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 Anno I n° 3 del 07/07/2005    -   PRIMA PAGINA


Attualità
La cometa ferita
Lunedì 4 luglio un “proiettile” da 380 kg ha colpito una cometa; non si tratta di un giuoco, ma di un esperimento scientifico di grande portata
Di Roberto Filippini Fantoni


Non possiamo non prendere in considerazione l’avvenimento di cui tutti i giornali e le televisioni hanno recentemente parlato, ma lo facciamo per chiarire gli aspetti meno appariscenti e più pratici del fatto, per quanto spettacolare, di essere stati capaci di centrare una cometa tanto distante.
Già mi immagino che molti si chiederanno perché si spendano oltre 300 milioni di Euro per un “tiro al bersaglio” spaziale. Sembrerebbero soldi sprecati.
Chi fa questo genere di critiche non si ricorda, o non sa, che l’umanità ha progredito perché la scienza ha sperimentato e i costi di questi esperimenti sono stati riassorbiti dal sistema e addirittura hanno creato ricchezza globale a causa del follow-down (delle ricadute) a livello scientifico prima e tecnologico poi.
Ma per capirci meglio vediamo che cosa si prefiggeva questo esperimento.
Le recenti teorie sulla formazione del sistema solare abbisognano di dati sperimentali di definitiva conferma e in questa spasmodica ricerca di dati è da collocare questo esperimento di “tiro a segno”.
Creare un gigantesco e profondo cratere tramite l’impatto con un corpo contundente, avrebbe liberato nello spazio sovrastante la cometa materiale dall’interno della cometa stessa. Tale materiale è quello originale e a differenza di quello superficiale contiene i materiali primogeniti di quando la cometa si è formata. Esistono teorie che dicono che la vita ebbe origine dalle comete cadute sulla terra centinaia di milioni di anni or sono. Se questo è vero, dovremmo trovare all’interno della cometa sostanze che possono avvalorare quella ipotesi, vale a dire sostanze che possono contenere gli elementi base della vita (carbonio, ossigeno, azoto e idrogeno). Inoltre il materiale fuoriuscito a causa dell’impatto, una volta analizzato, potrebbe fornici una serie fantastica di informazioni basilari per capire la formazione del sistema solare.
Cominciamo innanzitutto con il dire che si tratta di un impatto e non di una esplosione. In televisione si parla di un’energia di parecchie tonnellate di tritolo ma vi assicuro che sul corpo impattante di tritolo non ce n’era nemmeno l’ombra.
L’energia pari a quella di una bomba nucleare (di nemmeno grandi dimensioni) è fornita dal fatto che l’impatto è avvenuto a 36000 km/h e il proiettile pesava 380 kg. Se si usano le semplici equazioni di fisica imparate alle superiori (E=1/2mV2) si scopre che l’energia cinetica all’impatto risulta tremendamente grande e con un numero di zeri ben superiore a dieci.
Interessante è sapere che il proiettile era un grande piatto semiconico di rame puro con un peso di 380 kg e un diametro di circa un metro. All’interno era stata inserita una telecamera che osservava il bersaglio attraverso un foro che dava sull’esterno.
A cosa serviva la telecamera, distruttasi ovviamente nell’impatto? Serviva da puntatore verso il punto preciso della cometa dove si era studiato di impattare per ottenere il miglior effetto di fuoriuscita. Praticamente il lancio del proiettile dalla navicella madre dava garanzie di precisione di ±20 km, una precisione assolutamente inaccettabile e si rischiava che il proiettile non colpisse nemmeno la cometa. Pertanto la telecamera, durante l’avvicinamento del proiettile, mantenendosi puntata sulla cometa, consentiva correzioni di rotta attuate mediante piccoli razzi direzionali sistemati sul bersaglio. In tal modo la precisione con cui si è arrivati ad impattare sul punto prescelto è stata a livello di poche decine di metri. Vi domanderete perché il proiettile è stato scelto di rame e la risposta sta nel fatto che tale elemento è uno dei pochi, tra quelli aventi costi accettabili, che non è presente sulla cometa e quindi non può interferire con le analisi sulle sostanze fuoriuscenti dalla cometa e analizzate dalla navicella madre.
Ma c’è di più.
L’impatto è stato previsto per le otto (ora italiana) di lunedì mattina 4 luglio, perché in tal modo il grandissimo telescopio delle Hawai si sarebbe trovato in orario notturno e in posizione tale da avere la possibilità di osservare senza interferenze l’evento.
Le traiettorie dei tre elementi coinvolti (cometa, navicella madre e proiettile) sono state calcolate in modo tale che avvenuto l’impatto e fuoriuscita la materia della cometa nello spazio, proprio in quel momento la navicella madre passasse in mezzo a quel materiale e potesse analizzarlo al meglio tramite spettroscopia infrarossa e untravioletta.
Come potete vedere un’impresa tecnologicamente e scientificamente di livelli eccelsi. Le analisi verranno dettagliatamente studiate dagli scienziati che potranno trarre le loro conclusioni.
Le emozioni che un evento come questo può dare agli scienziati sono trasferite anche al grande pubblico che si ricorda di alcuni film, nemmeno troppo lontani del tempo, in cui per salvare la terra dall’impatto di un asteroide, di dimensioni tali da provocare una catastrofe epocale sulla terra (si suppone che l’era dei dinosauri possa aver avuto termine dopo un simile impatto), erano stati inviati diversi missili con a bordo bombe termonucleari che avrebbero dovuto ridurre l’asteroide in frantumi. Parte dei frantumi avrebbe deviato dalla traiettoria originale mentre altri sarebbero arrivati sulla terra con dimensioni tali da potersi volatilizzare con l’impatto dell’atmosfera o, per lo meno, schiantarsi sulla terra con minori danni. Altre possibilità illustrate dalla fiction sono state quelle di far esplodere bombe nei pressi dell’asteroide per deviarne la traiettoria.
Ebbene, l’esperimento con la cometa ha dimostrato che quello che fino a pochi anni fa era fantascienza adesso è realtà e se in futuro accadesse che asteroidi puntassero sul nostro pianeta qualche possibilità di salvarci ce l’abbiamo.
Per tornare al discorso dei costi, possiamo dirvi che tutte le apparecchiature utilizzate in queste missioni, considerate prototipi unici e carissimi, se non tornano materialmente a casa consentono che tornino a casa montagne di informazioni interessanti e sfruttabili per apparecchiature che fra pochi anni potranno essere di uso quotidiano.
Alcuni anni fa lessi su una rivista scientifica i ritorni che avevano dato in tal senso le missioni Apollo e, successivamente, i vari esperimenti sulle navicelle Shuttle e, benché conscio del fatto che un ritorno era prevedibile e certo, vi assicuro che rimasi meravigliato delle incredibili connessioni che ci furono con le apparecchiature e i materiali divenuti poi di normale utilizzo.
Forse i 350 milioni di Euro valgono assai più di quelli, assai vicini in quantità, spesi inopinatamente e troppe volte per referendum che ormai, si sapeva, non avrebbero approdato a nulla.
Non scandalizziamoci per queste cifre spese per la scienza ma solo scandalizziamoci della stupidità umana!



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