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 Anno VI n° 3 MARZO 2010    -   TERZA PAGINA


Dalle favole di Sherazade in "Le mille e una notte"
I cinque corteggiatori

Di Rosa Tiziana Bruno



Eccola, Sharazade, forse un po’ intimorita, ma determinata a salvarsi la vita e a rompere quella catena di odio e di rancore che stava strozzando le donne di tutto il regno. Comincia a raccontare e, raccontando, incanta, stupisce, ammalia, conforta, accudisce. Ma soprattutto sveglia dal torpore il Sultano, che vive addormentato all’ombra della sua accecante rabbia verso il genere femminile.

Usa parole forti, dure, ma capaci di arrivare sotto pelle, di entrare là dove la dolcezza da sola non potrebbe. Di penetrare in un cuore indurito e di aprirlo, spaccarlo, scioglierlo. Non sono storielle vuote e frivole quelle che racconta, sono storie profonde, ma leggere al tempo stesso. Storie di vita. Sharazade racconta la vita così come si presenta ogni giorno, senza i fronzoli del buonismo o del formalismo:

Storia di una donna e dei suoi cinque corteggiatori

Mi è venuto in mente, o re felice, che c'era una volta, nel tempo andato, in una certa città, una donna, figlia di ricchi mercanti, la quale aveva un marito che era un gran viaggiatore. Ora accadde che una volta questo marito partì per visitare paesi lontani e la sua assenza si prolungò a tal punto che la moglie fu colta da grandissima noia, e non potendo più sopportare la sua solitudine, tanto più che era molto bella e nel fiore degli anni, accettò la corte di un giovanotto figlio di mercanti.

I due si amarono con tanta passione che da quel momento le giornate parvero alla donna non già lunghe ma brevissime e, poiché il giovane era instancabile nel dare quanto la donna era insaziabile nel prendere, così fra il dare e il prendere il tempo cominciò a scorrere molto lietamente e la donna smise di lagnarsi per la lunga assenza del marito viaggiatore.

Ora avvenne che un giorno questo giovanotto litigò con un uomo e lo picchiò e quest'uomo andò dal capo della polizia a sporgere denuncia, e il giovanotto venne preso e gettato in carcere.

Quando l'amante seppe che il giovanotto era stato chiuso in prigione, si disperò moltissimo e quasi perdette il senno, ma poi ci ripensò meglio; si vesti con gli abiti più belli e si recò a casa del capo della polizia. Lo salutò con un grazioso inchino e gli porse la seguente petizione scritta:
- Colui che tu hai gettato in carcere è il Tal dei Tali mio fratello, il quale ha litigato con un certo Tizio; ma la cagione del litigio e il modo in cui si sono svolte le cose ti sono stati falsamente riferiti da testimoni non degni di fede. Perciò mio fratello è ora ingiustamente chiuso nelle tue carceri, e io sono rimasta sola e senza alcuno che provveda a me. Imploro quindi la tua clemenza affinché egli venga liberato.

Quando il capo della polizia ebbe letto la supplica, osservò la donna, vide che era bella, e subito fu preso dal desiderio di possederla; perciò le disse:
- Entra un momento nelle mie stanze, fintanto che io abbia risolto questa faccenda. Dopo, potrai portarti via tuo fratello.
- Signore mio, rispose la donna, solo Allàh Onnipotente è il mio protettore; io sono straniera in questa casa e non posso entrare nelle tue stanze.
- Parliamoci chiaro - replicò il capo della polizia - se vuoi che tuo fratello venga liberato, non v'è altro mezzo se non questo: che tu entri nelle mie stanze lasciando che io prenda di te tutto il mio piacere.
Quando udì queste parole, la donna sospirò e rispose:
- Se così deve essere né v'è altro modo di fare uscire mio fratello dal carcere, sarà meglio che tu venga a casa mia, dove potrai riposare tutto il giorno senza che alcuno ci disturbi, e il mio onore sarà salvo.
- E dov'è casa tua?
- Nel tal posto - rispose la donna, e gli fissò un appuntamento. Poi se ne andò lasciandolo pieno di desiderio e impaziente di soddisfarlo.
Visto come si erano messe le cose, la donna pensò di andare dal giudice della città, al quale disse:

- 0 mio signore, sei tu il cadì di questa città?
- Sì! - rispose il cadì.
- Ebbene, mio signore, degnati di considerare con clemenza il mio caso e l'altissimo non mancherà di ricompensarti!
Allora il cadì disse:
- Quale torto ti è stato fatto? "
- Signore mio - rispose la donna -  io ho un fratello e non ho altri a questo mondo che mi sostenga e mi protegga; ed è appunto per causa sua che sono venuta da te; infatti, il capo della polizia lo ha messo in prigione come un delinquente perché certi uomini hanno fatto contro di lui falsa testimonianza. Ora io ti supplico d'intercedere per lui presso il capo della polizia.
Udendo queste parole, il cadì si avvicinò alla donna, la guardò e fu preso da violenta passione per lei, così che le disse:
- Entra in casa e riposati un momento in compagnia delle mie schiave mentre io mando al capo della polizia l'ordine di liberare tuo fratello. E se ci sarà un'ammenda da pagare, la pagherò io di tasca mia, a patto che tu lasci ch'io sfoghi con te il mio desiderio perché il tuo bel modo di parlare mi ha reso innamorato di te.
Allora la donna disse:
- Se tu, signore mio, fai queste cose, allora non possiamo più biasimare nessuno.
E il cadì replicò:
- Se non entri in casa, puoi pure andartene per i fatti tuoi.
La donna sospirò, come se fosse rassegnata, e disse:
- Se, così deve essere, signore, sarà meglio che questa cosa avvenga in casa mia, perché qui ci sono schiave, eunuchi e gente che va e gente che viene, e io sono una donna che non è abituata a simili faccende, e se lo faccio è perché vi sono costretta.
- E dov'è casa tua?
- Nel tal posto "- rispose la donna, e gli diede appuntamento per lo stesso giorno in cui aveva dato appuntamento al capo della polizia.

Uscita da casa del cadì, si recò nel luogo dove stava il visir, e dopo avergli presentato la petizione spiegandogli che aveva assolutamente bisogno dell'assistenza del fratello, lo supplicò d'intercedere in suo favore. Ma anche il visir, dopo avere osservato le forme graziose della donna, le disse che suo fratello poteva essere liberato solo se ella acconsentiva a fare subito con lui quella tal cosa. Allora la donna gli disse:
- Se non è possibile farne a meno, facciamola almeno a casa mia, un luogo più discreto per me e per te. Non è distante, e tu sai che noi donne amiamo la pulizia e gli agi.
- E dov'è casa tua? "
- Nel tal posto - rispose la donna, e gli fissò lo stesso appuntamento che aveva dato agli altri due.

Lasciato il visir, la donna si recò dal re della città, che stava seduto in trono, e dopo avere baciato la terra davanti ai suoi piedi lo supplicò che liberasse dal carcere il fratello.
- Chi lo ha imprigionato? - domandò il re. E la donna rispose:
- E stato il tuo capo della polizia.
Ma intanto il re, che l'aveva sentita parlare e aveva osservato la delicatezza delle sue forme, si senti bruciare il cuore da violento amore e ordinò alla donna di entrare con lui nel palazzo, mentre egli avrebbe dato ordine al cadì di liberare il fratello.
- 0 potente signore- rispose la donna - non potrei andare ad aspettare mio fratello a casa mia, o recarmi io stessa a prenderlo alle carceri?
- Questo non può essere - rispose il re - perché io sono stato preso da grande amore per te ed è assolutamente indispensabile che io soddisfi questa passione. Se io non farò con te ciò che il marito fa con la moglie, tu non rivedrai mai tuo fratello.
- 0 re potentissimo - rispose la donna baciando la terra davanti al sovrano - a te nessuno può resistere ed è facile per te ottenere quello che chiedi, con le buone o con le cattive. Io sono felice che tu abbia posto gli occhi sopra di me, ma sarò ancor più felice se tu vorrai onorare con la tua presenza la mia casa, che è un luogo discreto ed appartato dove nessuno potrà interromperci.
E il re rispose:
- In questo non voglio contraddirti.
Allora la donna indicò al re dove fosse la sua casa e gli fissò lo stesso appuntamento che aveva fissato agli altri tre.

Così la donna uscì dal palazzo reale e si recò da un tale che faceva il falegname e gli disse:
- Voglio che tu mi faccia per il tal giorno un armadio molto robusto, a quattro piani. Le misure devono essere queste e queste e voglio che ogni ripiano abbia un suo sportello e che questo sportello si chiuda con un solido catenaccio. Ora dimmi qual è il tuo prezzo, ché io te lo pagherò.
Il falegname, che aveva adocchiato la sua cliente mentre costei parlava, rispose:
- Signora mia, il tempo che tu mi dai per costruire quest'armadio è poco e se io dovessi chiederti un prezzo non potrei chiederti meno di quattro dinàr d'oro. Ma, se tu vorrai entrare un momento nel mio retrobottega per chiacchierare un poco, forse potremmo intenderci, e io ti fabbricherei l'armadio senza chiederti nemmeno un soldo.
La donna rispose:
- Certo, l'idea di risparmiare quattro dinàr d'oro non mi ripugna, ma ti pare che il tuo retrobottega sia il luogo adatto per fare il genere di discorsi che tu vuoi fare con me? lo credo che staremo molto più comodi e a nostro agio in casa mia, così, se tu mi porterai domani questo armadio, fatto come t'ho detto... A proposito, già che ci sei, sarà meglio che tu lo faccia di cinque ripiani invece che di quattro... ti prometto che discorreremo con tutta calma e tanto a lungo finché avrai fiato per discorrere.
A queste parole il falegname soddisfatto rispose:
- Sia come tu vuoi, signora. Domani ti porterò l'armadio finito di tutto punto.

Sistemata anche questa faccenda, la donna si recò a casa sua, prese quattro vesti da casa del marito e le portò dal tintore ordinandogli di tingerle in quattro colori diversi. Quindi si occupò a preparare tutto l'occorrente in fatto di cibi, bevande, fiori e profumi.

Il giorno dell'appuntamento, la donna si vesti con il suo abito più ricco e più bello, si acconciò e si profumò, stese per terra morbidi e sontuosi tappeti, quindi si sedette in attesa del primo che sarebbe venuto. Ed ecco che il primo a presentarsi fu il cadì: quando la donna lo vide, si alzò, gli andò incontro e dopo aver baciato la terra davanti a lui lo prese per mano e lo fece sedere su un divano. Poi la donna si sdraiò accanto a lui e cominciò a scherzare e a fargli mille moine, sì che il cadì senti agitarsi dentro di sè l'eredità di suo padre e volle soddisfare subito il suo desiderio, ma la donna gli disse: " Signore mio, togliti codesti abiti e codesto turbante e mettiti indosso questa vestaglia gialla, e poniti in testa questo fazzoletto mentre io porto cibi e bevande. Dopo che ci saremo rifocillati, farai quello che vorrai. "
Così dicendo, gli prese gli abiti e il turbante e gli mise la vestaglia e il fazzoletto. Ma ecco che si senti bussare alla porta e il cadì chiese:
- Chi è che bussa alla porta?
E la donna rispose:
- Mio marito.
Allora il cadì disse:
- E ora cosa si fa? Dove posso andare?
- Non aver paura - disse la donna - ti nasconderò in questo armadio.
- Fa' tu come ti sembra meglio.

Così la donna lo prese per mano e lo spinse nel ripiano più basso dell'armadio. Poi chiuse lo sportello con il catenaccio e andò alla porta di casa dove trovò il capo della polizia. La donna s'inchinò a baciare la terra davanti a lui, poi lo prese per mano e lo condusse nella sala dove lo fece sedere sul divano e gli disse:
- Mio signore, questa casa è la tua casa, questa dimora è la tua dimora ed io sono la tua serva; passeremo insieme una intera giornata, perciò togliti codesti abiti e indossa questa vestaglia rossa.
Così gli tolse gli abiti, gli fece indossare la vestaglia rossa e gli mise in capo un vecchio fazzoletto che aveva in casa; dopo di che si sedette accanto a lui sul divano e cominciò a fargli carezze e moine, mentre il capo della polizia l'abbracciava e la toccava ed era in un mare di delizie.
A questo punto la donna gli disse:
- Signore, questa giornata è tutta tua e nessuno la dividerà con te; ma prima usami il favore e la cortesia di scrivermi un ordine per il rilascio di mio fratello, così che io possa godere della tua compagnia con animo più leggero.
- Ascolto e obbedisco - disse il capo della polizia - per la mia vita e per i miei occhi avrai l'ordine! - E sull'istante scrisse al suo intendente una lettera del seguente tenore: "Appena riceverai questo messaggio, libera senza indugio il Tal dei Tali e non opporre al latore della presente alcuna difficoltà." Poi appose il sigillo alla lettera e la consegnò alla donna, la quale, dopo averla riposta accuratamente, si sdraiò di nuovo sul divano e ricominciò a scherzare con il capo della polizia. Sennonché, a un certo punto qualcuno bussò alla porta.
- Chi sarà mai? - chiese il capo della polizia. E la donna rispose:
- Mio marito.
- E adesso che cosa faccio?
- Entra in questo armadio e restaci finché non lo avrò mandato via con un pretesto e potrò ritornare da te.
Ciò detto, lo ficcò nel secondo ripiano dell'armadio a cominciare dal basso e poi chiuse col catenaccio lo sportello; e intanto il cadì, che era chiuso nel ripiano inferiore, sentiva tutto quello che dicevano.

Poi la donna andò alla porta di casa, la apri, ed ecco che entrò il visir.
Ella si inginocchiò davanti a lui e baciò la terra e lo ricevette con tutto l'onore e il rispetto dicendo:
- O mio signore, tu mi fai un grande onore entrando in questa casa; che Allàh non ci tolga mai la luce della tua presenza!"
Quindi lo fece sedere sul divano e gli disse:
- Signore, togliti questi abiti pesanti e il turbante e indossa questa veste più leggera.
Così dicendo, gli tolse gli abiti e il turbante e gli mise indosso una sorta di tunica azzurra con un alto cappuccio rosso.
- Gli abiti che avevi erano quelli della tua carica - gli disse - ma ogni circostanza vuole il suo abito, e perciò è giusto che ora tu indossi questa veste leggera, che meglio si addice alle schermaglie amorose, allo spasso e al sonno.
Ciò detto, ella si sdraiò sul divano e cominciò a scherzare con il visir, finché questi senti che quella tal cosa non poteva più essere rimandata; ma la donna lo allontanò dicendo:
- Signore mio, perché tanta fretta? Non ci mancherà certo il tempo.
E mentre stavano chiacchierando ecco che si senti bussare alla porta e il visir le chiese:
- Chi è mai?
- Mio marito.
- Che devo fare? - chiese il visir.
- Entra in questo armadio - disse la donna.- Non appena mi sarò sbarazzata di lui tornerò da te. Intanto, tu non aver paura di nulla.
Così lo fece entrare nel terzo ripiano dell'armadio e chiuse lo sportello con il catenaccio; dopo di che andò alla porta di casa, davanti alla quale c'era il re in persona.

Non appena ella vide il sovrano, baciò la terra davanti a lui e, presolo per mano, lo condusse nella sala e lo fece sedere con grande rispetto sul divano dicendogli:
- In verità, o re, tu mi fai un altissimo onore, tanto che, se io ti offrissi il mondo intero e tutto ciò che esso contiene, tale dono non varrebbe uno solo dei passi che tu hai fatto per venire fin qui.

Poi, dopo essersi di nuovo inchinata e aver baciato la terra davanti al sovrano, gli disse:
- Concedimi di dire una parola.
- Di' quello che vuoi... - rispose il re, e allora la donna disse:
- 0 mio signore, mettiti a tuo agio e togliti questi abiti e questo turbante. "

Il re, ben lieto di accontentarla, si tolse di dosso gli abiti, che valevano per lo meno mille dinàr, e si mise addosso una vestarella sdrucita che valeva tutt'al più dieci dirham.
Poi la donna si mise a chiacchierare e a scherzare con lui; e mentre tutto ciò accadeva, gli altri che erano chiusi nell'armadio sentivano ogni cosa ma non osavano dire una parola.

Dopo un poco che erano lì a scherzare, il re, sentendo l'imprescindibile urgenza di possedere la giovane, allungò le mani per slacciarle gli abiti; ma quella gli disse:
- Questa cosa avremo tempo di farla quante volte vorremo, ma prima io desidero che tu ti rifocilli e accetti ciò che ho preparato appositamente per te.

Ma ecco che, mentre stavano parlando, si sentì picchiare alla porta, e il re chiese alla donna:
- Chi è che bussa?
- Mio marito."
Allora il re si corrucciò e disse:
- Fa che se ne vada con le buone, altrimenti verrò io alla porta e lo costringerò ad andarsene.
- Questo non starebbe bene, mio signore - rispose la donna - abbi pazienza e lascia che sia io a mandarlo via con qualche stratagemma.
- Ma intanto io che cosa farò?
Allora la donna lo prese per mano, lo fece entrare nel quarto ripiano dell'armadio e chiuse lo sportello con il catenaccio. Poi andò ad aprire la porta di casa ed ecco che entrò il falegname e la salutò.

E come lo vide la donna lo affrontò dicendogli:
- Che razza di armadio mi hai fabbricato?
- Cosa c'è che non va, mia signora? - s'informò il falegname. E quella rispose:
- Il ripiano in cima è troppo stretto.
Rispose il. falegname:
- Questo non può essere.
E la donna:
- Entra e vieni a vedere con i tuoi occhi; è così stretto che non ci entreresti nemmeno tu.
Al che il falegname rispose:
- L'ho fatto tanto grande che ci entrerebbero quattro persone.
E dicendo ciò si infilò nel quinto ripiano; ed ecco che la donna gli chiuse addosso lo sportello mettendo il catenaccio. Poi prese la lettera del capo della polizia e si recò dall'intendente, il quale, dopo aver letto il messaggio e averlo baciato, consegnò alla donna il giovane amante.

Ella raccontò all'amico tutto quello che aveva fatto, e questi disse:
- E adesso, come dovremo comportarci?
-
Ce ne andremo in un'altra città - rispose la donna - perché dopo questa faccenda qui non è più aria per noi.

Così i due presero tutti i loro averi, compresi gli abiti preziosi dei personaggi che erano rinchiusi nell'armadio, e dopo aver caricato ogni cosa sui cammelli partirono per un'altra città. Intanto, i cinque chiusi nell'armadio se ne stavano in silenzio per paura che in casa ci fosse qualcuno e si accorgesse di loro.

E rimasero così per tre giorni e tre notti, senza mangiare, senza bere e senza poter soddisfare i bisogni corporali, fino a che il falegname, che aveva una gran voglia di orinare, non poté più trattenersi e mollò una gran bagnata in testa al re, e il re minse in testa al visir, e il visir orinò in testa al capo della polizia, e il capo della polizia pisciò in testa al cadì, il quale come sentì cadere quella gran pioggia cominciò a gridare:
- Che razza di porcheria è questa? Non basta che si debba stare chiusi qui dentro, dobbiamo anche sentirci pisciare in testa?
Allora il capo della polizia riconobbe la voce del cadì e gli gridò:
- Che Allàh ti rimeriti, o cadì!-
Così il cadì seppe che sopra di lui c'era il capo della polizia. Poi il capo della polizia alzò anch'egli la voce e disse rivolto a quello del piano di sopra:
- Che razza di porcheria è questa?
E il visir di rimando:
- Che Allàh ti rimeriti, o capo della polizia!
Cosi il capo della polizia seppe che sopra di lui c'era il visir. A sua volta il visir si mise a gridare:
- Che razza di porcheria è questa?
Ma quando il re udì la voce del suo ministro rimase zitto e non si diede a farsi conoscere.
Allora il visir disse:
- Allàh maledica colei che ci ha fatto questo scherzo! Quella dannata femmina è riuscita a chiudere in questo armadio i maggiori dignitari dello stato, fatta eccezione per il re.
Allora il re non si poté più trattenere ed esclamò:
- Taci, o visir, perché io sono stato il primo a cadere nella rete di questa infame puttana.

A questo punto il falegname cominciò a gridare:
- E io in tutto questo che cosa c'entro? Le ho fabbricato un armadio per quattro dinàr d'oro, e, quando sono venuto a riscuotere, con un inganno mi ha fatto entrare qui e mi ci ha chiuso dentro.
Poi tutti e cinque cominciarono a chiacchierare per distrarre il sovrano e per non pensare ai loro guai.

E mentre ciò accadeva ecco che tornò dal suo lungo viaggio il marito della donna e, arrivato davanti alla porta di casa sua, cominciò a bussare. Ma per quanto bussasse nessuno gli veniva ad aprire. Allora si rivolse ai vicini e chiese notizie della moglie, ma questi non ne sapevano nulla ed anzi si meravigliavano moltissimo che nessuno andasse ad aprire perché fino a tre giorni prima avevano visto la donna che entrava ed usciva.
Allora, temendo che fosse successa qualche disgrazia, sfondarono la porta ed entrarono tutti in casa con il marito in testa; e quando furono arrivati nella sala videro quel grande armadio, dal quale veniva uno strano rumore di voci.

-Sicuramente - disse un vicino - questo armadio è abitato da spiriti maligni. La cosa migliore da fare è di prenderlo e dargli fuoco.

Quando quelli che stavano dentro sentirono ciò, cominciarono a gridare:
- Non lo fate! Non lo fate!
Allora il marito e i vicini si dissero l'un l'altro:
- Questi sono proprio spiriti maligni, che per farci credere di essere creature mortali parlano con voce di uomini.
Udendo queste parole, il cadì cominciò a recitare alcuni versetti del Corano acciocché quelli che erano di fuori fossero sicuri che quelli che erano dentro non erano spiriti maligni. Poi disse ai vicini:
- Avvicinatevi all'armadio in cui siamo rinchiusi.- E quando quelli furono vicini disse:
- Io sono il cadì, e ho riconosciuto fra voi la voce del tale e del tal altro e sappiate che qui dentro non sono solo.
- Ma si può sapere chi vi ha ficcato lì dentro? - chiese il marito della donna.

Allora il cadì raccontò dal principio alla fine tutto quanto era accaduto. Dopo di che mandarono a chiamare un falegname, il quale ruppe i cinque catenacci, apri i cinque sportelli ed ecco che uno dopo l'altro uscirono dall'armadio il cadì, il capo della polizia, il visir, il re e il falegname; e poiché erano vestiti con gli strani abbigliamenti che aveva posto loro indosso la donna, guardandosi l'un l'altro cominciarono a ridere di quella straordinaria avventura.

Alla fine il re, vedendo in un canto il marito della donna, che era l'unico a non ridere di tutta quella faccenda, per consolarlo lo nominò suo visir della mano sinistra. Poi, dato che le più alte cariche dello stato non potevano comparire al cospetto della gente in quella buffa tenuta, furono mandati a prendere altri vestiti e ognuno assunse così l'aspetto che competeva alla sua alta posizione, dopo di che ciascuno se ne andò per i fatti suoi.



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