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Riflessioni sulla lezione di Mario Isnenghi “Racconti sociali e narrazioni inceppate” La lezione è stata tenuta a Bergamo il 30 Novembre 2017, prima del ciclo “Novecento in dialogo. Raccontare la storia del XX secolo: fotografia, cinema, tradizione orale, letteratura", organizzato dal Museo delle storie di Bergamo |
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Chi pensa ad una storia cristallizzata, come troppo spesso ce l’hanno insegnata a scuola, cioè una sola “Storia Vera” a cui credere, ha avuto modo di ricredersi. Il titolo e il sottotitolo “Racconti sociali e narrazioni inceppate. Muovendosi fra memoria e oblio nella storia d'Italia” avrebbe dovuto dire qualcosa. Mario Isnenghi spiega subito: “Racconti sociali: non storia della storiografia, ma coinvolgimento della gente in rapporto col passato, al vissuto collettivo di un passato.” Quindi, la storia è partecipazione nel momento degli eventi, ma anche ricordo, di una storia partecipata o ricevuta, vissuta da ognuno di noi in un modo diverso. Una mia riflessione: quindi non “La Storia”, ma “le storie” . Non è solo come dicono: “La storia è scritta da chi vince”, ma sono tante storie, perché possiamo leggere gli eventi dando risalto ad una visione piuttosto che all’altra; ad esempio vedere gli aspetti del potere o quelli economici o quelli sociali o del diritto o... Tra queste storie c’è anche quella scritta dal vincitore. Un esempio riportato da Isnenghi sulla vittoria di Vittorio Veneto, la vittoria finale della Prima Guerra Mondiale. L’Italia ha vinto, possibile? Si ma una “Vittoria mutilata: D’Annunzio e i Nazionalisti perché non si è presa la Dalmazia, per i Democratici perché si è preso anche Bolzano, é mutilata per chi non la voleva ed ha dovuto combattere lo stesso.” Ognuno legge la storia appena vissuta a modo suo, filtrandola con il suo modo di pensare, con la sua esperienza, oltre che con le sue convenienze. Altro esempio proposto: a Torino sono conservate delle bandire rosse strappate dai fascisti alla parte opposta. Nel centenario dell’Unità d’Italia vengono esposte nuovamente, ma il rapporto è cambiato. “1932 le bandiere rosse conquistate, simbolo della vittoria fascista, ma - ci dice Isnenghi - nel 1961, centenario dell’Unità, le stesse bandiere assumono un diverso significato.” Ma la memoria si inceppa. Ci sono momenti in cui certi avvenimenti del passato vengono rivissuti e poi cadono nel dimenticatoio e ne vengono altri. Cito un esempio per tutti fornitoci dal prof. Isnenghi: i sacrari della Prima Guerra Mondiale, una volta mete di pellegrinaggi, oggi ormai deserti, “non c’è più nemmeno il militare di guardia”, sia quelli con centinaia di morti, sia quelli con migliaia di morti. La brillante esposizione del professore conquista la sala, in cui non si sentiva volare una mosca, se non segni di approvazione nei momenti clou del discorso. “Le storie”, è giusto parlare così, ognuno di noi ha la sua storia; mi sovviene un racconto che ho fatto anni fa in occasione di un 25 Aprile. Lì c’è il mio racconto “sociale” degli anni della Repubblica Sociale e della Resistenza e io c’ero, anche se ero piccolino. Un racconto molto diverso da quello che ci fanno le varie parti (“Partigiani, Tedeschi e Fascisti”, Spaziodi Magazine, anno III numero 5). Tutti festeggiano il 25 aprile come liberazione da, e qui ognuno ci mette quello e che vuole, invece io ci metto: dalla paura, dalla morte inferta dall’uomo all’altro uomo. Però oggi la paura ritorna. Accogliamo l’invito di Mario Isnenghi: Si deve “capire la storia, non processarla.” Sarebbe bello se lo studio della storia ci abituasse a capire l’oggi e ad evitare di essere trascinati in avventure inutili, come è sempre successo nel passato.
Se ne parla di uno, tutti gli altri sono dimenticati. Il Prof. Isnenghi ricorda la Settimana Rossa di Ancona, del 1914. Quanti oggi sanno cosa sia? Pochi. Anche allora, per una settimana, tutti i quotidiani d’Italia riportarono in prima pagina i fatti di una sollevazione popolare incredibile; poi l’attentato di Sarajevo la fece sparire. Neanche più un trafiletto e viene pure ignorata quasi sempre dai libri di scuola!
Così qualche settimana fa, dopo che gli attentati dell’ISIS hanno tenuto banco per un periodo lunghissimo, si scopre improvvisamente che c’è un gran pericolo: la Nord Corea. Ma dove era prima? Nessuno ci ricordava più che lì c’è un conflitto congelato da più di mezzo secolo. La narrazione inceppata di oggi ci porta a non conoscere le realtà per quello che sono e a farci delle idee stereotipate, come i mezzi di comunicazione desiderano, e quindi i poteri che li amministrano. Penso che l’invito rivolto dal professore a “capire la storia” e non processarla, sia ancora più importante adesso, perché i mezzi di comunicazione di oggi sono più pressanti e invasivi del passato. |
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