il nero sia il bianco sono usati per indicare la morte, il lutto: il nero nella civiltà occidentale, il bianco nella civiltà orientale. Dove è finita la serenità presente nel quadro del Bellini? Il bimbo, segno della salvezza, è scomparso, la natura mangia se stessa in un continuo degrado,la Madonna è svuotata e ne rimane solo la maschera che ti guarda in silenzio. Uno degli fattori inquietanti è proprio la solitudine degli elementi che compongono l’installazione: ognuno inizia e finisce in se stesso. Altro segnale che mi sembra di ricevere dall’installazione è che il mondo procede verso la desertificazione. Però proprio quella traccia fatta con semi e polvere lavica mi dà un’idea di lettura tutta personale. I semi possono germogliare e allora sono la speranza di una nuova vita, la lava che nasce dal fuoco del vulcano è segno di distruzione, ma poi genera terreni fertili perciò genera prosperità futura. Un segnale per un futuro possibile. A differenza delle forme presenti nell’opera appoggiata sul tappeto di terra arsa, il Gufo è ben definito, non sembra fatto di serpenti; è bianco come la luce, la luce che da energia. Cosa aspetta il gufo? Che gli oggetti neri, fatti di serpenti, si auto distruggano e che i semi, sparsi sul deserto da loro generato, si possano riprodurre dando vita a un nuovo mondo bello e sereno, con un vero equilibrio rispettoso della natura? Possibile che l’occhio unico del gufo sia un simbolo di Dio, che osserva, protegge, ma non interviene direttamente? La risposta a queste domande nella mia personalissima interpretazione emotiva dà alla sua presenza un particolare significato inquietante si, ma anche con speranza per un futuro. Nella saletta a fianco la luce è il filo conduttore delle opere presenti, un’istallazione e due sculture, e leggo questo come la prosecuzione del confronto tra il bianco e il nero degli elementi dell’installazione precedente. La luce oggi non è solo energia e calore, ma, attraverso le fibre ottiche, è anche veicolo per la trasmissione di informazioni e conoscenza. Proviamo a considerare allora la luce come elemento necessario per la nostra sopravvivenza. Non pensiamola come qualcosa diffusa gratuitamente dal sole, ma come una risorsa distribuita e controllata da pagare. Chiediamoci cosa succederebbe se a noi venisse a mancare la luce. Di certo succederebbe come per l’acqua, per il petrolio, per l’elettricità, anche per la luce avverrebbe che chi non la può avere andrebbe a rubarla dove la luce c’è.
La fibra ottica usata per la trasmissione viene accuratamente avvolta per evitare perdite di luce, ma qui la Goldberg fa l’operazione opposta: avvolge sei cavi in fibra ottica con una plastica simile al vetro per favorirne la dispersione. La cosa risulta molto evidente nel buio della sala. Queste “macchie di luce”, queste “perdite” diventano una preziosa fonte per chi la luce non ha. Così mani, costruite anche in questo caso da grovigli di serpenti, cercano di impadronirsi di questa importantissima fonte di vita. Sul fondo di questa seconda sala due sculture, realizzate appositamente per questa mostra, rappresentano la prosecuzione del discorso fatto fino a qui.
Una scultura ben visibile sul fondo della sala è formata da due forme sovrapposte. La prima è cristallina e sembra una massa d’acqua congelata che non riesce a raggiungere la seconda, un contenitore sottostante, nero e fatto anch’essa da grovigli di serpenti. È come se l’acqua si rifiutasse di irrigare quello schifoso ammasso. L’acqua, segno di purezza, è uno dei grandi problemi oggi, perché il nostro patrimonio idrico è sottoposto a grande stress per l’inquinamento e la deforestazione. Il segnale lanciato dalla Goldberg mi sembra preciso. Acqua e luce, le fonti necessarie per la nostra vita sono cose di cui oggi abusiamo con leggerezza. Gli effluenti, scaricati nei fiumi e nel mare, rendono l’acqua poco utile per la vita e gli scarichi nell’aria fanno diventare la luce pericolosa per noi. Solo uscendo dalla saletta dal passaggio in fondo, possiamo notare l’altra scultura. È una maschera nera e nel buio che avvolge la saletta può sfuggire facilmente al visitatore, anche se è segnalata da due virgole luminose che si affiancano ai suoi occhi. Un viso ben delineato, ma anch’esso costituito da serpi. Un richiamo a Medusa? Forse. Questa maschera può essere la sintesi di tutta al rappresentazione “NO WHERE, NOW HERE”: una Medusa distruttiva, che ha invaso la mente dell’uomo e l’ha portato al massimo la sua ingordigia. L’uomo così trasformato ora pensa solo a mangiare la sua stessa esistenza, come fanno i pellicani dell’installazione, invece di proteggere la sua ricchezza, cioè l’ambiente che gli dà la possibilità di vivere. Sono convinto che fare arte è necessariamente comunicare e creare emozioni; se ciò è vero di certo la giovanissima Rochelle Goldberg è già un’artista grande. Entrando nella prima sala si prova angoscia e curiosità. Poi, per meglio capire, ci si avvicina e si entra nel meccanismo del luogo carico di simboli, simboli che creano nella nostra mente le più disparate emozioni e che poi ci portano a riflettere sul nostro mondo e su quale futuro si possa attendere. Le opere presentate in questa esposizione avrebbero potuto benissimo essere a “All the World’s Futures” della 56° Biennale di Venezia del 2015, senza sfigurare, anzi lasciando un segno ben più significativo di qualche altra che invece vi ha trovato spazio. Per approfondire: Visto per voi Rochelle Goldberg alla GAMeC di Bergamo con “NO WHERE, NOW HERE” di Giovanni Gelmini Michelangelo Pistoletto a Bergamo, alla GAMeC “Immagini in più, oggetti in meno, un paradiso ancora” dal 7 OTTOBRE 2016 al 15 GENNAIO 2017 di Giovanni Gelmini Presentazioni: GAMeC 2016: mostre di inizio inverno Un anno ricco di iniziative per la GAMeC, ben 20 mostre realizzate, che nello scorcio di fine anno ci offre una serie di mostre veramente interessanti di G. G. Fabio Mauri “Arte per legittima difesa” Alberto Burri - Indagini conoscitive sull’opera della collezione della GAMeC Rochelle Goldberg - No Where, Now Here Bergamo, dal 25 novembre 2016 al 15 gennaio 2017, alla GAMeC GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Via San Tomaso, 53 – Bergamo Dal 25 novembre 2016 al 15 gennaio 2017 Orari d’apertura: Lunedì - domenica ore 10:00-19:00 giovedì: ore 10:00-22:00 martedì chiuso La biglietteria chiude un’ora prima. Biglietto d’ingresso (valido per tutte le mostre in corso) Intero: € 6,00 Ridotto: € 4,00 Scuole: gratuito Biglietto famiglia 1+1: € 7,50 Biglietto famiglia 2+1: € 12,00 Biglietto famiglia 2+2: € 15,00 Tel. + 39 035 270272 www.gamec.it Argomenti: #arte , #arte contemporanea , #bergamo , #gamec , #goldberg , #installazione , #recensione Leggi tutti gli articoli di Giovanni Gelmini (n° articoli 506) il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo |
||||||
© Riproduzione vietata, anche parziale, di tutto il materiale pubblicato Articoli letti 15.251.907 seguici RSS Il sito utilizza cockies solo a fini statistici, non per profilazione. Parti terze potrebero usare cockeis di profilazione |