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 Anno VII n° 8 AGOSTO 2011    -   FATTI & OPINIONI


Vendere beni del demanio e le partecipazioni statali
Una buona idea se non si usano i soldi per la spesa corrente
La paura è che il gettito ottenuto vada a finanziare l'inutile spesa pubblica. Perché tanta ritrosia nel passato a cedere le partecipazioni statali?
Di Il Nibbio


Ora si parla di svendere il patrimonio pubblico. Bene, è una via giusta; perché tenere le partecipazioni in aziende come Eni e IRI? Uno stato “liberale”, come Berlusconi cerca di farci credere sia l'Italia, non dovrebbe avere la presenza dello Stato nell'economia se non in punti strategici come: le reti di comunicazione, di distribuzione dell'energia, ecc.

Invece lo Stato italiano ha una presenza nell'attività economica molto spinta ed è più vicino alla struttura delle economie centralizzate di stampo comunista.

Le privatizzazioni sono state scarse e e non sempre ben batte.La privatizzazione della telefonia, fatta da Prodi, contiene stranamente l'errore di cedere al privato, non solo la parte commerciale, ma anche la proprietà della rete telefonica, cosa che non credo sia molto utile al paese perché è una rete strategia e di gestione monopolistica, quindi dovrebbe essere dello Stato.

C'è da chiedersi perché non si possa smantellare il patrimonio industriale non strategico in un momento in cui il bilancio dello Stato è in difficoltà e il Governo non riesce più a investire, quando questo è cosa assolutamente necessaria sia per aumentare la produttività economica, sia per garantite la sicurezza dei territori dal punto di vista geologico e ambientale, sia per stimolare l'economia e l'occupazione. Un dubbio viene: in questi enti quante poltrone superpagate sono disponibili per metterci amici da gratificare?

Vi è poi una grande quantità di edifici dismessi dall'amministrazione pubblica, specialmente ex caserme militari. Questi edifici ora costano e ogni anno che passa si degradano. Molte sono collocate nelle città e potrebbero essere ben utilizzate, anche se questo forse non è il momento di in cui gli investimenti in edilizia abbiano grande attrazione.

Certo è che l'esperienza della “cartolarizzazione” fatta da Berlusconi nel passato non è stata positiva. Credo che se si volesse procedere con maggiore efficacia si dovrebbero coinvolgere nell'operazione gli enti locali, che meglio di tutti sono in grado di valutare le migliori opportunità di realizzo, individuano chi effettivamente può essere interessato e le modalità di futuro utilizzo, con il cambiamento dei PGT.

Nel complesso le dismissioni possono però fornire un bel gettito, ma i soldi che si otterranno non possono essere bruciati dalla spesa pubblica, ma devono andare a diminuzione del debito pubblico o reinvestiti in infrastrutture. In poche parole il capitale dello Stato non deve essere utilizzato per giustificare il mantenimento della spesa pubblica, ma reinvestito in ambiti più produttivi per la nazione.

Tagliare drasticamente la spesa resta perciò la cosa prioritaria, per ridurre finalmente la tassazione esagerata. Per fare questo è necessario passare attraverso un profondo riordino di procedure ed enti; i tagli di bilancio, fatti dall'alto senza incidere sulle strutture organizzative, si sono ampiamente dimostrati inutili, infatti, e malgrado questi siano annunciati da anni, il debito pubblico continua a macinare record e a distruggere le risorse del paese.



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