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 Anno VI n° 5 MAGGIO 2010    -   FATTI & OPINIONI


Ancora Rosarno
Ecco il perché della Rivolta degli schiavi!
La rivolta ha messo in luce i traffici di uomini, che tutti conoscono, ma che mai sono stati perseguiti
Di Francesca Bisbano


Rosarno sta diventando una spia del malessere in Italia. Prima la rivolta e poi le indagini dei carabinieri che portano uno spiraglio di luce su una realtà, purtroppo diversa da come cercano di descrivercela.

Legami tra il sistema agricolo e il “caporalato” sono da sempre stati gestiti dalle organizzazioni criminali che lucrano sullo svantaggio delle imprese agricole o, peggio, le acquisiscono. Il fenomeno del “caporalato” è sempre esistito nelle campagne del Sud, ma prima era una “tassa” da pagare per avere il lavoro, oggi è diventato un sistema di schiavizzazione degli immigrati; ovviamente il tutto deve essere fatto con il benestare delle organizzazioni malavitose.

Da anni a Rosarno, come negli altri paesi del sud, la malavita sfrutta i braccianti stranieri, impiegati nella raccolta degli agrumi. Questo ha portato alla rivolta dei lavoratori immigrati, che ha costituito la base di partenza per l'indagine della Procura di Palmi, conclusasi con l'arresto di trenta persone accusate di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della manodopera clandestina straniera e truffe.

Dalle indagini, condotte dai carabinieri, è emerso che i braccianti stranieri impiegati a Rosarno nella raccolta degli agrumi percepivano ventidue euro al giorno per lavorare dalle 10 alle 14 ore. I datori di lavoro pagavano 1 euro a cassetta per la raccolta dei mandarini e 50 centesimi per le arance. I caporali, a loro volta, incassavano la somma di 10 euro su ogni lavoratore e tre euro da ogni immigrato per accompagnarli nei luoghi di lavoro. Chiunque cercava di ribellarsi era minacciato di morte e spesso anche aggredito fisicamente.

Ad aggravare la situazione erano poi le condizioni disumane in cui vivevano gli immigrati. Si pensi che fino all'inizio dell'anno, nella piana di Gioia Tauro, vivevano 2.500 stranieri che avevano occupato i casolari abbandonati della zona ed una ex fabbrica di Rosarno. Dopo la rivolta la gran parte degli stranieri è stata trasferita nei centri di accoglienza di Bari e Crotone, mentre agli immigrati clandestini, che hanno collaborato con gli investigatori per individuare la rete di caporali, è stato concesso un permesso di soggiorno per rimanere sul territorio italiano.

Inoltre dalle numerose intercettazioni ambientali e telefoniche, compiute dagli investigatori, è stato possibile ricostruire una fitta rete di persone, molte delle quali straniere, che si occupavano del collocamento illegale della manodopera. Ancora dalle indagini patrimoniali nei confronti degli imprenditori agricoli sono state scoperte ulteriori truffe ai danni degli enti previdenziali, per cui il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palmi ha disposto il sequestro di venti aziende e duecento terreni, per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro.

Sergio Marini,Presidente della Coldiretti, ha ricordato che se gli immigrati sono la componente più debole dei lavoratori, lo “sfruttamento” è anche dovuto ad un contesto gravemente degradato in cui le tante imprese agricole oneste subiscono pressioni dal un mercato sballato “dove le arance sono sottopagate a 13 centesimi al chilo e vengono rivendute ai consumatori a 1,45 con un ricarico del 64,6 per cento”.

Per Marini è necessario spezzare questa catena di sfruttamento, che sottopaga il lavoro e il suo prodotto, come dimostrano i tanti esempi presenti nelle campagne italiane dove lavorano regolarmente circa 90.000 immigrati extracomunitari, dei quali circa 15.000 con contratti a tempo indeterminato, i quali contribuiscono in modo strutturale e determinante all'economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire il successo del Made in Italy alimentare nel mondo.



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