REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
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Anno III n° 7 LUGLIO 2007 - MISCELLANEA Camminando... |
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Il traghetto si sposta tra le due sponde silenziosamente con un movimento regolare e si fa strada tra i cigni e gli altri palmipedi che si affollano in questo braccio di fiume, attendendo il cibo che i viaggiatori gli buttano in abbondanza. Proseguiamo lungo l’alzaia, la via è meglio temuta, più larga con le sponde ben curate. Le rive si fanno ripide e completamente boscose, solo qua e là una piccola radura dove qualche gruppo di persone prende il sole o fa colazione. I colori si incupiscono e le cime verdi degli alberi soleggiati si staccano dal verde della macchia. Qui la tranquillità è rotta solo dai richiami dei germani. Ogni tanto un anatroccolo che riposava al margine del percorso, spaventato si tuffa nell’acqua, creando un po’ di agitazione ed il fiume continua a stupire per la sua pace e l’armonia che vi regna. Percorsi alcuni chilometri si entra nell’area detta “Il Museo di Leonardo”, una parte attrezzata del percorso, con cartelloni di spiegazione delle “cose” che si vedono, cose che sono una sovrapposizione di tecnologie e di natura. Sovrapposizione che mostra come le tecnologie si ambientino e diventino parte integrante dell’ambiente naturale. Il primo manufatto che appare evidente opera dell’uomo (anche l’alzaia lo è, ma non appare così in modo evidente) è uno sbarramento per alimentare una centrale idroelettrica, la “Semenza”. Lo sbarramento lascia aperte due uscite una che rifornisce un canale e l’atra che alimenta la centrale. Lungo il bordo degli sfioratori, delle arcate sorreggono la strada che conduce alla centrale. Appaiono come occhi entro cui si rivede questo paesaggio composti da tutti i verdi immaginabili. La centrale la si vede superato appena superato lo sbarramento ed appare come un prolungamento del fiume, come una fabbrica “fantastica” con l’acqua che scorre lungo i muri in una immersione totale. La strada prosegue costeggiano un isolotto rigoglioso; dopo un poco guardando alle spalle, si vede la centrale che ha cambiato aspetto, ora sembra quasi una villa dell’inizio novecento, sull’acqua del fiume che qui sembra un piccolo lago in cui la “villa” si specchia Ora il fiume fa un ampia curva ed ecco che appare un manufatto filiforme che ci sovrasta e raccorda la pianura spaccata ed erosa del fiume.
È un ponte particolare. È stato realizzato tra Calusco e Paderno all’epoca dell’unità d’Italia. Costruito totalmente in ferro, fu usata la tecnica navale dei chiodi ribattuti e per la sua realizzazione furono usati ben 100.000 chiodi. Il progetto fu dell'ingegnere svizzero Jules Röthlisberger. La modalità con cui venne costruito lo rende molto elastico e i treni quando passano oggi devono viaggiare togliendo la trazione per evitare di avere eccessive oscillazioni e correre il rischio di deragliamento. Chi è sul treno sente queste oscillazioni e scricchioli paurosi delle travi che si muovono e, se non è un pendolare che sa benissimo che si tratta di cose normali, sicuramente si spaventa temendo un crollo. Forse per questo è nata la leggenda che il giorno del collaudo l’ingegnere si spaventò per la forte oscillazione e si butto dal suo ponte, ma è solo una leggenda, perché l’ingegnere visse felice e contento, come il suo ponte che ancora oggi permette il transito di moltissimi treni che trasportano poco meno di 10.000 persone al giorno tra Bergamo e Milano. Passo sotto questa ardita struttura reticolare e il mio sguardo si alza a scrutarla per scoprirne i segreti di quasi un secolo e mezzo di vita; due guerre sono passate su di lui e nella seconda l’aviazione alleata ha tentato invano di abbatterlo, ma lui è ancora lì che sfida il tempo, come quelle persone malaticce che mettono nella fossa tutti. Procedendo, poco più avanti, ci sono le rapide e inizia il canale navigabile costruito da Leonardo da Vinci per superarle. I l punto di inizio del canale è stato completamente rifatto con paratie motorizzate e comandate a distanza, infatti l’acqua del canale navigabile, alla fine dell’800, è stata dirottata per far funzionare alcune centrali elettriche. Il paesaggio è suggestivo quanto mai e prima di aggredire questa parte del percorso non posso non girarmi per ammirare ancora una volta quella struttura sottile e forte che è il ponte di Paderno. Tra questi manufatti recenti c’è la cinquecentesca chiesetta dell’Addolorata, ma a vederla non sembra addolorata di essere tra i giovani d’acciaio. In questo posto il nuovo e l’antico vengono equalizzati e mescolati dalla natura stupenda. La chiesetta sembra essere più addolorata della cattiva manutenzione, dell’umidità e da una cancellata che ci impedisce di avvicinarci. Una visione triste, che mi richiama un vecchio su un letto sgangherato che cerca di attirare l’attenzione di chi gli passa vicino. La strada alzaia qui si discosta dal percorso del fiume e segue ovviamente il tracciato del canale che passa in a un avvallamento parallelo separato da una collinetta dalle rapide del fiume. Si cammina sulla riva alzaia con un calale a fianco ricco di acqua che scorre lentamente in modo possente e comunica un senso di grandezza; mi vengono in mente alcuni pezzi di musica di Haydin. Più avanti troviamo una conca, da qui parte il canale in galleria che porta l’acqua alle centrali elettriche a valle. Il vecchio canale navigabile invece è quasi asciutto. E subito troviamo la prima chiusa. È la più triste che abbia visto, forse perché visivamente si contrappone lo specchio d’acqua della conca. Non mi soffermo e proseguo a camminare sulla alzaia. Il canale ha pochissima acqua e vi è una folta vegetazione che nasconde anche quel poco che scorre sul fondo, ma la vegetazione è lussureggiante. Imbocco un sentierino che si addentra nella collina verso il fiume, eccolo: specchi d’acqua quasi ferma tra massi rocciosi, l’acqua è di un verde smeraldo e la vegetazione attorno composta da faggi, piante cedue e erbe, a volte pieni di fiori, dà un senso di pace; pace che vorremo avere tutti i giorni, questo è riposo. Qui la mente si perde nei sogni, quelli che facevamo da bambini leggendo Tom Sawyer o l’Isola misteriosa. Con negli occhi queste visioni riprendo il cammino sulla alzaia. Il canale e l’alzaia si inforrano tra ripe scoscese, il bosco ombreggia il percorso e ad un certo punto sulla destra appare una scalinata che risale al collina di separazione dall’Adda. È un invito irresistibile. La scalinata sale dritta tra due siepi di bosso poi si separa in due braccia simmetriche e si arriva così al Santuario della Rocchetta. Questo è costruito su uno sperone e attorno alla chiesa vi è un ampio spiazzo tra gli alberi. Un posto ombroso da cui si gode uno paesaggio stupendo. Dicono che sia il paesaggio ripreso come sfondo da Leonardo per “La Gioconda”: è veramente un paesaggio straordinario per le sensazioni che riesce a trasmettere. Ridiscendo le gradinate e mi ritrovo nel fresco verde del bosco ai margini del canale. Poco più avanti l’alzaia supera il canale con un ponticello a valle di una chiusa, questo mi permette di studiare i meccanismi messi in opera in questo manufatto. La conca ha due paratie composte da due ante ognuna, una a monte ed una a valle, una piccola cascata d’acqua scende dai gradini che raccordano i due livelli del canale, ritengo che i gradini servano a rompere il salto d’acqua ed evitare l’erosione, i portelloni superiori servono a rallentare il flusso dell’acqua quando si svuota la conca per far scendere il natante al livello inferiore. La chiusura della paratia superiore, probabilmente, ha il solo scopo di risparmiare acqua e tempo e non è particolarmente sofisticata, quella dei portelloni inferiori è invece “strategica” e deve sopportare la forza di spinta della massa d’acqua che si accumula nella conca. La fattura dei portelloni è quindi solida, con rinforzi in metallo e, malgrado il disuso da più di un secolo, i manufatti sembrano ancora funzionati. Il movimento del portellone è comandato da una biella manovrata da un meccanismo ad ingranaggi e da un volante gestito manualmente. Il volante del meccanismo di comando è stato tolto evidentemente per evitare che qualcuno possa chiudere le ante causando danni. Di questi meccanismi di ferro, possenti e che danno l’idea di una società industriale che sente il significato della ingegneria e della potenza delle macchine, ve ne sono moltissimi lungo il percorso.
Qui scade il tempo che mi ero dato e devo iniziare il ritorno. So che oltre c’è la centrale Esterle dove termina il naviglio di Paderno e poi a Trezzo un’altra interessante centrale, la “Treccani Ponti”. Quest’ultima è costruita in un curioso stile monumentale, identico. perché dello stesso architetto Ernesto Pirovano, al Cimitero Unico di Bergamo. Quando la vidi nella mia escursione precedente rimasi impressionato da questa architettura proprio per questa stretta similitudine. La strada alzaia prosegue sempre tra questi paesaggi che sono un inno alla natura, fino a Cassano, da dove si stacca dall’Adda per procedere con il naviglio della Martesana verso Milano. Sono percorsi che sono noti e frequentati quasi esclusivamente dalla gente del posto, ma hanno punti di interesse storico, naturalistico e di relax molto importanti e potrebbero essere un richiamo turistico di grandissimo valore, se... fossero fatti conoscere.
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