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 Anno VIII n° 5 MAGGIO 2012    -   FATTI & OPINIONI


Una contraddizione inspiegabile per un economista stimato
Monti: no alle politiche keynesiane di vecchio stampo! E allora cosa?
Cosa significa questa chiusura? Che non investiremo per rilanciare l'economia?
Di Giovanni Gelmini


La crescita: è un imperativo impellente ormai ovvio per tutti.
Tutta l'Europa soffre di un invecchiamento, non precoce, ma ben indicato dai trend storici, del suo sistema economico. Per un mezzo secolo è stata seconda allo sviluppo statunitense. Poche ed episodiche le “vittorie” europee, sempre rintuzzate dai politici e dai para politici a stelle e strisce. L'Euro, la grande opportunità è stata sprecata perché rimasta incompleta. Non abbiamo una banca centrale unica, ma solo l'emissione di moneta in comune e mancano la politica estera e quella economica comune.

Se l'Europa è messa male, l'Italia è messa malissimo. Decenni di malgoverno, in cui non è stata mai svolta una reale politica economica, hanno prodotto: carenza di infrastrutture, divario tra Nord e Sud, lavoro nero, evasione, corruzione, criminalità e così hanno prima smorzato la crescita. Oggi siamo obbligati a subire una recessione che ci sta portando fuori dall'area dei paesi sviluppati, sembra, senza possibilità di difesa.

Monti lo sa bene che, senza il rilancio delle politiche di sviluppo, tutti i provvedimenti presi fino ad ora non possono salvare l'Italia dal default; lo allontanano semplicemente, ma rendono più drammatico l'accadimento. Lo ha detto più volte, ma le parole di questi ultimi giorni sembrano smentire questo inevitabile processo. Il riequilibrio del bilancio è necessario. Su questo non si può che concordare con la posizione presa, ma, se la leva immediata possibile è stato il ricorso alle tasse, così non si può andare avanti: lo hanno detto tutti! Si deve mettere mano al taglio della spesa improduttiva e alla lotta all'evasione. Entrambi devono permettere contemporaneamente di ridurre le tasse, ridurre il debito e fare investimenti. Ma il vero problema è che ridurre la spesa pubblica sembra impossibile.

Nell'ultimo discorso di Monti di questo non ne parla. Il discorso è rimasto generico; ha invece lanciato un segnale che risulta incomprensibile e per questo preoccupante. Ha detto: “L’Europa ha bisogno di politiche per l’aumento della crescita potenziale, ed evitare politiche che in modo effimero darebbero l’impressione di lavorare per la crescita. …. politiche keynesiane di vecchio stampo che favoriscano l’espansione di deficit di bilancio. La crescita potenziale deve fondarsi sulle riforme strutturali”. Non dice però quali politiche vorrebbe applicare, eppure le politiche economiche keynsiane hanno permesso di superare la crisi del '29 e quella del dopoguerra in modo ottimo.

Possiamo cercare di interpretare quanto detto. Partiamo dalle parole “ vecchio stampo che favoriscano l’espansione di deficit di bilancio”.
Ricordiamo che dagli anni 70 in Italia si sono attuate delle “finte politiche di sviluppo” basate sugli investimenti. Molti sono i soldi spesi inutilmente per impianti poco produttivi, le cosiddette “Cattedrali nel deserto”, perché, oltre ad essere investimenti in cui la spesa era gonfiata dalla corruzione, nessuno si è preoccupato di sviluppare un indotto che avrebbe, secondo le teorie keynsiane, sviluppato ulteriormente l'economia con l'effetto moltiplicatore.
L'esempio più bello l'abbiamo con il petrolchimico di Porto Torres, in cui le materie prime devono essere portate in loco, e questo è per tutti i petrolchimici europei, ma in questo caso i prodotti, ancora materia prima di lavorazioni, devono essere riportati sul continente con un altro viaggio in nave perché non subiscono ulteriori lavorazioni in loco, in modo da arrivare al prodotto finito o a un semilavorato con alto valore aggiunto.

Se è questo che intende Monti con “vecchie politiche” non si può che essere d'accordo.

Invece, preoccupa se il punto fondamentale è la seconda parte, quella relativa al “deficit di bilancio”.
Infatti, Keynes teorizza il deficit di bilancio per gli investimenti, come manovra antidepressiva. La cosa è ben logica, perché in fase depressiva non si possono elevare le tasse per pagare investimenti, pena la diminuzione della domanda al di sotto di limiti che rendano interessante l'attività delle imprese. Quanto abbia ragione il Keynes lo vediamo bene oggi che le tasse sono arrivate ad un livello insopportabile.

Purtroppo la nostra pessima classe politica, che ancora è in parlamento, ha trovato facile comprare i voti clientelari usando il debito pubblico per finanziare le spese correnti e oggi, ha ben ragione Monti di affermare che è inopportuno pensare di contrarre altri debiti per fare investimenti pubblici.

Però senza poter accedere al debito pubblico e senza poter ridurre in modo significativo la spesa corrente, le politiche keynsiane diventano inaccessibili; allora, come la volpe e l'uva, diciamo che sono di “vecchio stampo”?
Va bene, ma è un gravissimo falso se sosteniamo che:“Le riforme come quella del mercato del lavoro o delle liberalizzazioni vanno verso l’obiettivo di aumentare il tasso di crescita potenziale nel medio termine. Queste sono le politiche su cui dovremmo concentrarci a livello europeo e nazionale. Le riforme strutturali agiscono sul lato dell’offerta a livello europeo”.

Le riforme di questo tipo sono assolutamente inutili senza eliminare i colli di bottiglia delle infrastrutture, senza gli investimenti nell'aggiornamento della Pubblica Amministrazione, della Giustizia, senza investimenti nell'apparato delle scuole, sulla sicurezza del territorio. Ricordiamoci che gli imprenditori vanno ad investire nei territori che meglio rispondono alle loro esigenze e non è con riforme marginali che facciamo diventare attraente L'Italia. Non dobbiamo dimenticare che siamo in un mercato globale e la concorrenza non è più locale, ma mondiale.

Quello che Monti non dice è che senza il taglio della spesa pubblica non può esserci ripresa. Questo silenzio è molto grave, anche perché lui ha il potere di fare quello che è necessario. I partiti non possono andare alle elezioni nello stato confusionario in cui stanno e con un consenso che ormai è inferiore al 50% dell'elettorato.

Da Monti ci attendiamo un atto di coraggio: contrastare la fame di soldi e di poltrone dei partiti e dare un taglio sicuro e profondo agli sprechi. Se non lo farà sarà travolto dalle sue riforme, rese inutili e a quel punto portatrici solo di sacrifici.



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