REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
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Anno IV n° 6 GIUGNO 2008 - EVENTI |
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Un intreccio di volumi raccontati attraverso la dominanza di linee curve, volumi spesso racchiusi all’interno di uno spazio immaginario circolare o ellittico, del quale ogni elemento della composizione riproduce gli andamenti, mettendone in rilievo la forza di un inarrestabile moto; una spazialità, quindi, senza inizio né fine, che permette agli opposti di raggiungere l’armonia e l’unità compositiva, grazie ad una continuità strutturale priva di interruzioni, di esitazioni. A volte, invece, il soggetto viene inscritto all’interno di uno spazio triangolare, con il vertice rivolto verso l’alto; ciò che ne deriva non è più una figura roteante, come quella inserita nel cerchio, ma una figura più stabile; la piramide è infatti simbolo solido del fuoco che esce dalla terra. Le donne di Bruno Lucchi hanno ora una sensualità nuova, che tende a proporsi come mistero e a mantenere quindi quell’alone magico, che da sempre caratterizza i suoi soggetti. Sono infatti figure che custodiscono un’ interiorità mai del tutto svelata, gelosamente protetta, dietro atteggiamenti che mettono in campo una sorta di fanciullesco pudore e, nel contempo, di matura coscienza di quella che è la loro intrinseca e insostituibile bellezza. Sia le braccia che le gambe infatti hanno nell’insieme compositivo il compito di chiudere la figura, di avvolgere il corpo, quasi di proteggerlo; le forme, che tanto catturano per la loro tensione plastica, nello stesso tempo si fanno le custodi dell’anima di un’individuale interiorità, che non deve essere del tutto svelata, ma solo intuita, percepita. In queste ultime opere poi l’artista ha abbandonato la dimensione statica, quella che ha caratterizzato gli androgini dall’ impassibile ed enigmatica postura. Egli cerca un nuovo equilibrio che è fatto di instabilità. Perla, sebbene rappresenti il tutto, l’universo, la materia e lo spirito del mondo, ha anche la fragilità della vita, che non ha piedistalli, che spesso rischia di rotolare, e che proprio per questo deve sapersi difendere. Il volto però, sebbene tradisca una dolcezza nuova, mantiene ancora tratti piuttosto marcati: se il corpo si è fatto emozione, lo sguardo è ancora vuoto; gli inesistenti occhi osservano senza essere visti e comunicano una sorta di distacco dal mondo. Sono però sensazioni che vivono all’interno di una massa plastica talmente coinvolgente che riesce a diffondere nello spazio d’osservazione l’intimità del calore umano. Questo perché il guardare oltre di Perla si identifica, prima di tutto, con il bisogno di cercare dentro di sè la propria identità, per poterla poi proiettare fuori, in una dimensione altra, dove umano e divino diventano un’unica ragione e un’unica realtà. Bruno Lucchi, si incammina così verso una ricerca fatta di nuovi simboli, ricerca dettata, forse, dall’inconscia ribellione verso i canoni di bellezza di una contemporaneità che tanto toglie, o nega, alla naturalezza e ciclicità dei corpi. Marino Marini sostiene che la femminilità sta nella nostra natura, per cui l’immagine carnale e opulenta, che spesso gli artisti hanno della donna, si identifica con la consapevolezza di quanto insostituibile sia il contatto con un universo possente e, per questo, mai del tutto prendibile. Ecco perchè le figure di Bruno Lucchi, sebbene spesso raggomitolate, compatte e all’apparenza ancorate alla terra, hanno una leggerezza che le fa levitare nello spazio; si muovono, girano e si avverte che tutta la loro plasticità, tutto il loro essere materia si concretizza poi in una forte tensione emotiva e spirituale. E in questo si può leggere un legame con il mito della dea madre, con quel sentimento religioso delle comunità preistoriche della Sardegna, dove la presenza femminile è percepita come unica custode della vita, del mistero e della potenza del creato. Del mito Bruno Lucchi fa suo il messaggio, il significato più profondo, ma la composizione plastica si colloca all’interno di una concezione contemporanea dell’operare artistico. Ecco allora che il corpo, non più costretto in vesti anonime, o imprigionato sotto graffiati involucri, diventa il vero protagonista delle sculture di Bruno Lucchi; un corpo nudo, intensamente amabile, sia nella sua immanenza che trascendenza: una figurazione silente, introspettiva attraverso la quale prende forma un nuovo sentimento umano. BRUNO LUCCHI - La stagione felice A Clusone dal 21 giugno 2008 al 21 luglio 2008 Inaugurazione: Sabato 21 giugno 2008 ore 18.00 Presentazione critica a cura di: Elisa Motta Sede:FRANCA PEZZOLI arte contemporanea Via Mazzini, 39 Clusone (BG) ORARI tutti i giorni 10.00-12.30 16.00-19.30 chiuso mercoledì Ingresso gratuito Catalogo in galleria Informazioni: FRANCA PEZZOLI arte contemporanea Tel. e Fax 0346.24666 www.pezzoliarte.net info@pezzoliarte.com Bruno Lucchi è nato a Levico Terme nel 1951, dove tuttora vive e lavora. Ha studiato all’Istituto d’Arte di Trento, completando gli studi al Magistero delle Belle Arti di Urbino. Lucchi, scultore trentino, è l’autore dell’imponente installazione ideata per l’atrio della ammiraglia Costa Magica, della flotta Costa Crociere. L’opera, dal titolo “Tra memoria e visione” (2004), appartiene alla ricerca dell’artista sulle forme monumentali e l’immaginario della cultura mediterranea. La Costa Magica ospita anche una monumentale scultura di Lucchi in bronzo del “Dio Poseidone”, posta sul ponte della nave. Dal 1991 vanta al suo attivo 150 esposizioni personali e oltre 300 collettive,tutte realizzate nelle più importanti sedi pubbliche e private e in prestigiose gallerie d’arte italiane ed estere. Per quanto riguarda la stampa, di lui si sono occupate tutte le principali testate critiche nazionali (Archivio, Arte, Arte In, Forum Artis, Images Art & Life, Tema Celeste). Nel mese di dicembre 2000 il mensile Arte Mondadori ha dedicato all’artista trentino il supplemento della rivista, ossia un prezioso libro monografico. È già uscito il primo esaustivo volume monografico a cura di Maurizio Vanni ed edito da Carlo Cambi di Poggibonsi (2003, 224 p., ill.). Nel 2005 è stato realizzato il primo film-documentario che ripercorre tutta l’opera, le principali mostre personali e l’atelier di Lucchi. E’ stato prodotto dalla troupe parigina Astiko in lingua francese e italiana. Le opere di Bruno Lucchi sono collocate in numerose collezioni private e pubbliche italiane ed internazionali.
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