REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO IL 9/6/2005 N 8 |
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Anno IV n° 9 SETTEMBRE 2008 - TERZA PAGINA Una favola per voi |
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Giovannino era partito all’alba, con lo zaino sulle spalle. Pensava di raggiungere a sera un rifugio, ma un fitta nebbia gli aveva fatto perdere l’orientamento. Al mattino quando era partito il cielo era limpido e il sole nascente illuminava le vette. Si era incamminato su un sentiero che non conosceva, ma sapeva che era ben segnato. Voleva vedere nuovi paesaggi e scoprire cose nuove, così, passo dietro passo, era salito in quota. Doveva superare un crestone, poi ridiscendere verso un laghetto alpino, dove pensava di fermarsi per pranzare. Da quel punto, passato un bosco, avrebbe dovuto vedere il rifugio dove pensava di fermarsi qualche giorno per esplorare quei posti a lui sconosciuti. L’ambiente del rifugio è caldo e si fa presto amicizia, non temeva di restare solo. Invece, passato il laghetto ed entrato nel bosco, si trovò in una nebbia fitta. Raro trovarle, ma quando ci entri non vedi più nulla e i rumori vengono amplificati. Era quello che era successo a Giovannino. I rumori lo avevano forse tratto in inganno e gli occhi non servivano più. Le ore passavano e non capiva più dove stesse andando, quando lo colse la sera. Giovannino non aveva paura della natura, ma era stanco e sentiva il bisogno di trovare un posto dove dormire sicuro, quando, superato un passo, la nebbia svanì improvvisamente come avviene in montagna. Nel cielo, attraverso i rami degli alberi si intravedeva la luna piena. Era ora di trovare un posto dove dormire, nel bosco è meglio non addormentarsi: ci si sveglia poi col mal di testa. Ecco che apparve una grande prato, chissà se c’era un fienile o una stalla. Giovannino cercò inutilmente, il prato era ampio, ma non c’era nessuna costruzione. La stanchezza vinse sul desiderio di trovare un posto per dormire. Giovannino si fermò, appoggiò lo zaino per terra, ne estrasse un maglione e una la giacca a vento, si sdraiò e, coprendosi con quegli indumenti, cadde in un sonno profondo. La lattescente luce del mattino illumina il prato. Giovannino la percepisce, ma quello che lo sveglia è una specie di sinfonia: vibrazioni mai sentite, provenienti da strumenti sconosciuti. Quando Giovannino si sveglia normalmente è nero, intrattabile e apre con difficoltà gli occhi stropicciandoseli. Questa volta, malgrado abbia dormito sul prato, è invece sereno e allegro. Che sia merito della strana musica? Improvvisamente percepisce delle parole, ma non dette da una voce umana:
Giovannino si alza di scatto. Chi ha parlato? Si guarda intorno, non vede nessuno, ma non ha paura: la sensazione che lo pervade è di sicurezza, dolce e tranquilla. Mai provata una dolcezza così. Vede il cespuglio che è carico di frutti maturi, ne prende qualcuno e li prova, sono ottimi, dolci e saporiti. Sono quello che ci vuole dopo la faticata del giorno prima. Ecco che nell’armonia della musica arriva di nuovo la voce:
Giovannino è un poco stupito e molto curioso di sapere. Una cosa però nota: lì sente la felicità scorrere a fiotti, cosa che non aveva mai provato in vita sua. È un sentimento limpido, una vibrazione dolce invasiva a cui non può sottrarsi; la dolcezza gli dà serenità e sicurezza. Forse per quello ha scelto quel posto per riposare. Il prato attorno alla pietra è forse più verde? Le more che ha prima assaporato sono forse più dolci? I fiori che si vedono abbondanti, sono forse più belli? Queste domande trovano sempre un sì per riposta. Non solo l’aria è più profumata, gli uccelli cinguettano e si ricorrono con gioia. Ogni cosa da sola non è straordinaria, ma è il tutto straordinario.
Giovannino ripone le sue cose nello zaino, se lo sistema sulle spalle e inizia la discesa seguendo un sentiero tracciato nel prato. Il sole lo riscalda e la suo cuore batte secondo una armonia nuova, ma il suo pensiero torna a Lita: cosa è? Perché è sola? Mentre pensa così, scende a salti lungo il sentiero, che, lasciato il prato dove stava la pietra, si snoda ripido su un costone verso il fondo valle. Superato un piccolo dosso, appare un gruppo di case grigie come è la loro pietra. I tetti sono di pietra, i muri di pietra, la mulattiera passa tra le case ed è grigia anche quella. Orti recintati da steccati spessi, porte sprangate, finestre con inferiate robuste e fitte che coprono gli spazi bui delle case. Solo qualche fiore spunta selvatico, da qualche angolo dimenticato. Giovannino ha una brutta sensazione, ma non si ferma. C’è qualcosa di anomalo in quello che vede. Giovannino entra nell’abitato, con circospezione,guardandosi intorno. I suoi scarponi fanno scricchiolare i sassi della strada e nel silenzio il rumore rimbalza tra i muri delle case. Un grido lo fa sobbalzare.
Giovannino sussulta. Chi lo chiama. Cosa ha fatto mai? Si volta e alza gli occhi e vede un viso femminile, incorniciato di riccioli d’oro: è una giovane affacciata alla finestra della casa che ha appena superato. Giovannino si chiede cosa succeda perché negli occhi della giovane legge sentimenti contrastanti: timidezza, curiosità, ma non paura. Un sentimento che invece si legge sui muri e sulle porte delle case.
Giovannino resta in mezzo alla strada con il sole ormai alto che lo illumina come se fosse un eroe rientrato dalla lunga permanenza in Terra Santa. Sente un catenaccio scivolare nella sua sede e un usciolo si apre. Dalla fessura vede gli occhi luminosi della ragazza di poco fa e si avvicina.
La porta di apre furtivamente Giovannino entra, l’uscio si richiude e si sente nuovamente il rumore del il catenaccio che ferma la porta. Giovannino è stupito, non riesce a vedere nulla quando sente una mano che prende dolcemente la sua: è una mano dolce, ma sicura, che lo guida verso un’altra stanza.
È la voce della ragazza che mentre parla ha stretto ancora un poco di più la mano, come a dare conferma di quello che sta dicendo. Ora, guidato dalla ragazza Giovannino si trova in una grande cucina, il buio è rotto da raggi di sole che passano dalle fessure degli scuri. La ragazza lo guida verso un grande tavolo al centro della stanza.
E così dicendo, sposta una sedia affinché Giovannino si sieda comodo, prende un cesto di vimini con mele, pesche e albicocche e lo mette davanti a lui, va verso il fondo della cucina dove da una pentola, con un mestolo di rame, prende dell’acqua e la versa in un bicchiere di vetro. Giovannino non sa cosa pensare, non gli è mai capitato nulla di simile, ma non sente tensioni nell’aria, solo dolcezza ed eccitazione, come quando si sta per avverare una cosa attesa da tempo.
Mentre mi avvicino a volte la sento cantare, a volte è come si mi chiamasse. Ma non ho mai il coraggio di avvicinarmi. Ieri però mi sono avvicinata un poco di più e, non so come, mi sono trovata tra le mani un ranuncolo giallo ed una margheritina. Come ho visto i fiori ho sentito dentro di me una grande tranquillità; da quel momento sono sempre stata serena, non come la solito che sono preoccupata di tutto: le capre da chiudere alla sera nella stalla, il pollaio da chiudere perché la volpe non entri e tutte quelle incombenze che ho sempre paura di non riuscire a fare in tempo. Sono tornata a casa e la serenità non mi ha lasciato più, anche se sentivo che qualcosa di nuovo, qualcosa di strano sarebbe successo. Questa mattina, quanto ho sentito i tuoi passi sul selciato della strada ho capito che dovevo fermarti, che tu mi avresti dato aiuto, per cosa non lo sapevo, ma ora invece so cosa c’è da fare... aspetta un attimo che chiamo mia madre e per favore racconta anche a lei quello che hai raccontato a me.... Gli anni sono passati, Giovannino nel suo paese e Rosalba nel suo si sono adoperati per trasmettere a tutti il messaggio delle pietra maestra. Ora, nella mezza luce della stanza, Giovannino appare come un vecchio rattrappito, ma la sua mente è ancora lucida. Adesso sta ricordando quelle giornate che gli cambiano la vita. Prima Lita, la pietra, gli insegnò che la felicità viene dall’amore, poi Rosalba, come agire. La forza di quella ragazza che convinse tutto il villaggio ad amare ed essere fiduciosi. In un giorno le case del villaggio, da grigie, chiuse, buie e silenziose cambiarono: si aprirono al sole, al gioco, e la felicità si diffuse. Sì perché gioia e felicità sono contagiose. Quel giorno capì anche che donare, invece di impoverirti, ti arricchisce e che non devi avere paura di quello che vedi diverso: spesso ha più da darti. Ora è ricco di tante esperienze, emozioni, ricordi, sensazioni: una ricchezza che nessuno può rubare. Giovannino è soddisfatto della sua vita, ma adesso si sente di peso alla gente che lo circonda, non è più in grado di aiutare nessuno. Ad un certo punto sente una voce che lo chiama; sembra lontana, non si capisce da dove venga... ecco che la riconosce: è la pietra che lo chiama.
Giovannino di alza e le sue gambe non tremano più, sono tornate sicure come una volta. A passi lunghi inizia il cammino che sale sulla montagna; salite e discese nel bosco, quella strada non l’aveva percorsa più da quel giorno, ma ora la conosce a memoria e finalmente al sorgere del sole vede nuovamente la pietra ficcata nel prato che lo incoraggia:
Il sole, che stava spuntando, vide un nuovo cespuglio fiorito di fiori rossi a fianco della pietra.
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