REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno VI n° 5 MAGGIO 2010 FATTI & OPINIONI


Il commento della settimana
Oggi parliamo di “Macchia Nera”
Di Il Nibbio


Macchia Nera?
Si, non parliamo però del personaggio “cattivo intelligente” di Walt Disney, apparso per la prima volta nel 1939 sulle strisce quotidiane disegnate da Floyd Gottfredson, che mi è stato sempre molto simpatico. Non voglio parlare nemmeno della politica italiana, che è sempre più una “macchia nera”, impiastricciata tra arroganza del potere e corruzione, e che sembra dilagare sempre più invadendo ogni spazio vitale, togliendo forza alla boccheggiante economia italiana, ma voglio parlare della “macchia nera” oleosa che sta dilagando nel Golfo del Messico e che è un chiaro esempio di disastro indotto dalla nostra cupidigia e dalla nostra stupidità.

La “macchia” è un disastro atteso.
In continuazione avvengono piccoli o medi disastri nel trasporto dei prodotti petroliferi: navi che perdono il carico o che affondano, oleodotti che disperdono il trasportato, vagoni ferroviari che deragliano e distruggono le case attorno, anche sversamenti inspiegabili, come quello avvenuto il mese scorso nel Lambro a Villasanta: troppi incidenti, ma sono solo una parte degli incidenti che avvengono per fortuna senza provocare disasrtri disastri.
C'è un calcolo delle probabilità che un disastro avvenga e disastri, quindi, sono attesi, magari non completamente valutati nelle loro conseguenze. Ecco perché quanto è avvenuto nel golfo del Messico è un “disastro atteso”.

Si può evitare tutto ciò?
In assoluto no, se ne può solo ridurre la frequenza introducendo via via che questi accadono, misure di sicurezza maggiori, ma non si può impedire che questi prima o poi accadano, per un atto vandalico, per un errore umano o per un accadimento che non era stato previsto.

Allora dobbiamo convivere con questi disastri, finché la “macchia” avrà coperto tutto il mondo? Credo proprio che ci siano vie per vivere in tranquillità; certo è che non sono le vie che le “compagnie” ci propongono. Non dimentichiamo che quasi sempre questi disastri sono collegati all'attività delle imprese operanti nell'energia.

Due sono i modi per ridurre i rischi in assoluto.
La prima via è di ridurre le dimensioni degli impianti che possono produrre rischio. Più gli impianti sono grandi e più un eventuale disastro interessa un territrrio più ampio, fino a diventare mondiale come è stato per Chernobyl. La centrale nucleare di Chernobyl era piccola, rispetto alle attuali, ma aveva creato un disastro mondiale di cui ancora oggi subiamo le conseguenze. È vero che le centrali di oggi sono più sicure, ma l'incidente è ancora possibile e, se dovesse avvenire, avviene sarebbe un disastro gigante, forse la fine della vita sul pianeta.

Le “compagnie” sono contrarie a ridurre le dimensioni degli impianti perché più gli impianti sono grandi, minore è il costo unitario del prodotto e il loro guadagno così aumenta. Il rischio di grave incidente è spesso sottovalutato in quanto di fronte ad incidenti enormi, come quello attuale in Messico o quello di Cernobyl, la compagnia fallisce. I manager troveranno un altro lavoro, il danno non lo pagheranno mai loro.

L'altra via dipende da noi: ridurre i consumi di prodotti energetici. Sembra facile, ma non è così.

Tutti parlano di risparmio energetico, ma dal dire al fare ci sono di mezzo tante cose. La prima difficoltà è l'ignoranza. Ben pochi conoscono quanto spreco c'è nella loro casa. Se chiedo a qualcuno cosa consuma il suo frigorifero, quasi sicuramente non mi sa dare una risposta. Un frigorifero vecchio, con la carica esaurita può consumare moltissimo: più di una vaporiera; eppure può apparire ancora informa, senza scrostature o segni di ruggine, ma è da buttare.

Non parliamo del riscaldamento: la maggior parte delle case costruite prima degli anni '80 non ha praticamente isolamento termico e, quando fa freddo si riscalda più l'esterno che la casa, ma di spendere per migliorare l'efficienza energetica in pochi ci sentono. Se poi si è in condominio il problema è quasi irrisolvibile perché basta che ci sia una persona che si opponga che in pratica tutto resta inalterato. Pensare che puntare ad una casa energeticamente autonoma, con l'energia solare e gli isolamenti giusti, ridurrebbe di molto non solo il consumo, ma anche la necessità di spostare energia e quindi i rischi di danni.

Ma non c'è solo il consumo domestico.
Circa la metà del consumo energetico italiano è dato dal trasporto di merci e persone, e questo vuol dire essenzialmente petrolio. Ora dobbiamo chiederci perché non siamo capaci di consumare meno.

Oggi disponiamo di mezzi di comunicazione che possono evitare lo spostamento fisico delle persone. Perché non si usa di più la videoconferenza, quando con internet è possibile e facile realizzarla?
Perché troppo spesso gli uffici chiedono la nostra presenza fisica allo sportello per sbrigare pratiche quando, con la forma elettronica e la posta certificata, si possono risolvere da casa? Oppure perché non abilitare gli sportelli locali a ricevere le pratiche dei ministeri, degli enti lontani? Questa è semplificazione burocratica ed è anche risparmio energetico, ma sembra difficile da realizzare.

Non parliamo del trasporto pubblico, che è lontano dal rispondere alle esigenze di qualità, di efficienza, malgrado costi maggiori dell'auto privata; ecco così che l'uso dell'auto nelle aree urbane con una sola persona a bordo diventa non solo la via che meglio risponde alle esigenze, ma anche la più economica.

Qualcuno sicuramente proporrà, dopo il disastro del golfo del Messico, il nucleare, ma credo che sia evidente che non è quella la via. Come già accennato prima, i rischi di questa fonte energetica sono elevatissimi e, seppure in presenza di una ridotta probabilità, l'incidente è sempre da mettere in conto. Dicono che sia a minor costo, ma non ci dicono che ancora oggi nessuno sa, i veri costi per lo smaltimento delle scorie e per lo smantellamento delle centrali alla fine del loro ciclo di vita, perché nessuno ha ancora trovato un metodo certo e percorribile sempre.

La via vera è quella di adeguare la nostra vita a un più basso consumo di energia, sia con prodotti più efficienti, sia con l'eliminazione di attività energifaghe. Ma questo vuol dire prendere coscienza delle nostre reali capacità di vita in relazione alle risorse e ai rischi. Troppo spesso l'ignoranza e l'egoismo guidano le nostre scelte.

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