REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
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Anno II n° 1 del 19/01/2006 - LENTE DI INGRADIMENTO Accadde a Sardagna. Racconto dal testo teatrale di Gioia Tentori |
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Toni si è accorto però di qualcosa di nuovo. Le finestre della casa di Gasparina sono aperte. Gasparina, una bella donna rimasta vedova, era andata a servizio con il figlio dalla Contessina Dorotea ad Arco. L’oste interviene e spiega:“ L‘ei tornada co la so parona, la contessina Dorotea. Ve la ricordè tuti la Gasparina? ” Bortolo la ricorda: “L’era en bel toc de dona, la me piaseva, ma a ela gh‘è piasest de pu’ el Giobatta, en bravo om ma masa rispettoso coi paroni Signor si, signor no. Come ci vòl lu’ mi son pu’...... ’” Ma perché è tornata? Perché il marito della Contessa è partito in pellegrinaggio per Santiago di Compostela con il figlio della Gasparina come scudiero. Sono quattro mesi che sono partiti e non sono ancora tornati. Toni si chiede, ma perché queste donne sono proprio tornate a Sardagna, ma pronto l’oste lo ribrotta: “En tanti ani che te sei chi, no t‘ai mai vist passar i pelegrini? I ven tuti ala cesa de San Giacomo quando i parte a pregar e quando i torna a render grazie. Le do dòne le spèra de saver qualcos dei so omeni dai pelegrini che pasa” Ecco che finisce il vespro, si sente la campana, i fedeli escono dalla chiesa alcuni bambini, alcune ragazze e alcune donne e infine la dama a braccetto con la Gasparina. Le donne si fermano a crocchio bisbigliando fra di loro e guardandole incuriosite, i bambini girano intorno ai gruppi e una bambina tira la dama per la gonna. Una donna anziana riconosce Gasparina e le si avvicina. Anche la Gasparina la riconosce e scoppia un affettuoso abbraccio ed ecco svelato il mistero del ritorno di Gasparina: “Son tornada con la me siora, la contessina Dorotea. Sen vegnude chi, mi e la me siora, per parlar coi pelegrini; il Cavaliere Guglielmo, conte di Arco, el so spos, l’è partì in magio en pelegrinagio per Santiago de Compostèla, ensemà a me fiol el Tomaso, por anima, l’unico bèn che me restà dopo che è mort el me om. Da alor no saven pu’ gnent, e l’è ormai autun. La scominzià a fiocar,’ sule zime e ....... ” la Contessa prosegue “Tutte le notti piango temendo per la sorte del mio adorato sposo e di Tommaso, il figlio della mia amata Gasparina. E conto i giorni, e prego.... Fu il conte Giovanni, padre dei mio sposo, che fece il voto di compiere il pellegrinaggio a Santiago, alla tomba dell’apostolo di Cristo, San Giacomo, ma ahimè, non fèce in tempo ad esaudire la sua promessa. Ferito in battaglia, fece promettere sul letto di morte al figlio di andare in pellegrinaggio in sua vece: era in gioco la salvezza della sua anima. Così Guglielmo dovette partire in primavera col fedele Tomaso, lasciandomi con questo pargoletto ancora in fasce. Siamo così venute nel suo paese dove, mi narrava, passano i pellegrini. ” Gasparina conclude “fin da matelota ò vist nar e vegnir i pelegrini e ò pensà che magari qualchedun li abbia visti o i ne abbia sentì parlar”. Quando si dice la coincidenza, mentre la dama si avvia lentamente verso casa, seguita dagli sguardi dei presenti, ecco dalla stradina laterale arriva un ‘vocio, un canto di lode al Signore. Due bambini arrivano correndo e gridando “un pellegrino, un pellegrino”. Dalla strada arriva un pellegrino vestito con un saio, ha l’aspetto lacero, l’aria stanca, si appoggia al bastone e ha una conchiglia cucita sul vestito. Allarga le braccia ed esclama: “Sia lodato il Signore che mi ha guidato e protetto. Sia lodato San Giacomo che mi è stato accanto in questo lungo viaggio” La Contessa ritorna in fretta sui suoi passi e si avvicina al pellegrino per interrogarlo. “Buon Pellegrino venite forse da Santiago?” “ Si, mia Signora, ho avuto il dono di potermi inginocchiare sulla tomba dell’‘apostolo Giacomo ed esaudire così il più grande desiderio della mia vita. ” “E dite, dite - prendendogli una mano ansiosamente - avete incontrato sulla vostra via un cavaliere di nome Guglielmo e il suo scudiero Tomaso? Montavano ciascuno un cavallo baio. Anch’essi andavano a compiere un voto a Compostela. Da tempo li stiamo aspettando e temiamo per la loro sorte. ” “Ho incontrato cavalieri di Francia e del Tirolo; della Spagna e fin dalle steppe dell’Est, ma nessuno parlava la nostra lingua e aveva nome Guglielmo”. La Dama ha l’aria delusa e insiste: “E dite avete incontrato briganti? Avete temuto in qualche circostanza per la vostra vita? Come è stato il viaggio, pericoloso? ” “I briganti, si, mi assalirono sulle strade della Galizia e, al ritorno, una bufera di neve sulle montagne mi fece perdere per quasi due giorni la strada, ma in verità non temetti mai per la mia vita: sapevo che Dio e San Giacomo mi avrebbero aiutato. ” Nei suoi occhi si legge la certezza della fede: “Li sentivo vicino a me, camminare con me ed ero sempre io il più forte” La Contessa è impressionata dalle parole di fede del pellegrino e le sale spontanea una richiesta: “Buon Pellegrino aiutateci con le vostre preghiere affinché i nostri cari ritornino.... Tenete... questo è il mio libro di devozioni, le ho trascritte io stessa, vi prego ditele voi per me. Forse ascolterà di più voi che siete stato sulla tomba del Santo.” Il pellegrino è sconcertato: “O mia signora non so pregare con preghiere: tutte le parole esistenti sono niente nei confronti di Dio; la mia preghiera è solo il suo nome che io ripeto all’infinito sempre uguale e sempre inesauribile.... Il suo nome in cui io mi perdo. Così pregherò anche per i vostri cari, abbiate fede. ” Detto questo si allontana lentamente zoppicando; un bambino curioso gli corre dietro cercando di toccare la conchiglia che porta sul vestito e chiede “Cos’è questa? ” Il Pellegrino sorride: “È la testimonianza che lutti i pellegrini portano da Compostela dopo aver pregato alla chiesa vanno fino alla riva dell'oceano ad ammirare nell’immensità delle acque l’immensità di Dio e raccolgono una conchiglia che porteranno sempre con sé per ricordare il giorno più bello della loro vita. ” Si ferma un attimo, accarezza il bambino, poi si allontana cantando sotto voce le lodi del Signore . Il tempo passa, giorni e mesi, passa l’inverno, con il freddo, il vento e la neve che ricoprirà tutto. La contessa Dorotea e Gasparina continueranno ad aspettare e a pregare spiando ogni giorno la strada che viene dall’ovest. Ora è primavera! La piazza è animata, dei bambini corrono con rami di fiori, dalla locanda arrivano le voci degli avventori non più chiusi nelle stanza a fianco del camino, quando dalla stradina in basso si sentono dei canti. Appare una strana comitiva, per primo c’è un cavaliere, che avanza ritto sul suo cavallo, vestito bene, si vede che è ricco, poi un frate nel suo saio con un bastone da pellegrino, un saltimbanco, e una donna giovane di dubbia fama; quindi un popolano con aria dimessa vestito poveramente e un monaco grassottello entrambi con bastone. Entrati nella piazza il gruppo si scompone. Il cavaliere si dirige subito alla locanda e scende da cavallo, seguito a distanza dal giocoliere e dalla donna che sembra essere insieme a lui. Il monaco e il popolano si fermano a bere alla fontana e poi raggiungono il gruppo e si siedono in disparte. La Gasparina si affaccia alla finestra richiamata dal rumore. Visto il gruppo si precipita dalle scale con ansia. Si avvicina al monaco e sottovoce chiede se vanno a Santiago. Il frate silenzioso assentisce, quindi si siede sul muretto e resta a guardare; tira fuori del pane dalla bisaccia, ne mangia un pezzo, poi si avvicina agli altri due, monaco e popolano, che hanno solo bevuto acqua alla fontana, e offre un pezzo di pane. Nel frattempo il giocoliere viene attorniato dai bambini della piazza e si mette a fare giochi per loro. Il Cavaliere, entrato nella locanda, ordina da mangiare e bere con fare altezzoso, diventa gentile solo quando compare la locandiera che lo guarda con ammirazione. La scena è osservata dalla donna del saltimbanco che cerca di attirare l’attenzione del cavaliere, e gli mette un braccio intorno al collo, le due donne si guardano con astio. Il saltimbanco vede la scena e tira per la veste la sua donna, come per dire “Ma cosa fai?”, questa lo manda via bruscamente con un gesto come per dire “Lascia fare a me!” A questo punto il Saltimbanco si siede li vicino, segue cosa avviene con uno sguardo un po’ perplesso, poi tira fuori le palline e riprende il suo gioco. Solo il popolano accetta avidamente il pane del frate “Grazie, no go nient da magnar e go pochi soldi da spender nel vizio. ” Il frate rivolto al monaco “Su coraggio, prendetene anche voi. Dividiamo tutti quel che il buon Dio ci dà.” Il monaco sorride: “Grazie buon frate, non posso. Ho promesso ai mio superiore che avrei toccato il pane solo alla sera, alla fine di ogni lunga giornata di cammino. Questo voto, che si aggiunge a quello del pellegrinaggio, è una penitenza che mi è stata assegnata per la mia gola: per anni questo vizio capitale mi ha tenuto prigioniero, finché il Natale passato mangiai tutto ciò che era destinato a me e ai miei tre confratelli, lasciandoli così digiuni fino al giorno dopo. Ora ho deciso di castigare così il mio corpo, per redimere la mia anima. Spero che Dio accetti il mio sacrificio. ” “A mio vedere non è grave colpa la vostra.- osserva il frate - Ben più grave è la colpa di quel cavaliere; pare che abbia ucciso il fratello per rubargli la legittima sposa, morta poi a sua volta per il dolore. Si pentì e volle così esprare con un pellegrinaggio a Santiago”. E guarda verso il cavaliere; il quadro che vede è sconcertante: il cavaliere sta parlando con la locandiera e le sta accarezzando un braccio e lei ci sta. L’oste guarda male la moglie. La donna del saltimbanco si è seduta vicino al cavaliere e beve dal suo bicchiere e mangia dal suo piatto e mentre mangia, di nascosto, passa pezzi di cibo al suo compagno saltimbanco. Il frate conclude perplesso “.. anche se mi sembra che non sia cambiato molto! ” Da una stradina arriva la Nani con un cesto sottobraccio pieno di mele. Si ferma davanti ai tre chiedendo da dove vengano. Il Monaco spiega che viene dal suo monastero in Valsugana, il Popolano racconta di venire da Rovereto e che si sono incontrati a Trento all’ospizio de San Nicolò. Ed aggiunge che il frate ha detto di venire dalle parti di Bolzano. La Nani si meraviglia che anche loro non siano alla locanda a pranzare con gli altri, ma il popolano spiega in modo semplice “Noialtri sen poreti, bisogna ne contentente da en poco de pan biot”. Nani ha un momento di compassione e “ To/e, pori laori, do tre dei me pomi, almanco no dovrè mnagnar pan biot. L’è dei mei, de l’an passa, ma i è ancor boni. Tastei” e così dicendo porge loro la cesta. Il frate rivolto al popolano:” Avrete molti pedaggi da pagar, dovrete sostare in molti ospizi, come farete senza denaro? Cosa vi ha spinto a intraprendere questo lungo viaggio? Volete vedere il mondo e conoscere gente, oppure redimere la vostra anima da una grave colpa? ” Il popolano inzia a spiegare “No, nient de tut questo. Son sta pagar per far sto viazo. En Sior che, lu si che el gaveva en gros pecà da farse perdonar, no podo dir ne el pecà né el pecator, l’è en segreto, ensoma, sto sior noi podeva lassar lì i so affari e volendose salvar l‘anima a tuti i costi, el m’à paga perche nessa a Santiago al posto suo. En cambio el m‘a dat i soldi per sfamar la me famiglia e per giustar la me ca’ che l’an passa la sa brusata. - si sofferma un attimo nel racconto e sopira - Ho dovest lassar tut, la me sposa, i me zinque fioi. Spero de nar e vegni en freta e rivederli prest.. .” Il frate diventa serio e assume un’aria indignata: “sicché in questa Chiesa ci si salva i ‘anima con il denaro! ” Esclama forte e tutti si voltano a guardarlo anche dalla locanda. “Questa chiesa delle indulgenze, ricca e scandalosa! ” Tutti si alzano a guardarlo meravigliati e spaventati allo stesso tempo e il popolano preoccupato:” sta atento, ste chi le parole pericolose.... “, ma il Frate prosegue, senza badargli “Allora solo i ricchi che possono pagare pellegrinaggi e indulgenze salveranno la loro anima?? Voi credete veramente che Dio voglia questo? ” Bortolo che ascolta molto interessato, si alza e si avvicina e fa cenno con la testa come se approvasse queste parole; l’altro avventore, invece, ha l’aria sempre più arrabbiata, si alza avvicinandosi come se volesse farlo smettere: “Ma sol i eretici i parla così. ” Il frate che ormai è lanciato nella sua predica “NOO, vi dico che Dio nella sua immensa giustizia farà bruciare nel fuoco eterno papi e vescovi corrotti che vivono nella ricchezza e nel peccato e vorrà vicino a sé i poveri a cui perdonerà, a loro sì, le colpe, perché troppo avranno sofferto in vita.” L’avventore lo sta ad ascoltare attentamente con l’aria sempre più sospettosa, poi prende l’oste da parte e confabula con lui indicando una casa della piazza. L’oste fa cenno come se non volesse immischiarsene, ma l’altro insiste e ad alta voce escalma: “Avè sentì tuti: el la ga contro el papa e contro i vescovi e così anca contro el nos vescovo Bernardo Clesio che el Signor el lo gabia en gloria.... ” E conclude con un gesto imperioso all’oste che si avvia malvolentieri verso la direzione da lui precedentemente indicata. Il Monaco prende il frate per un braccio dicendo “Sei pazzo.’ taci fin che sei ancora in tempo” Poi vedendo la scena dell’oste: “Ho paura chel... Scappa! Scappa! ” La voce dell’avventore si sovrappone a tutte le altre “Te sei ‘ne retico, en luteran che se sconde soto la tonega del frate. Doven consegnarlo alle guardie. ” Bortolo, parlando quasi tra sé e sé osserva: “Pian pian, la dit anca dele robe giuste, se disé che l‘è ‘nerelico poi eser magari che i lo brusa. ” Il frate infervorato prosegue “Non voglio scappare, voglio testimoniare che questa Chiesa esercita un potere sui cittadini come fossero sudditi e non figli: diversa era la Chiesa che Cristo aveva istituito. ” Arriva l’oste con una guardia che lo afferra e gli lega le mani. Mentre gli altri stanno a guardare spaventati e incapaci di reagire, Bortolo si fa avanti e cerca in qualche modo timidamente di impedirlo, quando da dietro compare furtivamente la Gasparina che lo tira per la giacca: “vèi chi, vèi chi, no sta meterte en mez. L‘è massa pericoloss, magari i te sèra via anca ti..... ” Bortolo remissivo la segue. Il frate viene portato via e pian piano tutti riprendono le loro faccende. Con la Gasparina è scesa anche la Contessa Dorotea che però è rimasta sulla porta di casa a guardare. Ora che la situazione è tornata tranquilla, si avvicina al monaco e gli chiede informazioni sul suo pellegrinaggio. Avuto conferma che la loro meta è Santiago lo prega di cercare notizie del suo consorte e dello scudiero. Vedendo Dorotea il cavaliere si è alzato, scrollandosi di dosso la donna del saltimbanco, si avvicina e fa un inchino: “Gentile dama, mio malgrado ho udito quanto avete detto al buon monaco, anche io sono pellegrino e vi offro i miei servigi, qualunque cosa possa fare per voi disponete di me a vostro piacere. Il mio salvacondotto mi aprirà tutte le porte di ospizi e conventi, di case di principi e di prigioni. Ho molto danaro e posso riscattare una persona, nel caso disgraziato fosse stata rapita e ridotta in schiavitù. Ho sentito che anche questo può avvenire laggiù al di là dei nostri confini. Vi prego disponete pure di me e delle mie ricchezze”. E conclude mettendosi in ginocchio ai suoi piedi. La dama, lusingata da tale atteggiamento, accenna di si col capo e fa cenno di rialzarsi tendendo la mano che il cavaliere prende: “Grazie mio cavaliere, voi aprite il mio cuore a nuove speranze. Accetto senza esitazione la vostra generosa offerta. ” Poi tendendo una mano anche al monaco, che era rimasto un po’offeso e umiliato in disparte, prosegue “e prego anche voi di cercare i nostri cari” e fa cenno anche al popolano. Il monaco accetta con un gesto caloroso della testa anche a nome degli altri “Si mia signora, ti promettiamo tutti che faremo tutto ciò che è possibile, abbi fede e spera: Dio non ti abbandonerà. ”. È ora di riprendere il cammino il gruppo si raduna lentamente: la donna del saltimbanco sale sul cavallo del cavaliere facendo grandi sberleffi al saltimbanco a piedi e tutti si avviano verso ovest. Davanti il monaco salmodiando, dietro il cavaliere tenendo le briglie del cavallo, dietro ancora il saltimbanco che tira le vesti della donna e, da ultimo, il popolano. Alla locanda è rimasto solo l’avventore, tutto soddisfatto di aver fatto arrestare l’eretico: “bisogna netar for tut el Trentin da ‘sta zent che somena eresie, el nos bòn vescovo el ne renderà grazie en qualche modo, vedaré.... ” L’oste lo guarda dubbioso e gli porta via la brocca del vino aggiungendo “Per ancòi te hai bevù anca massa. Lè meio che te vaghi a casa. ” Anche la locandiera, battendogli una mano sulla spalla: “Va, va, che lè meio, cossì no te disi pu‘ asenade”. Passano i mesi, l’estate calda porta con sé il lavoro dei campi e la fatica. Ecco che arriva di nuovo l’autunno. Ecco di nuovo il primo vento dal nord che fa cadere le foglie e colora di rubino l’uva; con lui tornano gli ultimi pellegrini che partirono in primavera. Il nostro paese trascorre sempre tranquillo le sue giornate, dedicandosi alla vendemmia e alla raccolta dei frutti della terra prima dell’inverno. Oste e Locandiera, come al solito, sono al lavoro nella locanda e così anche gli artigiani nelle botteghe attorno alla piazza; passano chiacchierando delle donne nella piazza, due tre bambini arrivano rincorrendosi e facendosi dispetti. Si sente un salmodiare nella stradina a nord, i bambini lasciano i loro giochi e corrono in .quella direzione ricomparendo quasi subito attaccati alle vesti di due pellegrini. Questi sono piuttosto laceri, hanno il saio con la conchiglia cucita sulla spalla, il bastone, la bisaccia e la borraccia. Uno, il più vecchio ha i piedi tutti fasciati e cammina a stento. Due donne, una anziana e una più giovane, che erano ferme dietro alla chiesa e parlottavano del raccolto, si accorgono dei pellegrini e si dirigono verso di loro. la Nani si avvicina a quello coi piedi fasciati. “Por Diaol, ‘sa t’è sucess? Vei chi, vei chi” e così dicendo lo accompagna verso il tronco che funziona da panchina. “sentete zo e lasime veder”. L’altra si rivolge al secondo che sembra più in forze e gli dice “Gave l’aria de aver caminà tant, da ‘ndo vegnì? ” La risposta del pellegrino, seppure detta con un filo, di voce è chiara “Da Santiago”. La Nani sobbalza “Ai sentì? i vèn da Santiago. Bisogna ciamar la Gasparina e la so siora.! ” E con un gesto invita uno dei bambini “corì, va su a ciamarle subito! ”. Il bambino chiamato corre via immediatamente. NeI frattempo anche le altre persone presenti nella piazza hanno abbandonato le loro faccende e si sono lentamente avvicinati formando un piccolo crocchio intorno ai due pellegrini e alle due donne, La Nani sta cercando di togliere le fasce al primo pellegrino che cerca di fermarla dando segno di sentire molto male. La Nani non si scoraggia “Lucrezia prepareme en secio con l’acqua calda che voi provar a cavarghe ‘ste fasce e curarlo co le me erbe. Por om, varda come l’è ridot”. La Locandiera aggiunge “va ben, entant vole bever e magnar vergot? Ai pelegrini come voialtri, nofemo pagar gnente. ” L’oste la guarda un po’ interdetto, poi fa cenno con la mano come per dire “Ma si che va bèn” e a voce alta: “Vegnì, vegnì da mi, senteve so, me pagherè condandome le vose storie, perché ghe n ‘avré da contarne! ” Tutti entrano nella locanda, il pellegrino malato zoppicando e appoggiandosi alla Nani, l’altro con quella più giovane che lo guarda con ammirazione; le sta mostrando la conchiglia, è evidente che le sta spiegando il suo significato. La locandiera tutta eccitata: “Avanti, conté conté! Come ‘elo ‘sto Santiago, el vera che San Giacomo el fa i miracoi? ” e l’oste di rimbalzo “Pian, pian, lassa che i tira el fìà, poreti, no te vedi come i è strachi! Bevé, bevé e magnè. ” Mette in tavola una brocca di vino rosso e davanti a loro del pane e formaggio. I due ringraziano e bevono avidamente. L’anziano, con mano incerta, prende un pezzo di pane; l’altro riprende subito il discorso rivolto alla locandiera “Vi voglio proprio raccontare un fatto straordinario” Tutti si voltano attenti verso di lui, mentre l’anziano fa di sì con la testa come, se sapesse già di cosa l’altro vuole parlare. Il pellegrino ricomincia “Si racconta che a Santo Domingo de la Calzada arrivassero, molto tempo fa, tre pellegrini diretti a Santiago, padre, madre e figlio giovinetto. Presero alloggio in una locanda per la notte, ma qui accadde che la figlia dell’oste vedendo il ragazzo, che era bello e di nobile aspetto, se ne incapricciò e gli chiese di passare la notte con lei. Al suo rifiuto decise di vendicarsi e nascose nella sua bisaccia di pellegrino una tazza di argento. Dopo la loro partenza al mattino denunciò la scomparsa della tazza e accusò il giovane. ” La Locandiera sbotta “ Che malegnaza! ” e l’Oste rincara: “Come en le Sacre Scriture, quando Giuseppe el gà mes de l‘arzent nei sachi de gran dei so fradei.” Il pellegrino prosegue il racconto: “I tre pellegrini vennero presto raggiunti dal/e guardie e il giovane condannato subito dal giudice all’impiccagione. L’impiccagione viene eseguita e ai due genitori in lacrime non resta che proseguire il loro viaggio. Ma quando tornano dopo quindici giorni, trovano ancora il loro figlio che pende dalla forca, ma è vivo e sano. ” Stupore di tutti e Nani lo sottolinea “Ma no l’è possibil! ”. Il pellegrino chiarisce “lui stesso racconta che dal momento dell’impiccagione San Giacomo lo ha sostenuto con i piedi, tanto che lui non aveva mai sentito dolore. Appunto, è un miracolo! Ma sentite il finale: i due genitori allora, tutti contenti, ringraziando san Giacomo, vanno dal giudice per far tirar giù il figlio ancora appeso alla forca. Il Giudice era nella sua casa e in quei momento stava arrostendosi un galletto allo spiedo. E’ naturale che il Giudice non volesse credere alla storia tanto che disse. “crederò a quello che mi dite solo se il galletto che sto arrostendo per pranzo si alzerà e si metterà a cantare ". A quelle parole il galletto, mezzo arrostito, saltò su dallo spiedo al tavolo e si mise a cantare. E questo fu il secondo miracolo di San Giacomo. Inutile dire che il ragazzo tornò libero dai suoi genitori. Al suo posto venne invece impiccata la figlia dell’oste. Si racconta anche che d ‘allora i giudici del luogo, per ricordare la loro avventatezza, sono costretti a portare un nastro rosso intorno al collo e offrire ogni giorno la cena a un pellegrino di passaggio. È rimasta ancora un'usanza: siccome il galletto in questione era di una razza dal piumaggio bianco, per ricordare questo miracolo i pellegrini che passano di lì portano con sé due tre di queste piume bianche. ” Così dicendo mostra le piume bianche cucite sul cappello. In silenzio sono scese la Contessa e la Gasparina che si sono avvicinate e ascoltano. Nani pensierosa osserva” Ma ei anca adess cossì cattivi i osti? ” Il vecchio pellegrino aggiunge” No, ma spesso sono disonesti. Esigono molto danaro e ti fanno dormire in un pagliericcio pieno di pulci e di pidocchi: noi purtroppo ne abbiamo incontrati parecchi nel nostro viaggio”. A queste parole gli astanti si scostano istintivamente dai due come se temessero di prendere a loro volta i parassiti. Il primo pellegrino si accorge e sorride: “Non temete i vestiti che ci vedete addosso sono, si laceri, ma puliti; quando al ritorno passammo da Roncisvalle, sostammo tre giorni all’Ospizio, dove i buoni monaci ci ristorarono, ci curarono e bruciarono tutte le nostri vesti sporche e cariche di pidocchi, e ci vestirono con quelle che ci vedete. Dio benedica l’ospizio di Roncisvalle. Senza la sua campana che suona ad intervalli regolari per segnalare la sua presenza a tutti i pellegrini dispersi sulla montagne intorno, io giacerei da tempo in fondo a qualche dirupo, rinsecchito e mangiato dai corvi. ” La Locandiera lo invita a raccontare la sua disavventura e il pellegrino prosegue “Delle false guide, infatti, ingaggiate per indicare a me e al mio compagno il cammino, ci portarono fuori dalla giusta via nel bosco per poi assalirci e derubarci di tutto quanto avevamo. Quando ripresi coscienza il mio compagno era morto e io cominciai a trascinarmi a fatica fuori dal bosco, ma non conoscevo il posto e mi persi tra le montagne. Vagai un giorno e una notte finché mi giunse il rintocco della campana. La seguii e fui salvo.” La Nani nota la Contessa Dorotea e Gasparina in disparte e fa cenno alla Gasparina, poi avvicinandosi alla contessa con un inchino la invita a farsi avanti. La dama si avvicina al più anziano e lo interroga. Il Pellegrino diventa subito attento alle sue parole, come se ricordasse qualcosa di importante: “avete detto che erano due pellegrini, un nobile signore e il suo scudiero partiti l’anno passato? ” La Contessa ha un'improvvisa speranza e con ansia: “si, li avete visti? ”. Ma la risposta del vecchio è sconcertante: “No, purtroppo. Però a Santiago tutti parlavano di un cavaliere che si era imbarcato per Costantinopoli per riscattare due pellegrini rapiti l’anno passato dai pirati e da loro ridotti in schiavitù. Altro non so! ” La Dama e la Gasparina fanno un cenno di disperazione, ma interviene la Nani:” No ste far così, l’è na bona notizia, se sa almanco che i è vivi. El ga da esser quel cavalier che l’è passà ‘sta primavéra, quel che l’è ‘na adesso a Costantinopoli. Vel ricordè? A mi nol m‘era piasest tant, ma pol esser che el sia en font ‘na brava persona. Su sperente che la vaga ben. Coragio!” Poi rivolta al pellegrino: “E lu entant el vegna con mi, che ghe fago ‘sta medicazion co le me erbe. ” Se lo prende sottobraccio e così si avviano verso casa. Nella piazza è rimasto il secondo pellegrino con le tre donne. Una delle tre invita anche lui a raccontare le sue brutte avventure. Ma il giovane nega: “Avventure tante, ma sempre qualcuno mi ha aiutato. Un giorno in Castiglia dovevo attraversare un torrente in piena, l’acqua mi arrivava fino alla vita e due giovani del luogo mi fermarono prima che entrassi nell’acqua e vollero aiutarmi tenendomi uno per parte. Senza di loro sicuramente sarei annegato: sentivo la corrente trascinarmi via ad ogni passo. Arrivati a riva non vollero assolutamente essere ricompensati e se ne andarono augurandomi buon viaggio. Forse erano degli angeli. Così proseguii. Ogni passo mi avvicinava a Santiago e la fatica era annullata dall’entusiasmo che sentivo crescere ogni giorno. Adesso voglio ripartire questa volta Gerusalemme sarà la mia meta. ” La donna lo guarda incredula e ammirata:” Ma avete così tanto denaro? ” “Non ho denaro affatto, non possiedo nulla e sono solo al mondo, vivrò giorno per giorno della carità del mio prossimo, lavorerò in ogni luogo dove mi fermerò testimoniando ovunque la mia fede e Dio mi aiuterà. Lo sento” Il Conte Guglielmo e Tomaso saranno proprio finiti a Costantinopoli? Saranno ancora vivi? E il cavaliere riuscirà a trovarli? Costantinopoli è una città grande, con tanta gente di tutte le specie, e poi ci sono i Mori, ma ci sono anche le odalische!.. Basta! Aspettate: lasciamo passare un anno ancora e poi sapremo tutto! Nella piazza i bambini gridano “I è tornadi, i è tornadi. El conte, el conte, e el Tomaso de la Gasparina!......desmisiete, desmisiete! “ La locanda si anima e subito oste e locandiera prestano attenzione ai bambini chiedendo concitati “Ma elo vera? Dov’è che i avè visti? Stai ben? ”. Arrivano altri bambini dalla strada bassa che trascinano quasi tirando per le vesti due pellegrini, uno è alto, magro con la barba, l’altro più giovane quasi ancora un ragazzo. Hanno vestiti laceri, il bastone, ma non la conchiglia. Hanno l’aria stanca. Si affaccia la Gasparina: “Vergine Santa! Tomaso! ” e rivolgendosi all’interno chiama la Contessa. Dorotea e Gasparina scendono in fretta e abbracciano finalmente i loro cari dopo anni di ansia. Le due donne accarezzano e toccano i due e li osservano con preoccupazione, le domande si accavallano: “Guglielmo, come stai, cosa vi è successo”, “Tomaso, che magro che te sei deventà, te sei cep... .Com e mai se stadi via ‘sì tant” A un certo punto Tomaso si rabbuia: “E ti mama, com‘elo che no te sei a casa a Avio? ”. La Locandiera spiega che sono venute a Sardagna per chiedere a tutti i pellegrini di cercarli. Guglielmo, sentendo questo si fa attento: “Ma voi avete parlato di noi ad un cavaliere, alto, nobile, dall’aria importante?” “Sì, ” risponde la contessa” fu la primavera passata, disse che vi avrebbe cercato; io ero disperata non avevo più vostre notizie” Guglielmo si rivolge a Tomaso che si è fatto vicino e sta ascoltando: “Tomaso ricordi il cavaliere che ci riscattò a Costantinopoli senza voler nulla in cambio?” Tomaso fa di si con la testa come se avesse finalmente capito. Sobbalza la contessa: “Ma, allora veramente siete stati rapiti e portati schiavi a Costantinopoli? ” con orrore e spavento, poi incalzante “Ma siete arrivati a Santiago? ” Il Conte spiega:” Raggiungemmo Santiago e fu un’esperienza esaltante, man mano che ci si avvicinava alla meta i pellegrini aumentavano arrivando da ogni parte. Ai piedi dell’ultima salita, una ripida collina, il Montijoie dalla cui cima si vede per la prima volta Compostela, il piccolo gruppo, che si era formato sulle strade di Francia e che era andato via via crescendo, era diventato un fiume che lodava il Signore in tutte le lingue. Molti erano malati e allo stremo delle forze, ma ugualmente erano felici: non dimenticherò mai più quest’ultimo tratto percorso da alcuni di corsa, con le ultime forze rimaste. Arrivati a Compostela, dopo aver pregato sulla tomba di San Giacomo, il secondo giorno decidemmo di ripartire” Interrompe con meraviglia Gasparina: “Come, dopo tanta fadiga, no se stadi li almen ‘na setimana? ” “Il pellegrinaggio è andare, avvicinarsi un passo dopo l’altro, un giorno dopo l’altro.... E l’attesa, la fatica, il superamento di se stessi e dei limiti dati dal tuo corpo.... Poi si desidera tornare.... ” Così dicendo guarda Dorotea e le prende la mano e la bacia. Tomaso prosegue “Aven tolt la strada de la costa, ne pareva pu’ corta e pu’ comoda, ma no pensaven ai pirati. Arent a Oviedo né saltà adoss alquanti pirati vegnudi zo da la so nave: I na ligadi e i na menadi sula nave!...........perdoniamoli il loro dio non è il nostro: è il loro falso dio che li fa agire così..” prosegue Guglielmo ... In breve: fummo gettati nella stiva dove già erano custoditi altri pellegrini catturati in mare nelle navi che venivano dal nord. Li soffrimmo la fame e soprattutto la sete, e dovemmo anche difenderci: alcuni dei compagni di prigionia erano in realtà non veri pellegrini, ma malfattori mandati in pellegrinaggio incatenati, per scontare in questo modo la loro pena. Nella stiva un giorno nacque una lite per una ciotola d’ acqua...e ora son vivo solo grazie a Tomaso accorso in mia difesa”. Tomaso schernendosi prosegue il racconto “en qualche maniera sen arivadi nel porto de 'na zità che dopo i n'a dit se ciamava Costantinopoli. I na mesi ai laori forzadi, a remar en le galere e a laorar al porto. Lè sta giornade, mesi, teribili! Tant che aven anca pensà de eser stadi desmentegadi da nostro Signor. En dì aven vist el noss paron eh 'el parlava con en cavaliere. Sto chi el 'na tiradi for da li altri e el ga dat al paron na borsa de danari. Dopo el na dit, parlando come noialtri, e za el ne pareva en miracol, che eren liberi perché el nave va compradi, e che podeven tornar subito a ca ': na nave de spezie l'era en partenza per Venezia....” riattacca il discorso Guglielmo “Felice e incapace di credere a quanto avevo sentito, chiesi al Cavaliere quale fosse il suo nome e perché aiutava cosi due sconosciuti. Ci rispose che lui, in passato, si era macchiato di una colpa gravissima: aveva diviso per sempre una dama dal suo sposo provocando la morte di entrambi; sperava ora, ridonando la libertà a due persone,di espiare la colpa. Ci accompagnò alla nave dove pagò il nostro pedaggio e ci salutò, senza permetterci di ringraziarlo. Non disse mai il suo nome... ” ora è Tomaso che prosegue “Arivadi a Venezia, en alquanti dì aven fat la Valsugana e adès sen chi. L’era ora! ” Molta gente si è nel frattempo radunata intorno a loro. Dalla locanda l'oste chiama: “vegni chi tuti che ghe beven sora visto che i è tornadi sani e salvi: l'è do' ani che speten 'sto momento Tut el paes l'è envidà. Vegni, Vegni. ” La Locandiera lo guarda incredula ed esclama: “San Giacomo el seita a far miracoli! Ades el saria meio. che el polsasa en migol però. Tutti vanno vociando allegramente verso la locanda. Compare all'angolo della strada un mendicante che, non osservato dalla folla, si ferma e osserva a sua volta con aria contenta quanto sta accadendo. Li passa davanti la Nani col suo solito cesto di mele che si sta dirigendo anche lei verso la locanda; lo guarda e fa un gesto di sorpresa: “Voi.... se el cavalier de l’an passa, ma.......... ‘sa v’è capità? Il cavaliere con un cenno imperioso gli intima di fare silenzio: “Non dite nulla a nessuno. Vi prego... ..., si, ora sono un mendicante, non possiedo più niente... ... ma forse ora... - Indica colla mano il gruppo felice dei pellegrini ritornati -. ..sono stato perdonato! Sia ringraziato San Giacomo! La Nani lo guarda con affetto e gli pone una mano sulla spalla: “Va en pace, va con Dio! ” Poi mentre quello si allontana lentamente lo rincorre e gli porge una mela:” Per el viazo... “
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