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 Anno VI n° 10 OTTOBRE 2010    -   TERZA PAGINA


Fiabe dal Brasile
La festa in cielo

Di Ciça Fittipaldi


Un bel giorno, fra gli uccelli si sparse la voce che ci sarebbe stata una festa in cielo.

L’Airone indossò subito il suo lungo vestito a piume bianche. Il Corvo decise invece di indossare il suo completo nero. La Tortora preparò il suo vestito a pallini e la Colomba indossò le sue calze rosse. Siriema si dava da fare per sistemare l’acconciatura, Araçari s’abbelliva con le sue collane e tutti gli uccelli chiacchieravano senza sosta su questa festa, suscitando l’invidia degli animali senza piume e incapaci di volare. Fra loro il più invidioso era il Ranocchio, che ad un certo punto cominciò a raccontare di essere stato invitato anche lui.

Gli uccelli ridevano da morire per il desiderio che nutriva quell’animale così sgraziato, mentre accordavano le loro voci e componevano le loro melodie prima di partire verso il cielo.

In mezzo a quel via vai, alla vigilia della festa, Ranocchio Cururu visitò il suo vecchio conoscente, compare Avvoltoio. Dopo quattro chiacchiere, disse al compare: “Ebbene, caro Avvoltoio, me ne vado, parto un po’ presto perché per me la strada fino al cielo sarà lunga”.
Ma allora ci vai davvero?” chiese l’Avvoltoio.
Ma certo che ci vado! Ci troveremo lassù” e fece finta di uscire.

E così, mentre l’Avvoltoio era distratto, il Ranocchio, invece di uscire, entrò in camera sua e vedendo la chitarra posata sul letto vi s’infilò, vi si rannicchiò e rimase lì dentro quieto quieto.

La mattina successiva tutti gli uccelli presero il volo cantando allegramente. Ti tiri ti. Ti tiri tiiii. Kwen Kewn Kow. Xirió xò, xirió, xò. Rrru-rru-rru... s’alzavano fino alle nuvole.

L’Avvoltoio prese la chitarra dal letto, se la mise a tracolla e battendo le ali volò su, nel cielo, tonc, tonc, ton ton...

Arrivato in cielo, l’Avvoltoio posò la chitarra e si diresse a salutare i compagni. Il Ranocchio, dopo uno sguardo d’esplorazione, saltò fuori dalla chitarra e partì balzando fra le nuvole del cielo: “Oouarr, ooouaarr, oouaaarrr” cantava tutto contento.

Gli uccelli, sentendo un verso così rozzo, volarono verso di lui e non potevano credere ai loro occhi: il Ranocchio era lì che saltava in cielo! Gli chiesero parecchie volte di raccontare come aveva fatto ad arrivare fin lassù, ma il Ranocchio raccontava frottole e intanto non la smetteva di ballare. Danzò tutta la notte e si divertì fino a non poterne più, bevendo elisir e mangiando squisitezze celesti.

Di buon mattino, quando tutti erano ancora stanchi e assonnati, il Ranocchio scivolò silenziosamente dentro la chitarra che Avvoltoio aveva posato in un angolo, si rannicchiò e attese, come aveva fatto la volta precedente.

E con il sole alto, l’Avvoltoio si alzò volo, con la sua chitarra a tracolla, tonc, tonc... ma dopo tanta baldoria volava a zig zag, e in una curva il Ranocchio fu sballottato da una parte all’altra, facendo molto rumore.

L’Avvoltoio, sorpreso, guardò dentro la chitarra e vide là in fondo, nel buio, qualcosa che si muoveva.
Scosse la chitarra: “Ehi, ma allora sei tu, Ranocchio! Ecco come sei arrivato in cielo!”.

Ma il Ranocchio non poteva più rispondere. Avendo rovesciato la chitarra, il Ranocchio stava già precipitando. E mentre sibilava verso il basso pensava: “Ai, ai, ai... sto proprio precipitando. Se me la cavo, mai più feste in cielo!”.

E andò in pezzi non appena toccò terra.

Ma poi, a poco a poco, piano piano, riuscì a rimettere insieme i propri pezzi e, alla fine, se ne andò saltando di nuovo. È per questo, però, che è rimasto per sempre pieno di bitorzoli e tutto rattoppato.



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