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 Anno II n° 5 del 16/03/2006    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi


Il sistema di comunicazione di Berlusconi per vincere
Tra apparire ed essere c’è di mezzo il governo
La comunicazione politica come snodo fondamentale, nel bene e nel male
Di Paolo Russu


Non tutte le campagne elettorali, a differenza delle partite di calcio, fanno storia a sè. Quella che quest’anno ci guiderà nella scelta del nuovo assetto politico di governo è, dal punto di vista comunicativo, figlia della “rivoluzione” berlusconiana del 2001.

Da cosa era composta allora la svolta nel linguaggio di propaganda politica? Da evidenti accenti di campagna marketing-elettorale, con l’utilizzo della pubblicità e dell’azienda, che vendeva il prodotto Berlusconi a vari target (proprio come in Tv) selezionando i pubblici di riferimento e dando in pasto ad ognuno di questi uno slogan, essenzialmente vuoto di contenuti programmatici, ma ricco di appeal suggestivo. Berlusconi attraverso i suoi slogan (Meno tasse per tutti, Pensioni più dignitose, Più sicurezza per i cittadini) si proponeva di parlare al cittadino in maniera diretta - verrebbe da dire “parla come mangi” - utilizzando la sua immagine a conforto delle parole scritte, per far sì che messaggio ed iconografia rimanessero bene impresse nella mente dell’elettore al momento dell’espressione del voto.

Per le elezioni attuali le scelte del centro sinistra sono affidate ad un corposo programma di 281 pagine. 281 pagine che vogliono porre l’accento sui contenuti rispetto all’immagine, ma che rischiano di diventare dispersive dal punto di vista comunicativo, vista l’esigenza pressante della società odierna di comunicare per messaggi brevi e incisivi, sloganistici appunto.

Dalla parte del centro destra tutto converge invece verso un’idea di politica basata sulla ricerca del consenso d’immagine, prova ne sia che il programma consta di appena 22 pagine: ma anche qui, comunicativamente, il motivo è dietro l’angolo. I messaggi sloganistici di questo inizio di campagna elettorale in una prima fase sono tutti tesi a ricordare, in forma di ammonimenti (Più tasse sui risparmi? No, grazie; Fermiamo le grandi opere? No, grazie), cosa si deve evitare aderendo alle idee del partito e votandolo. Essendo il partito di Berlusconi forza di governo “uscente”, la sua comunicazione è più tesa a rafforzare nell’elettore l’idea di quello che è stato (o non è stato) fatto. E a mettere l’accento su ciò che di sbagliato intendono fare gli avversari, piuttosto che puntare su novità programmatiche. Il processo psicologico funziona nel momento in cui si da per scontato che la premessa contenuta prima del ”No, grazie” sia vera, e quindi si attribuisce al cartellone un senso assoluto di verità. Effetto sul quale ovviamente non può contare il centro sinistra, che, partendo dai blocchi come opposizione, deve far leva più su quello che si propone di fare in futuro (ecco motivata la scelta dello slogan L’Italia riparte), perdendo per forza di cose la sfida “visiva”.

Sfida visiva che ovviamente Berlusconi ha deciso di giocare fino in fondo con le svariate apparizioni Tele-Visive e radiofoniche di quest’ultimo periodo: la tecnica della continua presenza mediatica assicura gli stessi risultati delle gigantografie stradali, ma con la sottile differenza che a parlare è, nello stesso momento, sia il capo di uno dei due schiaramenti, sia il Presidente del Consiglio in carica, che può sfruttare quindi la carica persuasiva data dal proprio ruolo istituzionale. Mai sottovalutata è inoltre (fateci caso) la presentazione scenica di queste apparizioni tv. Dare un’immagine vincente di sè significa mostrare al pubblico la propria forza, convincere gli indecisi con la decisione e la fermezza. Ed ecco che Berlusconi si rilassa nelle poltrone mostrando una sicura disinvoltura, allarga le spalle per occupare più spazio, sorride guardando i propri interlocutori senza cedere alla minima incertezza. La pelle è liscia e abbronzata (sinonimo di serenità), i capelli sono numerosi e neri (sinonimo di giovinezza e quindi di forza), e i suoi gesti sono ampi e decisi. Il premier studia a fondo il proprio aspetto fisico e la postura, ben consapevole di quanto una persona a proprio agio in ogni situazione possa comunicare una sicurezza ammaliante e rassicurante. Questo risulta facilmente in contrasto con l’immagine che invece Prodi offre di sè, certamente meno disinvolta e carismatica. L’arma usata dal Professore sembrerebbe essere quella di voler convincere con la semplicità e la bontà d’animo, ma in un mondo competitivo e rapido come quello in cui viviamo il buono vince sempre meno spesso, superato com’è dalla forza dei più furbi. O per lo meno, Forza Italia conta su questo...

Per tornare ai messaggi propagandistici, una maggior attenzione ai contenuti, come denota la mole di concetti proposti dall’Unione nel suo programma, porta all’utilizzo di un politichese spinto, a volte incomprensibile per l’elettore medio e indeciso (stimato in un buon 20%) al quale guardano entrambi gli schieramenti con desiderio. Dall’altra parte Berlusconi esprime in 30 battute, spazi compresi, concetti come “Niente canone tv ai pensionati”, che non portano di sicuro effetti pratici dal punto di vista programmatico, ma incidono indelebilmente nella mente dell’elettore un concetto di “misura a favore tuo” che risulta invece difficile da estrapolare da un programma fitto e ricco di iniziative inerenti i campi più disparati.

Comunicazione è tracciare delle cornici chiare e nette ove potersi riconoscere, utili a veicolare messaggi riconoscibili in ambiti e contesti diversi. Dato che la cartina di tornasole del consenso sono gli elettori, tutto è basato sulla capacità di trasmettere messaggi permanenti, che traccino in maniera chiara i contorni della propria ideologia o azione politica.

L’errore di una comunicazione mediatica confusa o ancor peggio inesistente, anche con un programma forte alle spalle, si paga in termini di voti e riconoscibilità; ma non si può dimenticare che una campagna basata su slogan vuoti e di dubbia attuazione produce consenso immediato ma difficilmente mantenibile alla prova dei fatti: dato che in questa campagna elettorale è stato tirato in mezzo Dio (mossa comunicativamente molto forte) un buon comunicatore suggerirebbe ai candidati di rifarsi a lui, che in dieci righe ha concentrato un programma pazzesco, e in sei giorni realizzato tutte le grandi opere.



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