REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N°8


Anno VI n° 7 LUGLIO 2010 TERZA PAGINA


PICCOLE EVASIONI
Di Annamaria Francese


Venerdì, 16 Marzo, ore 17.
Sono appena arrivata e mi guardo intorno con la solita aria indagatrice. La valigia ai miei piedi, il gomito sul banco della reception, scruto intorno la sala d’ingresso, i pochi divani fiorati, il piccolo bar d’angolo. Niente di speciale, ma niente di sgradevole. E’ già abbastanza per me che quando prenoto un albergo al buio e non ho molta scelta, comincio a soffrire ancora prima della partenza. So di essere particolarmente esigente, so anche di avere diverse fobie e di essere, forse, un po’ viziata.

L’uomo della reception torna, mi chiede i documenti e mi consegna la chiave. Resta da vedere la stanza, dopo di che, se non avrò trovato niente di spiacevole, il mio week-end potrà dirsi iniziato.

Mentre mi avvio all’ascensore vedo la ragazza seduta su uno dei piccoli divani a fiori. Non l’ho notata prima perché una grossa pianta e un pilastro ne coprivano la vista. La guardo meno distrattamente: non è niente di speciale, ha capelli lunghi e in disordine, un volto banale e pallido. Però ha grandi occhi febbrili e lunghe mani che muovono l’aria mentre gira in fretta le pagine di un giornale.
Non riesco a capire che cosa abbia di sgradevole,ma qualcosa in lei mi respinge e mi incuriosisce tuttavia, tanto che torno a rivolgerle un’occhiata attenta mentre le porte dell’ascensore si chiudono alle mie spalle.
Decido che forse è la sua grande bocca scura, dipinta,che non mi piace o forse chissà … Poi penso di averle dedicato anche troppo tempo e mi concentro sulla stanza, sperando in bene: è proprio come il resto dell’albergo,non bella, ma neanche molto brutta.

Mi chiudo la porta alle spalle, mi tolgo il soprabito e accendo la tv. Non ho niente di particolare da vedere, ma il televisore acceso mi dà l’idea di casa,sottofondo familiare delle mie ore quotidiane. Sfoglio un depliant dell’albergo, mi tolgo le scarpe e prendo l’altro oggetto cardine della mia vita, il telefono.

Non so ancora se Maurizio ha concluso quell’affare e se l’esame di Stefania è stato rimandato. Non lo saprò, per ora, perché il telefono squilla a lungo inutilmente. Proverò dopo, intanto mi organizzo la serata.

Conosco già questo posto, è carino, rilassante, ma non il massimo del divertimento o della follia. D’altronde, quando mai sono andata in cerca di follie…Evasione, solo una piccola evasione., una vita innocua, tutta fatta di piccole evasioni, neanche sempre soddisfacenti. Mi rendo conto che stasera c’è in me qualcosa di diverso, come un senso di noia ,di inutilità. Per carità, niente esami, niente bilanci. Evito sempre di farli, se posso,mi lascio scivolare le cose dalla mente, affronto ogni giorno con la solita organizzata monotonia e qualche piccolo colpo d’ala, di tanto in tanto.

Improvvisamente mi viene sonno, ma tento di reagire, in serata c’è uno spettacolino di cabaret nell’albergo, sufficiente per la mia pigrizia e il mio modesto desiderio di divertimento. Metterò un vestito nuovo e mangerò crema d’asparagi, rondelle al tegame (che saranno mai?) e crostata di fragole, tutto ben precisato su un menù attaccato alla parete dell’ascensore.

Al telefono di casa mia intanto qualcuno finalmente risponde.
- Tutto a posto
? - Tutto a posto
- Stefania?
- Ha avuto 25
- O.k; ci sentiamo domani. Buonanotte.
- Buonanotte

Riflessione d’obbligo:ma che cavolo sono venuta a fare?
Risposta d’obbligo: A respirare un po’, a rilassarmi…
Uhm…
Solito dubbio,se questa sia la strada giusta. Anche questo me lo dico ogni volta, ma non ho ancora la risposta.

Una doccia veloce mi ridà un po’ di carica. Quando scendo in sala da pranzo sono apparentemente a posto, capto qualche sguardo tra i non molti commensali mentre vado al mio posto pensando che la crema di asparagi mi piace. Forse è come quella liofilizzata che faccio io a casa, ma tanto mi piace anche così.


La ragazza dalla grande bocca scura è proprio lì, al tavolo di fronte al mio. Non s’è cambiata d’abito, non si è pettinata e dà sempre, secondo me, quella sgradevole impressione di antipatia. E’ sola.
Che strano, mi stupisco sempre quando vedo una donna sola negli alberghi o al ristorante e non capisco perché…Come se non lo fossi anch’io.
Ma per me è diverso, penso. Sarà diverso anche per lei, mi dico, ma diverso da cosa?

Arriva il cameriere ad interrompere i miei pensieri che cominciano ad ingarbugliarsi in analisi e considerazioni senza senso, fugaci e a me stessa inafferrabili.

Dietro la vetrata del ristorante,affacciato sul lago, solo qualche piccola luce al di là della macchia scura davanti a noi, ad indicare qualche altro albergo, forse,o una villa, chissà… Domani il lago sarà bellissimo, farò una lunga passeggiata e tutto andrà bene.

Lo spettacolino di cabaret, abbastanza insignificante, peraltro, finisce presto, ma il giovane cabarettista non va via e mentre la band suona, invita tutti a ballare, con quella forzata allegria e quella giovane invadenza che il suo lavoro comporta. Poi si avvicina alla ragazza dalla bocca scura e la invita a ballare. Lei si fa pregare un poco, ma si vede che è tentata e alla fine si alza.

Suonano musica latino-americana ovviamente e io continuo a guardare la ragazza. Fino ad un momento prima l’ho giudicata allampanata e priva di grazia e invece le sue movenze sono di una leggerezza incredibile e di una femminilità più accattivante di quella delle danzatrici brasiliane. Ondeggia fianchi e capelli ed è veramente brava con i passi. Il ballo dura a lungo e alla fine lei torna al suo tavolo accaldata e sorridente, tra gli applausi dei pochi ospiti.

La musica riprende, il giovanotto lancia un rapido sguardo nella sala semideserta, poi si dirige verso di me. Suonano un mambo, mi piace il mambo, ma non sono certo un’esperta, così rifiuto gentilmente. Il giovane insiste e la ragazza al tavolo mi fa segno di accettare, mi spinge con un sorriso.

Sembra quasi bella ora,sembra splendere tutta e sprizzare energia. Non mi è più così antipatica. Come giudichiamo in fretta, a volte…
Mi alzo, ho deciso di ballare e dare il via alle mie piccole evasioni.

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