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 Anno VI n° 1 GENNAIO 2010    -   FATTI & OPINIONI


Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è intervenuto a Bari alla cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico 2009-2010 dell'Università degli Studi con l'intitolazione dell'Ateneo ad Aldo Moro
Ancora una volta Napolitano richiama al metodo “costituzionale” per le riforme



Bari, 15/01/2010

Ho accolto il cordiale invito del Magnifico Rettore a condividere con voi questo momento così significativo nella vita dell'Università di Bari per rendere omaggio alla storia e al ruolo di un grande Ateneo meridionale e insieme alla figura di Aldo Moro docente e studioso. Stiamo qui celebrando, nel Teatro Petruzzelli finalmente risorto, il secondo battesimo della vostra Università ed è bello vederle solennemente imposto il nome che meglio ne riassume la vocazione culturale e il respiro nazionale.

Quella di oggi è veramente una grande occasione per riproporre in piena luce tratti essenziali della personalità di Moro. Nel celebrare per la prima volta, il 9 maggio 2008, il "Giorno della Memoria" dedicato alle vittime del terrorismo, nella data non a caso prescelta dal Parlamento dell'anniversario del suo sacrificio, volli sottolineare la necessità di onorare quegli uomini e quelle donne ricordandoli non solo come vittime ma come persone, e dunque nei loro percorsi di vita, nelle loro storie private e pubbliche, e per le eredità che ci hanno lasciato. Fu un richiamo, si può osservare, opportuno per illuminare la figura e la memoria delle più umili e oscure tra quelle vittime, ma forse superfluo in rapporto a una straordinaria personalità del prestigio e della notorietà di Aldo Moro.
Io credo invece che le tragiche vicende del sequestro, della prigionia, dell'assassinio che segnarono l'epilogo della sua vita, abbiano finito, negli scorsi anni, per prevalere sul ricordo del suo ruolo e contributo di docente e di studioso. Inseparabile dall'analisi del suo destino come bersaglio delle Brigate Rosse, è sempre rimasta, certo, la riflessione sul suo profilo e percorso di leader politico, di uomo di governo, di statista. Ma si può forse separare quest'ultimo dal suo profilo e percorso di giurista, di professore universitario, di educatore e di uomo di cultura? Non lo credo, ci fu una unità profonda nella sua personalità, e questo significa anche l'intitolazione dell'Università di Bari, oggi, al suo nome.

Cultura e politica si fondevano in lui naturalmente, senza residui. Così fu sempre, da quando egli cominciò a varcare l'età e la soglia del semplice apprendimento e divenne presidente degli universitari cattolici e poi del Movimento laureati cattolici. La prima grande prova di sintesi tra cultura e politica giunse per lui con l'elezione a deputato e con la partecipazione all'Assemblea Costituente, mentre contemporaneamente cresceva la sua esperienza di docente all'Università di Bari.

Quale splendida stagione fu quella - mi si lasci ancora ripeterlo - per il nostro Paese ! Una generazione giovane, ricca di interessi culturali e di idealità, faceva irruzione nella politica, prendeva posto nel Parlamento che rinasceva per stendere la Carta dei principi e delle regole della Repubblica Italiana. In quella generazione si impose il gruppo che fu chiamato - nel fare poi la storia dell'Assemblea Costituente - il quartetto dei "professorini" democristiani, di forte impronta cattolica e di moderna cultura giuridica - Fanfani, La Pira, Dossetti, Moro, quest'ultimo appena trentenne. E rilevante fu l'apporto personale di Aldo Moro, apporto coerente con un'idea di fondo : che "i principi dominanti della nostra civiltà e gli indirizzi supremi della nostra futura legislazione" - così egli disse in Assemblea - andassero sanciti in norme costituzionali per "sottrarle all'effimero gioco di semplici maggioranze parlamentari". Il magistero di Moro nell'Università di Bari, che lo vide impegnato nell'insegnamento di diritto penale sempre, e non a caso, in parallelo con quello della filosofia del diritto, era componente sostanziale del suo fare politica : in lui apparivano indissolubilmente congiunte, faccio mie parole di Nicolò Lipari, a sua volta docente a Bari, "scienza giuridica e analisi filosofica, arte politica ed esperienza sociale, sensibilità umana e vita religiosa". E insieme con questa preziosa eredità di pensiero e morale, resta di Aldo Moro l'esempio della fedeltà all'insegnamento - esempio rimasto vivo anche negli anni di Roma, nei periodi di più intenso impegno pubblico e ruolo di governo - e con esso del rapporto con i giovani, di una piena comunione con gli studenti.
v Caro Rettore Petrocelli, cari rettori e rappresentanti di altri atenei, non si dovrebbe attingere proprio a un'eredità e ad un esempio come quelli di Aldo Moro, per superare quello che è stato qui definito "uno dei momenti più critici della storia plurisecolare del sistema universitario italiano"? Voglio dire, a conferma e complemento della relazione che abbiamo ascoltato, che insieme con interventi legislativi e finanziari corrispondenti al riconoscimento effettivo della funzione crescente della formazione e della ricerca in società basate sulla conoscenza e sull'innovazione, oltre che di quegli interventi le nostre Università hanno acuto bisogno di una nuova forte corrente di dedizione incondizionata e appassionata al proprio compito di studiosi e di educatori, di una nuova forte corrente di senso della missione tra quanti operano, insegnano, studiano in tutti gli Atenei. Ho apprezzato perciò gli impegni che qui sono stati enunciati di predisposizione a "ogni verifica dei processi e risultati", sulla base di efficaci e rigorosi meccanismi di valutazione e quindi di riconoscimento del merito. E' a ciò che appare orientato il progetto di riforma universitaria presentato in Parlamento ; e se comprendo la denuncia della dannosa "profluvie di riforme succedutesi nel tempo", faccio appello alla consapevolezza che non dovrebbe ormai mancare tra le forze politiche e sociali della assoluta necessità di lavorare e di riformare, anche per l'Università, in un'ottica di lungo periodo e non sulla base di impostazioni contingenti, asfittiche, di corto respiro, cui corrispondano conflittualità deleterie.

Ciò è particolarmente necessario nel e per il Mezzogiorno, in questa parte del paese che l'Università di Bari ha servito e può ancor meglio servire, sviluppando le sue diverse vocazioni, umanistiche e scientifiche. Compresa quella degli studi agronomici su scala mediterranea, di cui Moro gettò le basi con l'iniziativa poco fa rievocata ; o anche quella della valorizzazione della biodiversità, cui l'Università di Bari aprì - come mi è stato ricordato - quarant'anni fa con il primo "Laboratorio del genoplasma" in Italia.

Ho seguito il progressivo affermarsi, nei periodi successivi alla seconda guerra mondiale, di questa Università anche attraverso l'apporto che vi diedero studiosi napoletani vicini e amici, docenti nelle Facoltà di Giurisprudenza e di Lettere e Filosofia. E mi onoro di essere stato chiamato nel 2004 a far parte della famiglia dei laureati di questa Università, con un riconoscimento - così lo intesi - dell'impegno che dovrebbe accumunarci a vivere la politica anche nella sua dimensione culturale e nel suo profilo europeo. Confido perciò, con senso di viva partecipazione, che da questa cerimonia - e il mio è più di un augurio - possa partire, nel nome di Aldo Moro, il segnale di un risoluto rilancio dell'Ateneo barese. E' di questi segnali che ha bisogno il Paese.



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